Villa san Giovanni in Tuscia STORIA
Micaela Merlino

Barbarano Romano-Necropoli di Valle Cappellana: La Tomba 2 e quel leone “guardiano” ormai in riposo da secoli.

Scolpito in un blocco di peperino da qualche artigiano etrusco nella prima metà del VI secolo a.C., fu posto simbolicamente a guardia di una tomba in origine sormontata da un grandioso tumulo. E’ il leone funerario rinvenuto nella Tomba 2 della necropoli di Valle Cappellana, attualmente compresa nel territorio del Comune di Barbarano Romano e posta lungo la strada provinciale Blerana, che presenta tombe a camera e a tumulo scavate nel banco tufaceo.

Immaginariamente aggressivo contro ogni intruso che tentasse di disturbare il sonno dei defunti o, peggio, che cercasse di profanare il sepolcro per impossessarsi del ricco corredo ivi deposto, oggi a distanza di tanti secoli quel felino ha smesso la sua funzione di guardiano, e tolto dal suo contesto originario riposa, tranquillo e innocuo, nel Museo Civico Archeologico di Barbarano Romano.

L’architettura della Tomba 2 riprende quella del tipo sepolcrale ceretano D2: un piccolo dromos permette l’accesso nella prima camera sepolcrale, coperta da un tetto a doppio spiovente. Lungo ognuna delle due pareti laterali vi sono i letti funerari scolpiti nel tufo, mentre dietro quello sinistro si trova un piccolo trono in tufo di forma circolare, con in basso un poggiapiedi. La camera posteriore è di dimensioni più piccole, e una banchina scavata nel tufo corre lungo le pareti.

La presenza del felino non era però una particolarità solo di questa tomba, poiché un altro leone funerario, del quale fu rinvenuta soltanto la testa, si trovava all’esterno della Tomba Cima (fine del VII secolo), il tumulo più grande e rappresentativo della vicina necropoli di San Giuliano, in località Chiusa Cima a Barbarano Romano, anch’esso conservato nel Museo locale. Ma a differenza della Tomba 2 di Valle Cappellana, l’architettura di tale sepolcro trova puntuali riscontri nel tipo sepolcrale ceretano B2.

Presenta infatti un monumentale dromos lungo circa m. 25, realizzato superiormente in muratura, ha due celle funerarie a destra e un altro ambiente funerario-sacrale a sinistra, mentre in fondo si apre un vestibolo coassiale ad una camera sepolcrale. Altre sculture raffiguranti leoni provenienti dalla Tuscia viterbese sono conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze, a testimonianza di quanto tale pratica funeraria fosse diffusa in Etruria soprattutto in età Orientalizzante e Arcaica.

Uno in nenfro proviene dal territorio di Tuscania, ed è datato al VI secolo a.C. Raffigura un animale fantastico, un leone alato, ma la sua posa è diversa rispetto al felino da Valle Cappellana poiché è accovacciato sulle zampe posteriori, ed ha le fauci spalancate.

Non è escluso che alcuni elementi di tali sculture derivassero da personaggi ed episodi di miti etruschi, taluni anche contestualizzati negli Inferi, dei quali purtroppo nulla conosciamo a causa della perdita del patrimonio letterario etrusco. L’uso dei leoni funerari continuò anche nel IV secolo a.C., come dimostra la scultura proveniente dalla necropoli di Valvidone a Bolsena, anch’essa conservata a Firenze.

La preferenza per il leone, la cui funzione apotropaica era quella di allontanare i malintenzionati, come dimostrano anche sculture funerarie rinvenute in Grecia, si spiega con la grande considerazione di cui godeva presso gli Antichi: si ammiravano la sua forza, la sua fierezza, il suo coraggio.

Ovviamente era un animale sconosciuto in Etruria perché non presente nell’habitat naturale, ma grazie alla circolazione di oggetti, vasi, gioielli, tessuti importati soprattutto dall’età Orientalizzante (VII sec. a.C.), gli stilemi decorativi faunistici Vicino-Orientali si diffusero anche in questa terra, permettendo agli Etruschi di venire a conoscenza di animali “esotici”, presto imitati anche nella produzione ceramica locale.

Non solo, ma considerando la grande fama di “pirati” e mercanti che essi ebbero già dalle età più antiche della loro civiltà, è sicuro che navigarono in lungo e in largo nel Mediterraneo, venendo direttamente a contatto con il Vicino Oriente, dunque anche con i suoi ambienti naturali. Per fortuna il leone da Valle Cappellana è stato recuperato e messo in salvo in una struttura, che ne garantisce la conservazione e la fruizione da parte del pubblico.

La Tomba 2 è stata a suo tempo recuperata, il sito recintato, cartelli turistici ne segnalano la presenza sintetizzando le notizie storico-archeologiche ad essa pertinenti, corredate da documentazione grafica. Ma, per ragioni di sicurezza, un altro cartello mette in guardia dall’avventurarsi nel sepolcro e nelle sue immediate vicinanze.

Oggi, però, la vegetazione ha in parte ripreso il sopravvento, tanto che l’ingresso del dromos è completamente occultato da un groviglio di arbusti e di rovi, per cui anche i più “temerari” desisterebbero dall’intento di introdursi nel sepolcro. Più che gli immaginari artigli dell’aggressivo felino, ormai giacente in un innocuo riposo, per tener lontano chiunque volesse visitare l’antica tomba si rivelano più efficaci e più temibili le spine di rigogliose piante spontanee nostrane.

Micaela Merlino

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