Viterbo STORIA Pochi lo conoscono, niente affatto i nostri amministratori, ovvio che non era un brigante, ma un personaggio che Viterbo dovrebbe onorare, invece nemmeno una viuzza dedicata a lui, leggi chi era
Mauro Galeotti

 

La Fortezza da Basso a Firenze aveva a che fare con Pier Francesco?

Nel 1925 il Consiglio comunale di Viterbo decise che la strada che univa via delle Belle con Via san Leonardo, fosse intitolata a Pier Francesco Florenzuoli, noto architetto militare viterbese (1470 c. - 1534), ma fu in seguito intitolata a Tommaso Carletti.

All’ingresso del palazzo Pagliacci-Sacchi già Renzoli, in Via Mazzini, 129, a sinistra, è un geroglifico su un architrave in peperino, che fu ritrovato nel 1947, dopo il bombardamento aereo che colpì l’edificio il 26 Maggio 1944. Secondo il Vasari questo ispirò il Bramante, per le scritte in geroglifici antichi per il Belvedere del Vaticano.

Gaetano Milanesi così commenta:

«Il [Carlo] Promis non si sa per quale testimonianza, afferma che questo maestro Francesco architettore, che inventò quella scioccheria, fosse Pier Francesco da Viterbo famoso architettore militare il quale è ignoto quando nacque e quando morì, ma le cui memorie vanno dal 1521 al 1531».

Al contrario di quanto affermato l’architetto in questione era molto noto e il cognome era Florenzuoli, nacque intorno al 1470 e morì a Firenze nel 1534 (per altri il 3 agosto 1535). Lo conferma anche Alberto Guglielmotti (1880) il quale afferma che la famiglia Florenzuoli è poi detta Renzuoli e scrive: «lo chiamavano architetto militare valentissimo, accetto alle corti di Urbino e di Toscana, celebre per le fortificazioni di Piacenza [1525], di Parma, e di Città di Castello; e più pel disegno della fortezza di san Giovanni al piano di Firenze, sopra pentagono bastionato».

La fortezza di san Giovanni Battista, protettore di Firenze, è meglio conosciuta come Fortezza da Basso.

Riferisce anche la lapide tombale: «Petrus Franc. Floresolius Viterbien. primipilus arcis hujus aggeres fossas moenia propugnacula designabat ejusdem urbis benignitate postmodum in civem... et civitate donatus Octavius Farnesius dux Pl. et Parm. MDLV».

L’ingegnoso architetto aveva fatto scolpire, sull’architrave in questione, da sinistra verso destra: il monogramma IHS nel sole di san Bernardino, a ricordo dei Francescani; un arco a bugne piatte con nella chiave uno stemma papale; un tetto a capanna sorretto da travi e, infine, una torre seguita da una scritta, "faciebat", in lapidario romano, con caratteri irregolari. In fondo è una presumibile testa di leone.


Foto Maurizio Pinna

Lo stemma papale anzidetto, sormontato dalle chiavi decussate, sembrerebbe composto da tre gigli o da estremità di piume aventi tre punte ciascuna poste su due file una in alto e due in basso. E’ comunque di difficile riferimento. Lo svolgimento del geroglifico è:

Francesco arco tetto torre [architettore] fece.

Mauro Galeotti

Dal libro di Mauro Galeotti: L’illustrissima Città di Viterbo, Viterbo, 2002

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Ti allego ora questo studio interessantissimo tratto da
http://www.treccani.it/enciclopedia/pier-francesco-florenzuoli_%28Dizionario-Biografico%29/

 

FLORENZUOLI, Pier Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)

http://www.treccani.it/enciclopedia/pier-francesco-florenzuoli_%28Dizionario-Biografico%29/http://www.treccani.it/enciclopedia/pier-francesco-florenzuoli_%28Dizionario-Biografico%29/
http://www.treccani.it/enciclopedia/pier-francesco-florenzuoli_%28Dizionario-Biografico%29/?stampa=1

di Daniela Lamberini

FLORENZUOLI (Florenzoli, Florenzolli, Firenzuoli, Renzuoli), Pier Francesco (Pierfrancesco da Viterbo). - Figlio di Michele, nacque a Viterbo intorno al 1470 da nobile famiglia originaria della vicina Sutri e iscritta al patriziato viterbese.

Definito dal Vasari "ingegnere valentissimo", seguì per la sua formazione un percorso tipico e congeniale agli architetti militari del tempo: acquisita in patria una prima istruzione letteraria, si arruolò giovanissimo nell'esercito di Francesco I e lo servì nelle prime campagne Italia, raggiungendo il grado di colonnello (Milanesi, in Vasari, 1568, V, p. 458).

Nel 1523 lo troviamo in carica come Capitano generale a Civita Castellana, dove possedeva dei terreni e dove eseguì fortificazioni della rocca (ibid.), documentate da un disegno di Antonio di Sangallo il Giovane, databile 1535-1543 (E. Bentivoglio, in The architectural drawings …, 1994, p. 178). Nel maggio del 1524 il F. partecipò, con il grado di colonnello, alla presa di Grillasco, sotto Franceco Maria I Della Rovere, duca d'Urbino che dal 1523 era stato nominato governatore generale delle milizie veneziane (Concina, 1983, p. 15).

La militanza presso il duca d'Urbino e la fama ormai raggiunta come ingegnere militare procurarono al F. la chiamata presso Clemente VII. Il papa Medici nel 1525 gli affidò la soprintendenza di tutte le fortezze dello Stato della Chiesa, con la cospicua provvisione di 300 scudi annui.

Il F. partì per un giro d'ispezione alle fortezze delle Marche. Nello stesso anno fu richiesto dal duca Alfonso I d'Este, ma declinò l'incarico, passando comunque un paio di mesi a visitare le nuove fortificazioni di Ferrara. Finalmente nella primavera lo troviamo sull'importante cantiere delle fortificazioni di terra di Piacenza, a cui per volere del papa fu dato inizio nel maggio 1525, secondo il disegno del F. (Adorni, 1989, p. 135). I lavori continuarono alacremente per tutto l'anno seguente e nel 1528 si iniziò l'incamiciatura del muro.

Ma già nel 1526, per le fortificazioni di Piacenza e per le altre dello Stato pontificio, il papa aveva affiancato al F. Antonio da Sangallo il Giovane e M. Sanmicheli (Milanesi, in Vasari, 1568, V, p. 459 n. 2).

Sempre nel 1525, in compagnia dei due celebri architetti, di G. Leno e di Antonio dell'Abaco, il F. si recò a Parma, città appena conquistata da Clemente VII, e qui "tutti insieme", secondo il Vasari (ibid., V, p. 459), "condussero a perfezione il disegno di quelle fortificazioni".

Negli stessi anni anche Venezia rinnovava le sue difese, dietro le sapienti direttive del duca d'Urbino, che nella primavera-estate del 1525 dirigeva a Verona la costruzione del puntone antistante il castello San Felice (Concina, 1983, pp. 18 s.).

Richiesto fin dall'autunno per essere posto agli ordini di Francesco Maria come ingegnere della Repubblica, il F., ancora impegnato nelle fortificazioni pontificie di Parma e Piacenza, poté raggiungere il duca di Verona solo alla fine dell'anno (Sannuto, XXXIX, coll. 513).

Il F. fu impegnato ai lavori della rocca e alle fortificazioni di terra di Verona, in particolare nel 1526, al bastione della Maddalena, che è indubbiamente di sua concezione (Concina, 1978, pp. 297 s., Id., 1983, pp. 18 s.); alla fortificazione si riferiscono i disegni, di Antonia da Sangallo (Firenze, Uffizi), che recano le annotazioni "Baluardo di Verona murato" e "Baluardo che fa fare Pierfrancesco" (Milanesi, in Vasari, 1568, V, p. 518; The architectural drawings …, 1994, pp. 144 s.).

Nei primi mesi del 1526 troviamo il F. impegnato a Crema, ad Orzinovi e a Padova, dove introdusse nel circuito urbano nuovi bastioni pentagonali (G. Bresciani Alvarez, Gli interventi cinquecenteschi nella cinta muraria di Padova, in L'architettura militare veneta del Cinquecento, Milano 1988, p. 103).

Nel giugno 1526 troviamo il F. con Francesco Maria e Camillo Orsini a Lodi, appena conquistata dai Veneziani, "per provvedere alla fortificatione" (Sanuto, XLI, col. 701).

Caro al duca d'Urbino, che lo cita espressamente nei suoi Discorsi militari (Ferrara 1583) come uno dei pochissimi che sapesse adattare le fortificazioni ai siti (cfr. Concina, 1983, p. 90), il F. assolse contemporaneamente ai suoi doveri di soldato. Nel luglio 1527, col grado di colonnello, guidò 500 fanti allo sfortunato attacco dei Veneziani a Milano e in seguito portò a termine brillantemente l'incarico che il Della Rovere gli aveva affidato di difendere il Montefeltro dai mercenari reduci dal sacco di Roma (Celli, 1895, p. 50).

Nel 1527 il F. fu coinvolto con S. de Fantis nei lavori alle fortificazioni di Legnago. A partire dal 1528 fu chiamato dal Della Rovere alla direzione del cantiere militare più importante della sua carriera, quello delle mura di Pesaro.

Il contratto del 1528 imponeva di eseguire "la fabrica della muraglia de tera secondo el disegno et ordine de Mess. P. Francesco da Viterbo" (Scalesse, in Leonardi, sec. XVI, pp. 19, 21). Gli imponenti lavori alle mura di Pesaro, la cui sicurezza era imperniata sulla preesistente rocca Costanza, consistevano nell'edificazione di una serie di grandi bastioni pentagonali di terra, incamiciati poi di muro, rinforzati da cavalieri posti alla mezzeria delle cortine, secondo le direttive ormai collaudatissime di Francesco Maria Della Rovere, norme praticate con successo dal F. e dagli altri illustri membri della scuola urbinate riuniti intorno al duca.

I lavori di Pesaro, che si protrassero per vari anni, non tennero lontano il F. da altri importanti cantieri. Tra il 1532 e il 1536 fu impegnato con Antonio da Sangallo nella fortificazione di Ascoli Piceno. Sempre col Sangallo, e con A. Vitelli, nel marzo del 1534 fu chiamato a Firenze (Gaye, 1840, H, p. 252) per progettare la Fortezza da basso, un vasto pentagono bastionato posto a cavallo delle mura urbane, voluta da papa Clemente VII e dal nipote, il duca Alessandro de' Medici.

Dopo la posa della prima pietra, il 15 luglio 1535, la conduzione del lavoro venne affidata alla direzione di Antonio da Sangallo, considerato il vero ideatore della fortezza, e ciò avvenne verosimilmente perché il F. era impegnato altrove.

Nel 1535, infatti, il F. si trovava a Senigallia, dove il suo progetto, caratterizzato da due acuti baluardi imperniati sulla rocca, ebbe la peggio rispetto a quello di Michele Sanmicheli (Puppi, 1986, p. 64).

Negli ultimissimi anni della sua vita il F. fu impegnato esclusivamente al servizio dei papi, Clemente VII prima e, dal 1534, Paolo III Farnese, che gli mise al fianco il più giovane Sangallo, larvatamente insofferente per tale sudditanza generazionale.

Esempio lampante di ciò sono i disegni lasciati dal F.: la fortezza Paolina a Perugia, progetto dal quale Paolo III incitò il Sangallo, che la portò a compimento, a non staccarsi (Celli, 1895, p. 51) - anche se non possiamo sapere quale influsso effettivo ebbero sul lavoro di Antonio le idee del F. (The architectural drawings…, 1994, p. 103); o, ancor più, i disegni dei baluardi di Ancona - alla costruzione dei quali attese nei mesi di aprile e maggio 1535 - che furono lodati dal senese Giovan Battista Pelori, ma biasimati senz'appello da Antonio da Sangallo, come risulta da una lettera del 12 ottobre 1537 (Adorni, 1986, pp. 368 s., n. 19), di poco successiva alla scomparsa del suo diretto antagonista.

Non conosciamo l'esatta data di morte del F. ma la possiamo collocare nell'estate del 1537: da una lettera del 26 giugno di P.L. Farnese risulta che il F., presente sul cantiere della fortezza di Piacenza, era stato inviato a Roccabianca, nella Bassa parmense (Adorni, 1986, p. 369, n. 25); il 6 sett. 1537 il nipote ex fratre acquistò beni in qualità di tutore testamentario dei figli naturali, Ascanio e Placido, legittimati ed eredi universali del F. (Celli, 1895, p. 51).

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Fonti e Bibl.:

M. Sanuto, Diarii, XXXIX, Venezia 1894, coll. 200, 513; XLI, ibid. 1894, coll. 80, 268, 701; XLII, ibid. 1895, coll. 48, 80 s., 268, 701;

G. Vasari, Le vite…, (1568), a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, pp. 458 s., 518; VI, ibid. 1880, p. 319;

G.G. Leonardi, Libro delle fortificationi de' nostri tempi [sec. XVI], a cura di T. Scalesse, in Quaderni dell'Istituto di storia dell'architettura, XX-XXI (1975), pp. 19, 21, 40 n. 171, 41 nn. 195 s., 116;

F. De Marchi, Dell'architettura militare..., Brescia 599, I, c. 11v; G. Gaye, Carteggio inedito d'artisti, II, Firenze 1840, pp. 177, 252;

L. Scarbelli, Guida di Piacenza, Piacenza 1841, p. 197;

A.F. Villa, Cronaca, in Monumenta Historica ad provincias Parmensem et Placentinam pertinentia, Parma 1862, p. 216;

C. Ravioli, Notizie sui lavori di architettura militare... dei nove da Sangallo, Roma 1863, pp. 19-21;

C. Promis, Biografie di ingegneri militari italiani dal sec. XIV alla metà del sec. XVIII, in Miscellanea di storia italiana, XIV (1874), pp. 326-330;

L. Celli, Le fortificazioni militari di Urbino, Pesaro e Senigallia del secolo XVI, costruite dai Rovereschi, in Nuova Rivista misena, VIII (1895), pp. 47-53;

E. Rocchi, Le fonti storiche dell'architettura militare, Roma 1908, pp. 267, 269, 271, 352;

L. Serra, Architettura militare del Rinascimento nelle Marche, in Rassegna marchigiana, XI (1933), pp. 452, 455 n. 19;

E. Concina, Verona veneziana e rinascimentale, in Ritratto di Verona. Lineamenti di una storia urbanistica, a cura di L. Puppi, Verona 1978, pp. 297 s.;

M. Gianneschi - C. Sodini, Urbanistica e politica durante il principato di Alessandro de' Medici, 1532-37, in Storia della città, IV (1979), 10, pp. 17 s., 33;

B. Adomi, L'architettura farnesiana a Piacenza, 1545-1600, Parma 1982, p. 156;

J.R. Hale, The End of Florentine Liberty: the fortezza da basso, in Renaissance war studies, London 1983, p. 45;

E. Concina, La macchina tenitoriale. La progettazione della difesa nel Cinquecento veneto, Roma-Bari 1983, pp. 18, 21, 48, 68, 90, 196 n. 26, 218 n. 22;

B. Adorni, Progetti e interventi di Pier Francesco da Viterbo, Antonio da Sangallo il Giovane e Baldassarre Peruzzi per le fortificazioni di Piacenza e Parma, in Antonio da Sangallo il Giovane, la vita e l'opera. Atti del XXII Congresso di storia dell'architettura (Roma 19-21 febbr. 1986), a cura di G. Spagnesi, Roma 1986, pp. 351, 354 s., 368 s. nn. 19, 25;

L. Puppi, Un viaggio per il Veneto di Antonio da Sangallo, ibid., pp. 101-107;

Id., Michele Sanmicheli architetto. Opera completa, Roma 1986, p. 64;

G. Mazzi, Il Cinquecento: i cantieri della difesa, in L'architettura a Verona nell'età della Serenissima (sec. XV-sec. XVIII), a cura di P. Brugnoli - A. Sandrini, Verona 1988, I, pp. 93, 99, 102, 136 n. 20, 138 nn. 34, 42, 140 n. 68;

B. Adorni, Le fortificazioni di Parma e Piacenza nel Cinquecento. Architettura militare, espropri e disagi, in La città e le mura, a cura di C. De Seta - J. Le Goff, Bari-Roma 1989, pp. 131, 135 s., 162 n. 18, 163 n. 37;

N. Sodini, Strategie del dominio: la cittadella nuova di Piacenza (1545-1556), in Boll. stor. piacentino, LXXXVI (1991), I, pp. 20 n. 36, 56 n. 178;

The architectural drawings of Antonio da Sangallo the Jounger and his circle, I, Fortifications, machines andjestival architecture, a cura di L. Frommel - N. Adams, New York 1994, pp. 103, 113, 135, 141, 144 s.