Villa san Giovanni in Tuscia STORIA Particolare plauso merita il mecenatismo locale, nato da una importante presa di coscienza circa la necessità di interventi reali e concreti a favore di beni culturali poco conosciuti
Micaela Merlino, archeologa

 

Nel centro storico di Villa San Giovanni in Tuscia, piccolo borgo a pochi chilometri da Vetralla, sorge la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, la cui costruzione fu voluta, patrocinata e in parte finanziata dall’Arciprete Don Camillo Fabri, che ne affidò il progetto all’architetto-capomastro viterbese Giuseppe Prada.

Il 29 maggio 1726 fu solennemente consacrata dal Vescovo di Viterbo Adriano Sermattei.

All’interno si trovano cinque pale d’altare: quella dell’altare maggiore, raffigurante la Natività di San Giovanni Battista, Patrono del paese, e quelle degli altari laterali, rispettivamente le Anime del Purgatorio, Sant’Albano e S. Benedetta, Compatroni, il Transito di S. Giuseppe, Sant’ Egidio e Sant’ Antonio Abate.

A causa del trascorrere del tempo le tele versavano in condizioni piuttosto critiche, soprattutto perché sulle loro superfici si erano accumulati strati di polvere che ne avevano compromesso persino la leggibilità.

Recentemente, grazie all’interessamento del Parroco Don Giovanni Berni e al generoso contributo di un cittadino, che ha voluto mantenere l’anonimato, le prime quattro pale sono state integralmente restaurate da due bravi professionisti, che lo scorso anno hanno condotto anche i restauri della seicentesca chiesa di Sancta Maria ad Nives. Le pale, centinate, sono state ripulite dagli strati di polvere, si è poi provveduto a risanare alcune lesioni e a reintegrare le cadute di colore, quindi sono state rifoderate.

Alcune operazioni di pulizia hanno riguardato anche le cornici lignee degli altari, all’interno delle quali sono ospitate le pale, con la rimozione degli strati di porporina che ne ricoprivano le superfici. Inoltre si è intervenuto anche sugli stucchi settecenteschi, ripuliti e lasciati bianchi per far risaltare meglio i dipinti. Particolare menzione merita la pala dell’altare maggiore raffigurante la Natività di S. Giovanni Battista, dipinta dal pittore locale Francesco Guerrini, che aveva un atelier a Viterbo.

Come si evince da un documento conservato nell’Archivio Storico Comunale di Villa San Giovanni in Tuscia, la realizzazione della tela gli fu commissionata nel 1753 dai Priori della Villa di San Giovani di Bieda (antica denominazione del paese) per un costo di 60 scudi, su sollecitazione del Vescovo di Viterbo Giacomo Oddi. Il Guerrini godeva certamente della stima dell’Oddi, e doveva aver raggiunto una certa notorietà come pittore proprio grazie al suo atelier a Viterbo.

A livello locale, invece, fece parte del Consiglio dei Priori della Villa di San Giovanni. Tuttavia fece lungamente attendere i suoi committenti, perché impiegò tre anni per ultimare la pala, sulla quale appose la sua firma e la data 1756. Per alcuni dettagli relativi al disegno delle figure e allo stile, e per il medesimo uso dei colori, forse la pala raffigurante Sant’Albano e Santa Benedetta fu realizzata dal Guerrini negli stessi anni, anche se è priva di firma.

Tra l’altro, nella tela compare lo stemma del Vescovo Giacomo Oddi, ad indicarne il più che probabile committente. L’iconografia è piuttosto singolare, poiché fa un riferimento allegorico ad un fatto accaduto nel 1755: la caduta di un fulmine che, dopo aver squarciato il tetto, si abbatté proprio sull’altare dei due Santi causando, tra l’altro, la rovina dell’urna contenente le loro Reliquie, delle quali si riuscì a recuperare soltanto alcuni frammenti ossei.

Nella pala, invece, un fulmine è colto nell’atto di abbattere un idolo pagano posto dietro i due Santi Martiri, i quali significano la vittoria della fede cristiana sulle antiche divinità, grazie all’imitazione di Cristo fino al sacrificio della vita. L’Altare del Suffragio fu descritto per la prima volta nella Vista Pastorale del 10 maggio 1786 fatta dal Vescovo di Viterbo Adriano Sermattei, ma la pala delle Anime del Purgatorio è di autore ignoto, né se ne conosce la data di esecuzione. Tuttavia essa doveva ornare l’altare già dal 1829, come si evince dalle notizie riportate dal parroco Don Aminto Todini nella Relazione sullo stato della chiesa parrocchiale, scritta nel 1867.

L’iconografia rappresenta alcune anime tra le fiamme del Purgatorio, mentre un Angelo libera quella di una donna, trascinandola in Paradiso, dove l’attendono la Madonna con Gesù Bambino. L’Altare di S. Giuseppe è nominato per la prima volta nella Visita Pastorale del 1732, ma la pala con il Transito di S. Giuseppe è di autore ignoto, anche se è stata attribuita alla scuola di Tiziano ed è sempre stata considerata come uno dei migliori quadri della chiesa. Gesù è raffigurato a lato del suo padre putativo, mentre in alto è raffigurato Dio Padre.

Dopo il restauro, lo scorso novembre le quattro pale sono tornate nella chiesa di San Giovanni Battista, dove possono essere ammirate nel loro nuovo splendore. Particolare plauso merita il mecenatismo locale, nato da una importante presa di coscienza circa la necessità di interventi reali e concreti a favore di beni culturali poco conosciuti, ed anche per questo dimenticati. La speranza è che nel tempo, non solo grazie alla sensibilità di qualche cittadino locale, tale patrimonio continui ad essere rispettato e quindi salvaguardato.

Micaela Merlino, archeologa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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