Viterbo STORIA Quel che la letteratura deve al popolo etrusco e quel che molti letterati sul popolo etrusco non sanno 
Alessandro Gatti
Dalla Preistoria ai Rinaldoniani dell’Età del rame. Dalle prime coltivazioni alle prime lavorazioni di metalli (I parte)

 

“Cantami o Diva, del Pelide Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
generose travolse alme d’eroi,
e di cani e d’augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l’alto disegno s’adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
Il re de’ prodi Atride e il divo Achille”.

 

Così Omero iniziò la sua Iliade attorno al VI secolo avanti Cristo; essa rappresenterà nei millenni a venire il punto di riferimento per il concetto stesso di grande civiltà antica. Da quell’opera venne plasmato il senso più profondo dell’arte e della cultura.

Come egregiamente ha fatto notare il Dottor Tamburini, alla conferenza del 29 aprile organizzata da “Agens Cultura”, un popolo entra nella storia quando elabora la scrittura. Prima si sta dinnanzi ad eccezionali testimonianze archeologiche, ma la storia necessita della scrittura per potersi definire tale.

Un poema come quello omerico non avrebbe avuto possibilità d’esser regalato all’umanità se non vi fossero state quelle eccezionali civiltà che hanno permesso a questo straordinario strumento comunicativo di svilupparsi ed evolversi. Nelle nostre zone i primi a elaborare forme di scrittura furono i Villanoviani e successivamente gli Etruschi attorno all’VIII secolo avanti Cristo.

Come ha sostenuto il Dottor Tamburini non è assolutamente vero che l’Etrusco non è stato decifrato, dal momento che decifrare una lingua significa attribuire una fonetica ad un insieme di segni. Fu Jean Francois Champollion a decifrare l’Etrusco nel 1810-1820.

Nel caso di questa lingua non avrebbe senso una Stele di Rosetta, come servì per l’Egizio, poiché l’etrusco è “lingua greca trapiantata in Italia” e giustamente modificata e in parte riadattata dagli Etruschi.

Quello che rimane difficile da attribuire è piuttosto un’ interpretazione dell’etrusco, ed è questo aspetto che erroneamente viene scambiato e confuso per difficoltà nel decifrare.

L’etrusco è una lingua pre-indoeuropea, ed è il frutto dell’incontro tra popolazioni Indoeuropee e quelle autoctone del Mediterraneo. Sempre come ha precisato il Dottor Tamburini, furono i Greci che si spostarono nell’VIII secolo verso Occidente alla ricerca di ferro e esportarono la loro lingua ai popoli autoctoni.

Serviva ai Greci avere dei partner commerciali che sapessero scrivere e fu così che insegnarono la loro scrittura ai Villanoviani dopo aver passato lo stretto di Gibilterra ed essersi ritrovati presso Ischia.

I Villanoviani erano popoli, forse appartenenti al famoso gruppo dei Pelasgi, che abitavano l’antica Etruria. Ad un certo punto la conferenza di “Agens Cultura” si è fatta interessante, assumendo i toni di una concitata discussione tra il Dottor Tamburini ed altri esperti presenti in sala.

Gli interventi hanno messo a confronto varie teorie, sicuramente recanti tutte un fondo di verità. Molte obiezioni sono state in merito alla provenienza della lingua etrusca e degli Etruschi stessi e, a questo punto, converrebbe precisare che tra gli esperti di tutto il mondo le teorie sono molteplici ed è difficile stabilire con assoluta certezza quale possa essere realmente esatta.

Compito dello storico è fare delle ipotesi, delle indagini, compito del profeta è quello di predire e indovinare. Molti hanno ipotizzato una provenienza dell’etrusco dal fenicio, per via delle tavolette di Pyrgi conservate al museo di Villa Giulia a Roma.

Di questo aspetto, relativo alla provenienza degli Etruschi, ma anche all’origine della loro lingua, è stato trattato molto sul blog Aliante Tuscia ( www.aliantetuscia.com), ma quello che è emerso di interessante alla conferenza ha riguardato la perizia con cui il Dottor Tamburini ha reagito alle obiezioni.

Nel nono secolo i Greci, sempre per ragioni commerciali, vennero a contatto con i Fenici e appresero a scrivere da questi. Quindi se l’etrusco è greco trapiantato, di fatto è chiaro che presenti delle analogie con il fenicio, pur non derivando direttamente da esso. Senza dubbio è vera la tesi dell’archeologo Tamburini, che vede in sostanza il passaggio da fenicio, a greco, ad etrusco.

Non è tuttavia da escludere una sorta di contaminazione diretta tra fenicio ed etrusco, dal momento che i fenici avevano protettorati nell’Etruria e vennero direttamente a contatto con gli Etruschi, come dimostrano le lamine di Pyrgi dove compare il tiranno punico Thefarie Velinas nella sua attività di presidio in territorio etrusco. Di fatto i Fenici, con la scusa di proteggere gli Etruschi dagli Elleni, gli occuparono essi stessi, come specificato anche dagli archeologi Mangosi e Garbini che hanno lavorato alla traduzione delle lamine di Pyrgi.

Sempre riguardo alle origini della lingua etrusca, c’è la tesi che la vede discendere dall’asiatico e la prova sarebbe rappresentata, secondo le tesi del professor De Palma, dalla Stele di Lemno, raffigurante un volto di soldato con le indicazioni biografiche, come fosse una sorta di lapide funeraria.

Ancora una volta ci perdiamo nel grigio meandro della storia che, malgrado qualcuno si ostini a volerla per forza o nera o bianca, lascia sempre quel punto interrogativo che è il magnete universale per ogni ricercatore che si rispetti.

Alessandro Gatti