Viterbo CRONACA E STORIA Al gradevole incontro sono intervenuti il direttore della filiale di Viterbo, Luciano Tola, la responsabile dell'Area Territoriale Centro di Poste Italiane, Tiziana Morandi, e il sindaco Leonardo Michelini
Mauro Galeotti


Mauro Galeotti, Tiziana Morandi, Luciano Tola,
Leonardo Michelini, un dipendente Museo Poste

Il 21 aprile 2016 ricorda 80 anni dall'inaugurazione del Palazzo delle Poste e Telegrafi di Viterbo (21 aprile 1936), che si trova in Via Ascenzi. I dirigenti delle Poste mi hanno chiamato per raccontare un po' la storia del palazzo. Ho preso alcuni appunti che desidero farteli leggere, anche perché, sono consapevole che la città va conosciuta nella sua storia per poterla apprezzare e amare.

Vari sono stati gli interventi eseguiti dai fascisti nel Ventennio: la costruzione del Palazzo delle Poste, appunto, la Camera di Commercio, il Palazzo della GIL Gioventù italiana del Littorio, l'Opera Nazionale Maternità e Infanzia, la Scuola Luigi Concetti, la copertura del Torrente Urcionio, il Genio Civile, il Quartiere Pilastro che all'epoca era dedicato a Francesco Carnevalini...

Al gradevole incontro sono intervenuti il direttore della filiale di Viterbo, Luciano Tola, la responsabile dell'Area Territoriale Centro di Poste Italiane, Tiziana Morandi, e il sindaco Leonardo Michelini.

Presenti il consigliere regionale Enrico Panunzi, il presidente del Sodalizio dei facchini di Santa Rosa, Massimo Mecarini, numerosi consiglieri comunali e assessori della giunta.

La manifestazione è stata resa ancora più interessante per la mostra con oggetti postali d'epoca, due cartoline commemorative con tanto di timbro commemorativo e documenti cartacei.

Comunque ecco le mie note che in parte ho esposto agli intervenuti.

Nel 1324, Mastro Fardo di Ugolino fondatore di un complesso di abitazioni dinanzi alla Chiesa di santa Maria della Salute le quali servivano per redimere le ragazze di malaffare, dopo aver fondato la Chiesa della Salute nel 1324, fondò un Ospedale di poveri e pellegrini sul Monte Cimino, precisamente nella località detta Posta vecchia, al culmine della Strada Romana, detta della Montagna, quando discende per il Lago di Vico.

La Posta vecchia fa intendere che sulla montagna era una sosta delle diligenze che si recavano a Roma per il cambio dei cavalli, tanto che veniva chiamata posta-cavalli.

La posta era quindi una fermata in cui far rifocillare i cavalli o per sostituirli con altri freschi.

Tutti conoscerete il Pallone, quella località che si trova sulla Strada che conduce a Orte, al bivio con Vitorchiano.

Ebbene il Pallone era un’altra fermata di posta-cavalli, attiva nell’800, veniva così chiamata perché il tetto era una semisfera e quindi, popolarmente, venne distinta col nome il Pallone.

Nel 1801 trovo l’Albergo della Posta vecchia, condotto da Antonio Vitobaldi sin dalla fine del 1700 era sulla Strada Corriera.

La Strada Corriera, fino a qualche anno fa il pullman di linea veniva chiamato Corriera, il percorso era quello che attraversava Viterbo da Porta Fiorentina a Porta Romana e viceversa.

La Strada Corriera per chi veniva da Roma iniziava da Porta Romana, percorreva Via Garibaldi già detta Via Conti, Via Saffi, già detta del Melangolo, Piazza delle Erbe, il Corso Italia, già detto Corso Vittorio Emanuele, La Svolta, Via Matteotti, già detta Via Principessa Margherita, Piazza della Rocca e Porta Fiorentina, già detta Porta di santa Lucia. Al contrario per chi veniva da Firenze.

La strada era assai transitata, tanto che il capitolato sulla Nettezza urbana, del 1854, stabiliva che la via doveva essere spazzata tutti i giorni meno i festivi; le altre vie principali venivano pulite due o tre volte la settimana, il resto una o due volte il mese. I vicoli erano spazzati dagli inquilini ognuno avanti alla propria abitazione o bottega.

Nel 1821 dalla Pianta della traversa postale, conservata presso l’Archivio di Stato di Roma, si vede che la Posta Cavalli era a destra di chi sale l’attuale Via Matteotti, presso il Palazzo Nini, che è all’inizio dell’attuale imbocco di Via Matteotti.

Diligenze. Le diligenze, con coincidenze da Bologna e da Firenze erano in partenza ogni mercoledì e ogni domenica da Viterbo ed ogni giovedì e lunedì da Roma.

Lungo il tratto di strada che divide le due città erano dislocate ben sei poste cavalli, appunto per il cambio dei cavalli. A Viterbo questa operazione avveniva all’Imposta al decimo chilometro sulla Cassia, a Ronciglione, a Monterosi, a Baccano e a La Storta.

Il biglietto costava da due a tre scudi a passeggero, chi invece voleva usufruire di un calesse a due posti tirato da due cavalli, ne pagava sei. La tariffa saliva a diciotto se la carrozza era dotata di quattro ruote, era trainata da sei cavalli e guidata da tre postiglioni. 

E non era finita, infatti, competevano ancora trentacinque baiocchi di mancia al cocchiere e cinque allo stalliere per il beveraggio di ogni coppia di cavalli attaccata alla carrozza.

Palazzo Gentili. La Posta Lettere a Viterbo era presso l’angolo del Palazzo Gentili, come risulta segnato su una Pianta della traversa postale della Città di Viterbo del 1821. Riferisce padre Pio Semeria nelle Memorie: «Nel dì 4 di giugno [1822] fu traslocato l’Offizio della Posta dalla Casa del Conte Gentili, ove stava, alla Svolta, dirimpetto a S. Egidio, nella casa Fulgenzi n° 91; ed in seguito nel dì 29 di settembre fu trasportato nella via della Calzoleria [oggi Via Roma] n° 13».

Da Via della Calzoleria l’Ufficio delle Poste fu di nuovo trasferito, scrive Semeria, «Nell’anno 1828 sul principio di settembre fu nuovamente traslocato l’Uffizio della Posta, che prima stava nella via della Calzoleria».

Fino al 1850 il corriere postale da e per Roma transitava mercoledì, venerdì e domenica e la staffetta, lunedì e giovedì nell’andata, martedì e sabato al ritorno. Da quell’anno il corriere romano divenne giornaliero e lo scambio della corrispondenza era limitato a tre volte la settimana. La diligenza per Roma, era detta giornaliera perché impiegava un giorno per raggiungere la capitale.

L’appaltatore delle Poste poteva servire i privati con i cavalli di aiuto, detti pertichini, e d’inverno i cavalli venivano sostituiti i buoi per superare le salite verso Montefiascone o verso il Passo Montagna sulla strada per Ronciglione.

Palazzo delle Poste e Telecomunicazioni di Viterbo. Il Palazzo delle Poste e Telecomunicazioni, in evidente stile fascista, opera dell’architetto Cesare Bazzani, iniziato nel 1933 fu ultimato nel 1936 e inaugurato il 21 Aprile di quell’anno alla presenza del sottosegretario alle comunicazioni Jannelli.

E’ sorto espropriando il giardino Calabresi e alcune case antiche tra le quali due con altrettanti profferli ricostruiti e posti su Via Calabresi. Da una vecchia foto, si intravede sulla facciata della casa al penultimo profferlo, sempre di Via Calabresi, uno stemma riproducente un’aquila ad ali spiegate con sotto una scritta su tre file, forse in carattere gotico. Lo stesso stemma è ripetuto in Via Chigi.

Venne anche chiusa Via dei Magazzini che collegava Via Roma con Via Valle Piatta. Via dei Magazzini era chiamata Via del Bordelletto. E’ detta dai primi dell’Ottocento dei Magazzini, per la presenza dei magazzini comunali ove si conservava il sale tanto che fu chiamata anche, nel 1831, Via della Salara.

Con i lavori della metà degli anni ‘30, in quel luogo fu distrutto il cosiddetto Bordelletto. Questo nome deriva da bordello, difatti in questa zona erano le case delle prostitute. La facciata è lunga 60 metri, quella su Via Calabresi è lunga 25 metri ed occupa una superficie di circa 1100 metri.

La torre del Palazzo delle Poste, alta 39 metri, ha l’orologio decorato con una cornice in terracotta riproducente i segni zodiacali, opera del 1935 di Publio Morbiducci (Roma 1889 - Roma 1963), e con la parola Durare, tipica espressione fascista. I segni zodiacali sono la geniale costruzione delle dodici formelle, delineate con tratti assolutamente originali, che esaltano le figure statiche, rendendo ogni immagine così viva da restare memore nella mente.

Immagini ristrette a forza nel perimetro della terracotta, che non è quasi mai sufficiente a contenerle per intero, tale è la spinta che l'artista gli dà nel farle muovere al loro interno. Le figure umane ricordano molto i modelli greci, fieri, possenti, sicuri dell'essere, spesso con le gambe che mi ricordano le volumetrie realizzate da Botero.

Le figure zoomorfe stanno lì, quasi a dire, “sì appaio mesta, rimessa, tranquilla, ma prova un po' a provocarmi, reagirò come ti meriti, non ti far ingannare dall'occhio semi addormentato che mi caratterizza”. Il palazzo aveva sull’ingresso di Via Ascenzi 9, dov’è la torre, lo stemma dei Savoia, affiancato dai fasci littorio, scalpellati dopo la caduta del fascismo.

Il fascio littorio è stato scalpellato in ogni luogo della città, ma stranamente gli “scalpellatori” non si sono accorti ed hanno lasciato i fasci sulle inferriate delle finestre del piano terra del Palazzo della Camera di Commercio, scoperti da Maurizio Pinna. E’ stato scalpellato solo lo stemma sull’ingresso.

Sul prospetto del Palazzo delle Poste, lungo Via Ascenzi, vi erano due statue in bronzo collocate in altrettante nicchie dedicate alla Posta e al Telegrafo. Oggi ne è rimasta una, Il Telegrafo, La Posta fu asportata nel febbraio del 1942 per essere fusa e utilizzata nell’industria bellica, come avvenne per le statue di Balestrieri in Piazza Verdi. Furono opera secondo alcuni studiosi del concittadino Silvio Canevari nato il 27 Gennaio 1893 e morto a Roma 31 Luglio 1931, per altri di Francesco Nagni, nato a Viterbo il 7 Febbraio 1897 e morto l’11 Luglio 1977.

Sicuramente le statue sono opera di Francesco Nagni perché Canevari muore nel 1931 prima della realizzazione del Palazzo delle Poste iniziato nel 1933.

Il salone del Palazzo riservato al pubblico ha il pavimento in marmo policromo ed il soffitto cassettonato a stucco romano. Modifiche furono fatte nel corso degli anni, ad esempio il palazzo fu innalzato nel 1956 di un piano e furono trasformate le monofore dell’ultimo piano in ampie finestre rettangolari.

Via Calabresi, fino al 1932 circa, immetteva in Via Valle Piatta, che salendo dalla Valle di Faul, per l’attuale Via Cesare Dobici, continuava sino a passare avanti la facciata della Chiesa di san Giovanni Battista degli Almadiani per raggiungere, voltando a sinistra, il Ponte Tremoli.

Le case duecentesche che si trovavano dinanzi all’imbocco di Via Calabresi su Via Valle Piatta, furono distrutte per realizzare, trasversalmente, Via Ascenzi, come si vede oggi. In quel periodo quest’ultima strada fu chiamata ironicamente dai Viterbesi Via dell’Imperetto, alludendo alla realizzazione di Via dell’Impero a Roma.

Dove oggi è la statua con la Madonnina, sul giardinetto, quasi di fronte all’imbocco di Via Calabresi, prima del 1932, era il Vicolo di santa Maria che conduceva al Torrente Urcionio verso la Valle di Faul. Il nome deriva probabilmente dalla Chiesa di santa Maria Maddalena, che si trova all’inizio della Valle di Faul. La splendida Madonnina che si innalza su una colonna in peperino è opera, in bronzo, dello scultore viterbese Francesco Nagni (1897 - 1977), eseguita nel 1959 e inaugurata quell’anno, il 15 Febbraio, alla presenza del vescovo Adelchi Albanesi, che la benedì.

Il monumento fu eretto alla Vergine per il Dogma dell’Assunzione, tanto da chiamare la statua l’Assunta, in quell’area era il chiostro della Chiesa di san Giovanni Battista degli Almadiani. Poco più avanti è il campanile della Chiesa degli Almadiani, il quale fu smontato totalmente, nel 1938, per ricostruirlo arretrandolo di circa quattro metri, al fine di consentire una agevole curva verso Via Marconi, prima della realizzazione dell’attuale piazza selciata.

Via Filippo Ascenzi. Già detta Via Littoria, poi Via della Libertà, Via Mariano Buratti e ancora Via della Repubblica nel 1946, fu creata nel 1935 demolendo varie case e piantandovi i pini che ancora vediamo.

Nel 1953 è stata dedicata al podestà Filippo Ascenzi, sicuramente un personaggio molto amato dai Viterbesi, una brava persona, perché è l’unico fascista a cui è rimasta dedicata una via cittadina. I Viterbesi in tempo di Repubblica, infatti, per amore verso l’uomo, affettuosamente chiamato Pippo, hanno voluto dedicare la via a Filippo Ascenzi, fascista, superando ogni pressione atta a cancellare qualsiasi segno lasciato dal regime dittatoriale di Mussolini.

La proposta di intitolare la via fu fatta dal noto repubblicano Duilio Mainella. A proposito di Pippo, l’arco che collega il Palazzo dei Priori con quello del Podestà fu chiamato dal popolo viterbese l’Arco di Pippo, infatti fu realizzato nel 1936 in sostituzione del precedente, ampliando il passaggio per consentire un migliore flusso delle auto, creando ai lati due passaggi per i pedoni. In precedenza da Piazza del Plebiscito chi attraversava l’arco si immetteva su Via della Pescheria per raggiungere Via Valle Piatta passando di fronte alla Chiesa di santa Maria della Salute.

Filippo Ascenzi era nato a Viterbo 3 Giugno 1893 da Felicita dei conti Mimmi di Montefiascone e da Silverio, morì a Roma 15 Dicembre 1943. La sua famiglia viene da Penne nelle Marche. Tenente del 13° Reggimento di Artiglieria, fu decorato (1916) con Medaglia di bronzo al valore militare nella Prima guerra mondiale, allorquando, per una serie di esplosioni di bombe, lanciate da un aeroplano, venne colpito gravemente al cranio con fuoriuscita di sostanza cerebrale. Fu commissario straordinario e poi presidente l’Amministrazione provinciale dall’istituzione, nel 1927, fino al 1929.

Nominato podestà il 26 Novembre 1931, laureato in ingegneria civile, fu persona piena di volontà e di rispetto. Dette tutto se stesso per realizzare il meglio per lo sviluppo di Viterbo. Esaurì la carica l’11 Ottobre 1934 per incompatibilità con l’altra di deputato al Parlamento.

Le Poste italiane hanno dedicato a Viterbo, attraverso il tempo, anche i francobolli. Il 22 Settembre 1979 il francobollo di lire 120 riproducente Fontana Grande.

Il 1° Ottobre 1982 un francobollo con Villa Lante di Bagnaia di lire 350 della serie Ville. Il 3 Settembre 1984, le Poste italiane realizzarono, in cinque milioni di copie, la terza emissione del francobollo da lire 400 della serie Folclore italiano, raffigurante una fantasiosa Macchina di santa Rosa, il facchino ed il Palazzo papale.

Il disegno e l’incisione furono eseguiti da Ciaburro. Il 6 Marzo 2001, in occasione del 750° anniversario della morte di santa Rosa, le Poste italiane hanno emesso un francobollo del valore di lire 800 con la riproduzione del quadro del Podesti, che si trova sull’altare maggiore della Chiesa di santa Rosa.

Il 10 aprile 2004 è emesso il francobollo di euro 0,45 con il Palazzo papale per la serie Turismo 2004. Il 12 Ottobre 2012 è emesso il francobollo di euro 0,60 con riprodotta la tavola “Presepe con i santi Giovanni Battista e Bartolomeo” del pittore viterbese Antonio del Massaro detto il Pastura, che si trova al Museo Civico. E numerosi altri per Caprarola, Tarquinia, Civita di Bagnoregio, Vulci.

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