Viterbo STORIA Nel Settembre 1867 assistiamo  dunque al primo violento scontro fra milizie pontificie e volontari garibaldini
Alessandro Gatti

 

Dal pronunzio di quella celebre frase del Garibaldi, “Obbedisco”, passò all’incirca un anno quando, nel 1867, le truppe garibaldine del Lazio tentavano di sottrarre dal controllo dello stato pontificio quelle terre che ancora non erano state abbracciate dal tricolore italiano.

Il 9 Agosto 1866, infatti, con quello storico telegramma inviato dal piccolo centro di Bezzecca al generale La Marmora Garibaldi accettava, suo malgrado, l’armistizio con gli Austro-ungarici e, con esso, rinunciava alla conquista del Trentino e del Veneto.

Per il Veneto sarà necessario aspettare pochi giorni dopo la fine della Terza Guerra di Indipendenza, mentre per il Trentino mezzo secolo con la Prima Guerra Mondiale.

Se con “Obbedisco” si sospendeva la causa patriottica a vantaggio della cieca obbedienza, l’ardore garibaldino proseguiva con l’operato dei volontari patriottici, disposti a sacrificarsi nel nome del tricolore italiano.

Nel Settembre 1867 assistiamo  dunque al primo violento scontro fra milizie pontificie e volontari garibaldini.

Bagnoregio rappresentava un avamposto nevralgico lungo il confine con l’Umbria, a soli 18 chilometri da Orvieto, che già faceva parte del Regno d’Italia.

Nel nome dell’impresa che aveva condotto il colonello Luigi Masi, l’11 Settembre 1860, con la quale aveva portato la cittadina umbra nell’orbita del Governo piemontese, a scapito delle truppe pontificie, si voleva ora tentare l’azzardo ardimentoso di una marcia su Roma per consacrare il cammino storico verso l’Unione.

Era inevitabile che schiere di volontari, spinti dall’amor di Patria ed animati dall’ardore bellico, non tentassero l’invasione di Bagnoregio, partendo dalla vicina Orvieto, per cimentarsi nella conquista di Roma.

La battaglia di Bagnorea può definirsi un vero e proprio olocausto di vite umane, immolate alla causa della bandiera italiana.

Si rivelava tuttavia un piano bellico tanto ardito quanto non sufficientemente preparato e realizzabile, visto, tra le altre cose, il fermo appoggio della Francia alla causa papale.

Vale sicuramente la pena ricordare le parole del Guerrazzi, intellettuale illuminato e parlamentare italiano al Governo del 1861. Accanito oppositore della blanda politica del conte Cavour, responsabile della cessione di Nizza e della Savoia, così scrisse sulla piramide-ossario dei Caduti garibaldini:

“Correndo l’anno di Cristo 1867, il giorno 29 settembre, noi,  anche noi martiri d’Italia, in Bagnorea, iniziammo la guerra pel riscatto di Roma. Sette dì combattemmo. Al settimo, il 5 ottobre, abbandonati da tutti, sopraffatti dal numero, perimmo. Rabbia…le reliquie nostre disperse. Religione patria le raccolse e qui le compose, dove attestano ai presenti e ai posteri, il popolo unico eroe d’Italia, avere tracciato il cammino di Roma, al popolo italiano col proprio sangue. […] Dal vostro martirio, sta per nascere quello della gloria, Sperate.”

Queste parole cariche di sentimento, lasciano trasparire un fiero rimpianto per una sconfitta spietata. Il Generale garibaldino Giovanni Acerbi, muovendosi da Orvieto, aveva come obiettivo Viterbo, passando per Bagnoregio. L’obiettivo era di far convergere quattro bande delle camicie rosse su Roma e coordinare questo attacco dall’esterno con un’insurrezione dei Romani auspicato all’interno della città stessa.

Purtroppo la vicenda prese la piega sbagliata per i garibaldini; non solo i Romani non insorsero, ma i Bagnoresi gridando “Viva Pio IX” ostacolarono le giubbe rosse e Bagnoregio venne riconquistata l’8 ottobre 1867 dai “Dragoni pontifici”.

La sconfitta finale Garibaldi la subì ad opera dei Francesi, a supporto dei Pontifici, presso Mentana. Dalla cittadina laziale, il patriota fu costretto a fuggire con soli 5000 uomini fino alle porte del Regno d’Italia.

Carl Von Clausewitz, nel suo saggio bellico “Della Guerra” parla del momento decisivo come di quell’attimo che molti generali e strateghi della storia si son visti negato per riuscire a vincere il conflitto finale.

Garibaldi si vide negare quel momento decisivo, per chiudere favorevolmente il confronto, sia dal mancato appoggio a Bagnoregio che a Roma.

Alcune volte colpa della sorte, altre mancanza di perizia, ma il più delle volte un errore di calcolo. Dare per scontato che gli Italiani tutti volessero l’Italia fu l’errore principale nel caso del Garibaldi.

Quell’Italia mancata era una reificazione materiale e concreta di quegli “Italiani non ancora fatti” di cui parlò il conte di Cavour pochi anni prima. Se pur con spiriti differenti, in contesti assai diversi, quel sogno italiano  è assimilabile al fascino dell’uomo europeo. Ci fu chi sognò l’Europa Unita e chi non ebbe il coraggio neppure di raccogliersi attorno alla causa della propria bandiera.

Alessandro Gatti

BIBLIOGRAFIA
- La Battaglia di Bagnorea- Francesco Petrangeli Papini- Mario Bulzoni editore 1965 Roma
- L'Italia che non si fece Genesi di una Nazione-Marianna Borea-Armando Editore
- Sabbatucci Vidotto Storia contemporanea ottocento-Editori Laterza

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