Viterbo STORIA Diciassettesimo incontro con i lettori de La Città (www.lacitta.eu)
Maurizio Pinna

LEGGI LA PRIMA PARTE: Capitano Pietro Calistri della Regia aeronautica militare pluridecorato, originario di San Martino: dimenticato!

Cap. Pietro Calistri 2° da sinistra

2^ parte. Se la prima parte ha incuriosito, in questa uscita il lettore troverà le motivazioni per considerare la storia un pezzo molto particolare da divulgare e condividere su Facebook.

Buona lettura.

Il 26 aprile 1945, con il degenerare della situazione, il Capitano Calistri, ottemperando a precedenti ordini del Q.G. delle forze armate della RSI, decide di raggiungere la Valtellina utilizzando i mezzi di trasporto della Luftwaffe.

All’alba del 27, l’autocolonna nella quale prese posto, composta da circa 30 automezzi, giunse a Menaggio dove l’attese il tragico appuntamento con il destino. Lì, infatti, arrivò anche una colonna di fascisti che scortava Mussolini e parte del governo repubblicano. Colonna che si aggregò casualmente a quella tedesca dove si trovava il Cap. Calistri. Le due colonne, che a quel punto risultavano composte da oltre 60 automezzi e circa 350 uomini, alle ore 6 del 27 aprile partirono insieme nel tentativo di raggiungere la Valtellina. Giunti nella località di Musso, uno sbarramento di partigiani bloccò la colonna e dopo dieci ore di trattative, i tedeschi decisero di abbandonare gli italiani in cambio del libero transito verso nord.

Calistri, che casualmente si trovava lì in uniforme di ufficiale di aviazione, fu erroneamente ritenuto il pilota personale del Duce. A causa di questo terribile errore di superficiale valutazione e senza ulteriori accertamenti, il 28 aprile fu fucilato nella piazza di Dongo insieme ai ministri della RSI. Su quei cadaveri seguiranno, poi, per tutta la giornata del 29 aprile, le violenze perpetrate dagli stessi esecutori e dalla folla inferocita, che completerà il macabro rituale in piazzale Loreto a Milano.

Nomi giunti a Piazza Loreto

Da quel triste giorno, del Capitano Calistri si persero le tracce, con la disperazione della povera madre che non abbandonò mai la speranza di ritrovare il corpo, seppur martoriato, del figlio. L’eroe Calistri, nato a Verona il 30 ottobre 1914, ma originario di San Martino al Cimino da parte del padre Attilio, dopo circa quattro mesi di estenuanti ricerche, fu riconosciuto dalla madre all’interno di una fossa comune.

È chiaro che il corpo era in avanzato stato di decomposizione, per non parlare d’altro, e il riconoscimento non sarebbe stato semplice se non per via di quella rotula d’argento che gli fu applicata durante un intervento chirurgico alla gamba, e che permise alla addoloratissima madre, signora Augusta, di portarlo via da quella terribile sepoltura.

Grazie alla tenacia, alla fede e forse anche all’istinto materno, dopo il ritrovamento del corpo, la signora Augusta riuscì a dare dignitosa sepoltura al figlio Pietro, tumulandolo nel cimitero di San Martino al Cimino dove lo ricordano queste parole:

PIETRO CALISTRI

CAPITANO PILOTA

N.20.10.1914 – M.28.04.1945

SFIDÒ LA MORTE MILLE VOLTE NELL’ARIA

LA MORTE SI VENDICÒ

GHERMENDOLO TRAGICAMENTE IN TERRA

QUI GIACE IN ATTESA DI RIPRENDERE IL VOLO

AL SUONO DELL’ANGELICA TROMBA

Sullo stato di servizio di questo eccezionale militare, morto per la Patria all’età di soli 31 anni, è annotato: «La morte avvenuta a Dongo in data 28/4/1945 in seguito a fucilazione da parte delle forze partigiane, è stata riconosciuta dipendente da causa di servizio di guerra».

Mitragliatrice di un B24 americano

 

Ma questa storia è iniziata partendo da Franco Guidozzi, ed è a Franco che desidero tornare per concludere un commovente racconto che ha visto coinvolti due servitori della Patria. Franco, a seguito del ritrovamento della tomba in quel di San Martino al Cimino, non impiegò più di qualche secondo per maturare il desiderio di organizzare una cerimonia di commemorazione per l’eroe Calistri, e così si attivò subito per rintracciare i parenti viventi del Capitano.

Il giorno 24 febbraio 2007, presso l’Abbazia di San Martino al Cimino, Franco Guidozzi fece celebrare una Messa in suffragio del Capitano Pilota, alla presenza della signora Cristina Calistri, figlia dell’ufficiale, del nipote Lorenzo e dei familiari della famiglia Filoscia.

Tra gli intervenuti informati ed invitati da Guidozzi: gli ex Combattenti della RSI con Bandiera dell’Associazione, il Gen. Enzo De Micheli - dell’Asso Arma, il Gen. Silvano Bronchini - storico, il Col. Mario Mochi - presidente dell’UNUCI di Viterbo, il Maresciallo Innocenzo Bagnoli - presidente Associazione Arma Aeronautica Sez. di Viterbo con il segretario Maresciallo Armando Giannetti, le Associazioni dei Paracadutisti, Marinai e Carabinieri Paracadutisti con i rispettivi labari, l’assessore Fosca Tasciotti, i consiglieri del Comune di Viterbo - Enrico Maria Contardo e Maurizio Federici, il dott. Claudio Taglia, il Maresciallo Roberto De Paolis, alcuni cittadini riconoscenti agli eroi e Caduti di tutte le guerre e il sottoscritto.

Nel corso della Santa Messa diversi interventi dei presenti hanno impreziosito il valore spirituale della celebrazione, suscitando tra gli intervenuti momenti di profonda commozione e ammirazione. Inaspettato, ma segno che l’organizzazione approntata da Franco Guidozzi è stata impeccabile, il momento della lettura del curriculum militare del pluridecorato Capitano Calistri, minuziosamente ricostruito dal Gen. Bronchini, per ricordare l’alto valore eroico dell’ufficiale.

Confortati dalle parole del celebrante che ha invitato tutti alla preghiera: «(...) affinché Pietro possa trovare in cielo la gloria che non ha avuto sulla terra (...)», nel silenzio della grande Abbazia e dopo sessantadue anni dal tragico evento, la dolce e commossa voce della figlia Cristina distribuisce una profonda riconoscenza ai presenti pronunciando parole di grande valore umano e affettivo: «La vostra presenza mi dimostra che mio padre non è morto inutilmente». Purtroppo però a quella tragedia che ha colpito la famiglia del Capitano Calistri, in particolare la figlia, all’epoca soltanto una piccolissima bambina, se ne è aggiunta un’altra che si comprende da queste altre parole pronunciate dalla signora Cristina: «Dopo 62 anni, è la prima volta che qualcuno si ricorda di mio padre».

Forse un militare fedele al suo status, un eroe per di più, vittima di essere vissuto in un momento storico culminato nella guerra civile, e proprio da quella assurda guerra ucciso, non merita più di essere ricordato perché appartenuto alla Repubblica sociale italiana?

Con grande compostezza, accompagnati dai labari delle Associazioni d’Arma intervenute, i partecipanti si sono recati a rendere gli onori ai Caduti, presso la tomba al cimitero di San Martino.

Franco, anzi, “Ricciolino”, lo desidero ricordare così: un cuore immenso che alimenta un sorriso sempre pronto per incontrare qualunque sguardo. Occhi chiari, tanta dolcezza nel volto e la capacità di saper ascoltare per poi pronunciare pacatamente soltanto parole cordiali, ragionate nella mente di un uomo buono e straordinario che sa volere bene al suo prossimo proprio come sua moglie Olimpia, con la quale ha condiviso una vita di esemplare onestà, altruismo, correttezza, rispetto.

Ringrazio il Generale Silvano Bronchini per avermi fornito i dettagli storici contenuti nel presente racconto.

 (Fonte e riferimenti bibliografici: Viterbo dal fascismo alla guerra con uno sguardo ai giorni nostri, Maurizio Pinna, 2011).

Maurizio Pinna


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