Viterbo STORIA L’assedio di Rodi era rimasto un desiderio incompiuto di conquista di Selim I che Solimano lo portò a compimento
Alessandro Gatti

Viterbo 1964, Via sant'Antonio, Croce dei Cavalieri di Malta dipinta sul soffitto della  sacrestia della Chiesa di santa Maria della Carbonara (Archivio Mauro Galeotti)

La cacciata dell’ordine Gerosolimitano da Rodi ad opera di Solimano e il restauro di Santa Maria della Carbonara

La permanenza del futuro Ordine di Malta a Viterbo, dal 1527 al 1530, e la loro proprietà su Santa Maria della Carbonara e le altre Commende appartenute ai Templari.

Antefatto storico e presenza dell’Ordine Gerosolimitano a Viterbo

Solimano I, figlio di Selim I, ed apostrofato con l’appellativo de “il Magnifico”, riprese il progetto del padre di espansione dell’Impero Ottomano, con l’invasione di numerosi territori del Mediterraneo. Tra questi figurano per l’appunto Belgrado, nel 1521 e Rodi nel 1522.

L’assedio di Rodi era rimasto un desiderio incompiuto di conquista di Selim I che Solimano lo portò a compimento. Vi fece ingresso con oltre 200 mila uomini e 400 navi. A difendere il baluardo cristiano vi erano appena 7 mila Cavalieri del Sacro Ordine di Gerusalemme e le mura della città che cedettero presto, ma non senza resistere, sotto l’incalzante assedio dei Turchi di Solimano.

Per grazia e pietà il sultano turco decise di risparmiare i Cavalieri sopravvissuti a patto che questi dipartissero da Rodi. Fu a quel punto che il Santissimo Ordine di Gerusalemme si ritrovava senza una sede marittima in Occidente e costretto a lasciare Rodi.

Nell’intento coraggioso e unanime, di conservare la dignità per quell’ordine millenario, e superare le difficoltà che i tempi funesti stavano imponendo, Il Gran Maestro Villiers de l’Isle Adam, chiedeva a Papa Clemente VII, Viterbo come sede provvisoria.

Allorché il Gran Maestro si accingeva a convocare presso la Rocca lo storico Capitolo, che avrebbe deciso le sorti del futuro Ordine di Malta, giungevano a Viterbo, sbarcando dal porto di Civitavecchia, numerosi Cavalieri gerosolimitani provenienti da ogni dove.

Il Capitolo che stava per svolgersi, se pur costernato da numerose difficoltà, quali la peste e l’invasione dei Lanzichenecchi, avrebbe rappresentato per l’Ordine un concilio dall’importanza storico-istituzionale senza eguali.

Santa Maria della Carbonara rappresentava, come numerose altre commende di proprietà dei Templari, un lascito per l’Ordine di Gerusalemme. Quando l’Ordine dei Templari venne soppresso nel 1317 molte proprietà di quest’ultimo vennero devolute all’Ordine Gerosolimitano.

Per quello che riguarda il territorio del viterbese si possono fare svariati esempi: la già citata Commenda con annesso Ospedale di Santa Maria della Carbonara di Viterbo, la Chiesa di Santa Maria in Foro Cassio di Vetralla, la Commenda di San Magno di Gradoli, la Commenda di Santa Maria in Risiere sulla strada di Marta, la Commenda dei SS. Giovanni e Vittore con Ospedale intitolato a San Giovanni Battista e infine la Commenda di Santa Maria di Centignano in Vignanello.

Santa Maria della Carbonara e le ceramiche viterbesi

Ci soffermiamo su Santa Maria della Carbonara poiché essa rappresenta uno dei più antichi esempi di costruzione viterbese, all’incirca databile per la metà del XI secolo. Le documentazioni risalgono al 1310, grazie ad un rotulus riguardante il processo indetto da Papa Clemente V all’Ordine del Tempio. Nel documento sono presenti le testimonianze dei Cavalieri Gerardo da Piacenza, Pietro Valentini e Vivolo di San Giustino che sostengono, tra le altre cose, che nel 1291 era stato sepolto nella chiesa il Gran Precettore Artusio di Procapaglia. Questo documento sarebbe la testimonianza che, sul finire del XIII secolo, la Chiesa era di proprietà dei Cavalieri Templari.

Si sa inoltre che presso la Chiesa della Carbonara vennero firmati nel 1243 degli atti ufficiali con i quali Federico II acquistava 42 case presso Santa Maria in Poggio e San Giovanni in Zoccoli, nonché alcune proprietà terriere. Non si possiedono documenti più antichi ed è forse proprio a causa della decadenza che la Chiesa subì nel periodo della permanenza cinquecentesca dell’Ordine di Gerusalemme a Viterbo in cui, forse, molti documenti andarono perduti.

Dal momento che lo stemma con la croce dell’Ordine di San Giovanni appare sopra una delle bifore originarie del palazzo subito adiacente alla Chiesa di Santa Maria della Carbonara, quest’ultima può imputarsi di proprietà dei Cavalieri già dal XII secolo avanti Cristo.

Nella parte superiore della facciata della Chiesa sono tutt’oggi visibili delle ceramiche; 9 ciotole ed un piatto, della misura di trenta centimetri di diametro. L’usanza di ornare le facciate delle chiese con vasellame in ceramica era d’uso assai diffuso nel Medioevo, ricordiamo ad esempio San Michele degli Scalzi a Pisa. Quest’usanza era praticata per ringraziare i pellegrini, reduci dalla Terra Santa, che erano soliti fare doni ed offerte alla Chiesa e all’Ordine per la protezione ricevuta.

Lo stesso costume di servirsi di maioliche e mosaici per ornare l’esterno delle chiese è un’usanza tutta orientale, importata per l’operare continuo e la presenza cristiana in Medio Oriente. La Chiesa della Carbonara a Viterbo è in questo senso l’esempio più antico presente nella città, poiché le terrecotte presenti nel Duomo, altro non sono che tarda imitazione risalente al 1300.

Le scodelle, oggi sostituite da altrettante moderne, presentavano degli arabeschi e pittoreschi motivi che richiamavano molto l’arte di Rodi, con smalti che le documentazioni definiscono lucidi e verdastri; questi avevano ormai perso lo splendore d’un tempo.

E’ da intendersi che questo tipo di arte abbia ispirato la pittura su ceramica viterbese, contaminando con i suoi motivi orientaleggianti le produzioni successive dell’artigianato in ceramica e terracotta.

L’architettura di Santa Maria della Carbonara: un destino manifesto per Santa Maria Nuova

Urge una breve panoramica riguardo l’importanza architettonica della chiesa, in relazione alle altre architetture di Viterbo. L’edificio è di dimensioni modeste e la facciata, tipicamente romanica, presenta una cornice “a gola”  che circonda tutta la chiesa. L’apertura semicircolare, la porta e le due finestrelle a graticciata sono delle modifiche apportate verso il ‘500-‘600.  L’aspetto architettonico di maggior interesse sembrerebbe essere l’abside, che per il terreno in discesa, si abbassa al di sotto del piano della Chiesa di 3 metri, formando anche l’abside della cripta.

Originariamente alla cripta si accedeva dall’interno ma attualmente non è più possibile poiché il cedimento del terreno ne ha alterato del tutto l’aspetto originario. L’abside della Chiesa della Carbonara è praticamente uguale a quello della Chiesa di Santa Maria Nuova, sempre a Viterbo; sia per l’armonia delle linee, che per le stondate proporzioni.

Nonostante tutto Santa Maria Nuova sembra più matura e decisa nelle rotondità delle linee architettoniche e nella pulizia degli ornamenti.

Il tutto lascerebbe intendere Santa Maria della Carbonara, un esperimento più embrionale di ciò che avrà la sua maturazione stilistica nella futura Santa Maria Nuova.

Anche la cripta sembra molto simile a quella che si trova al disotto di Santa Maria Nuova, ma ormai è raggiungibile solo esternamente poiché l’ingresso esterno, come si diceva, è ostruito dall’abbassamento dell’abside per il cedimento del terreno.

Degna di menzione è l’icona sacra della Madonna col Bambino benedicente, dei primi del XIII secolo, che appare come il frutto di una chiara contaminazione bizantina. Dipinta su un legno di quercia, si mantiene ancora in discreto stato di conservazione. Il gesto di benedizione del bambino, le tre croci greche sul manto, sulla fronte e sul petto della Madonna, il suo viso allungato, la fronte bassa e gli occhi leggermente a mandorla, richiamano piuttosto il modo latino di dipingere.

Potrebbe darsi che l’antico autore si sia ispirato ai motivi bizantini conferendo però alla sua opera i tipici tratti occidentali.

Ultimo elemento architettonico da proporre, riguarda il tipico svolgimento dell’architettura interna delle chiese medievali di Viterbo. Questo si caratterizza per il progressivo venir meno del dislivello tra presbiterio e piano della chiesa.

A questo fenomeno si affianca quello del restringersi dell’area del presbiterio, rispetto all’area complessiva interna delle chiese. Dai 5 gradini di San Giovanni in Zoccoli, 1037, si è passati ai 3 di San Sisto, 1050 circa, e ai soli 2 di Santa Maria Nuova, nel 1080. Nel Duomo, risalente al 1193, si riscontra un solo gradino e Santa Maria della Carbonara ha 4 gradini. In quest’ultimo caso l’area del presbiterio occupa circa un terzo dell’area interna dell’edificio.

Arrivati a questo punto resta da chiedersi se il nome Santa Maria Nuova sia da intendersi proprio rispetto alla sua “genitrice” Santa Maria della Carbonara. Indipendentemente da come piacque agli architetti del tempo che fu, oggi sembra evidente che Santa Maria Nuova sia, in un certo senso, un testamento spirituale ed ideale dell’architettura di Santa Maria della Carbonara.

Alessandro Gatti

Bibliografia.

-        Enciclopedia Treccani sezione medioevo

-        “Roma”. Rivista di studi e di vita romana, coeditori Roma, Ottobre 1924 Num. 10

-        Sito della delegazione dell’Ordine di Malta a Viterbo e Rieti, http://www.ordinedimaltaitalia.org/index.php/delegazione-di-viterbo-rieti

-        L’insediamento templare di Santa Maria in Carbonara a Viterbo; Dalla facies medievale alle trasformazioni moderne, Ed. Penne e Papiri Storia e architettura, Bagnarini Nadia