Viterbo STORIA Ottavo incontro con i lettori de La Città (www.lacitta.eu)
Maurizio Pinna

I precedenti articoli

7 - Ventennio: Fu propaganda o comunicazione? Un uomo amato e odiato, che non passò inosservato
6 - Ventennio: Fu propaganda o comunicazione? Gli errori restano errori, così come il bene resta il bene

5 - Ventennio: Fu propaganda o comunicazione? Dal Ventennio a oggi nulla è cambiato

4 - I bombardamenti sembrano una festa. Ma è propaganda militare
3 - I bombardamenti su Viterbo. Incursioni aeree di febbraio 1944
2 - La persecuzione degli ebrei
1 - Bombardare Viterbo! 1943-1944. Un volantino rarissimo svela i metodi della propaganda

In questa uscita troviamo un Mussolini che anticipa la scienza della comunicazione e che per tale ragione è studiato da Gian Paolo Ceserani.

Ma anche un Mussolini che traccia le caratteristiche che dovrebbe avere un politico. Leggeremo, inoltre, come l’odio alimentato dalla disapprovazione del pensiero politico, possano far criticare anche un semplice atteggiamento a dir poco lodevole. 

 

Mussolini non ha effettuato studi specifici, eppure…

Mussolini conosceva perfettamente il linguaggio e i modi da usare per ogni occasione, per ogni auditorio, così come aveva la consapevolezza che ogni situazione era diversa dalle altre. Queste conoscenze, sommate alla capacità di applicare per ciascuna di esse gli accorgimenti più idonei, lo rendevano un personaggio ammirato, chiaro, approvato e seguito, che rispondeva alle richieste di quel momento.

Con Mussolini si potrebbe azzardare a dire che nasceva la scienza della comunicazione, una materia complessa, oggi facoltà universitaria, che abbraccia aspetti di natura sociale, psicologica, letteraria, storica, antropologica, grafica ecc..

Come spesso avviene per qualsiasi materia di studio, poi, non è scontato che la perfetta conoscenza degli argomenti siano garanzia di una analoga e funzionale applicazione nel campo pratico, oppure, nella difficile professione dell’insegnamento.

Nello specifico, la conoscenza solo teorica degli elementi che caratterizzano una buona comunicazione, non equivale alla certezza assoluta di saper poi trasformare in pratica un messaggio che deve arrivare comprensibile e ammaliante ai previsti destinatari, ricevendone nei tempi voluti i comportamenti sperati.

Comportamenti che, in campo commerciale, porteranno ad accrescere il consumo o l’utilizzo di prodotti al fine di incrementare il fatturato dell’azienda produttrice, o venditrice, mentre in campo politico mirerà ad attirare l’attenzione della massa con l’obiettivo di conquistare sempre maggiori consensi elettorali, sottraendoli ai partiti avversari.

Oltre il contatto con il popolo, Mussolini apprezzava, ricercandolo spesso, il contatto con il singolo, magari utilizzando, successivamente, le immagini riprese dalla macchina fotografica impugnata dall’operatore quando, per scopi propagandistici, viaggiava al suo seguito.

Parallelamente, però, Mussolini con quei gesti da uomo qualunque, pronto a dialogare con chiunque, innescava dei passaparola tali da farlo sentire capo del popolo, sempre presente. E questo faceva sì che la gente comune sperasse di poterlo incontrare, perché ciò, oltre che essere materialmente possibile, era particolarmente voluto dal Capo del Governo, tanto che spesso il suo comportamento creava problemi alla sua scorta.

Se confrontiamo gli atteggiamenti del Duce con i comportamenti, i sorrisi e le strette di  mano dei moderni politici, non di tutti fortunatamente, notiamo subito che dopo l’affannosa ricerca del voto durante il periodo elettorale, oggi si tende a scomparire immediatamente dopo essere stati eletti. Con ciò si può comprendere che la comunicazione non è materia per tutti, e il vivere tra la gente richiede una buona dose di capacità innate, oltre che una inequivocabile volontà di ricercare il contatto umano.

 

Se il raptus è questo sia benvenuto

 

Tessera O.N.B. Opera Nazionale Balilla del 1933

Mussolini era l’ufficio stampa di se stesso e interveniva personalmente in tutto ciò che notava non corrispondere alle sue attese. L’antipatia o la simpatia che si può nutrire verso un Mussolini odiato o amato senza mezze misure, si percepisce dai commenti che seguono questi due telegrammi: «27 settembre 1930. Ripeto ad un mese di distanza che la strada fra Fossombrone e Foligno è piana e dura come un biliardo.

Non ha bisogno di cilindratura ma di una applicazione di bitume». Il secondo telegramma: «30 dicembre 1933. Mettere finalmente all’unisono i tre cartelli di kilometraggio all’inizio della Flaminia di Fano. Due segnano 286 kilometri, un altro 284 alla distanza di venti metri. Metterne uno solo grande e finalmente esatto. Credo che questa sia la mia terza o quarta segnalazione ed è deplorevole».

Questi due telegrammi, tratti da Mussolini. Il Duce, di Renzo De Felice, e citati da Gian Paolo Ceserani in Vetrina del Ventennio, furono spediti da Mussolini ai prefetti, al rientro dai suoi spostamenti. De Felice vede in quei testi un Mussolini affetto da «raptus per la segnaletica e per la condizione delle strade», interpretando, quindi, i suoi interventi un po’ esagerati.

Rileggendo, però, quei telegrammi con maggiore serenità, si dovrebbe essere più propensi a pensare che tali “banalità”, allora erano controllate e risolte, normalmente, nell’immediatezza. Non a caso Mussolini definisce «deplorevole» non aver ottemperato alle sue precedenti segnalazioni.

Ma, se vogliamo essere ancora più critici, dovremmo dire che i responsabili alla manutenzione e alla segnaletica stradale si sarebbero dovuti accorgere da soli dei problemi citati nei telegrammi, senza attendere la segnalazione di un Capo del Governo, chiunque egli fosse stato. Oggi, invece, trovandoci avanti alle stesse situazioni, e ne troviamo in moltissime strade, ci chiediamo «Ma possibile che nessuno se ne sia accorto e nessuno intervenga? Che figura ci facciamo con i turisti, specie, stranieri?»

Gian Paolo Ceserani analizza l’attività e la figura di Mussolini dall’angolazione del tecnico della comunicazione, e pur manifestando chiara contrarietà al Ventennio, dopo aver  studiato i modi della propaganda fascista, riconosce di aver imparato varie cose e aggiunge: «Compresa perfettamente l’importanza dell’immagine, Mussolini – non diversamente da come agisce una società commerciale d’oggi – pensa di costruirla  attraverso l’inevitabile canale della comunicazione. Proprio per questo, allora, Mussolini si servì della propaganda».

Tuttavia Ceserani non esiterà ad affermare che quei metodi oggi risulterebbero inapplicabili per la quantità di elementi ed uomini in gioco, e per una controtendenza in atto da decenni, così riassunta: «(…) dal consumismo dilagante alla crescita zero della popolazione, dall’urbanesimo in crescita al lavoro rurale agonizzante».

 

Ancora oggi Mussolini sarebbe un quotato copywriter

Palazzo della G.I.L. Gioventù italiana del Littorio, oggi Liceo Classico Mariano Buratti

 

In quell’epoca la scienza della comunicazione non era ancora una facoltà universitaria, anzi, si potrebbe affermare che Mussolini fu il precursore di tale scienza.

Proprio perché l’argomento “comunicazione” non era ancora stato affrontato approfonditamente, Ceserani non può concludere altro se non che Mussolini, seguendo le sue percezioni, fu un pubblicitario istintivo, e che oggi sarebbe stato un copywriter eccellente, cioè l’ideologo, la mente della creatività delle moderne agenzie pubblicitarie. Un istinto così sviluppato che ancora oggi rende il fondatore del fascismo un “caso” di studio e di riferimento.

Ma l’istinto di Mussolini è troppo raffinato e abbraccia un’infinità di competenze specifiche, tanto che può permettersi di insegnare le proprie conoscenze: «Un politico deve essere uno psicologo. Se gli manca questa capacità, gli manca l’elemento fondamentale. Bisogna conoscere la psicologia degli uomini e seguirne le variazioni, in relazione al tempo e allo spazio. Ma per conoscere gli uomini, e soprattutto la loro psicologia di masse, bisogna aver vissuto fra loro».

Inversamente, invece, molti politici degli ultimi decenni, fortunatamente non tutti, si rifugiano nella politica per risolvere il loro problema occupazionale, o per migliorare la propria posizione professionale, non curandosi affatto della necessità di dover fare esperienza tra la gente per capirne realmente le necessità, affinché la loro attività politica diventi un vero e proprio servizio alla comunità. Ma su questo argomento ciascun lettore potrebbe scrivere un proprio libro sul genere La Casta di Sergio Izzo e Gian Antonio Stella.

Personalmente ricordo che un giorno, nell’ufficio di un politico all’epoca importante, nel vivo di un dialogo rispettoso ma animato, provai a rappresentare un problema, ma quando pronunciai «Perché la gente comune….», fui subito interrotto. Quel signore delle “Camere romane”, parlandomi sopra con tono di voce più alto e con timbro autorevole, volle stravolgere la mia frase prima che la completassi, e disse: «La gente comune si chiama così perché non conta un .... (nulla)!» Spero soltanto che non tutti i politici che contano oggi la pensino così.

Nel periodo di massimo splendore, Mussolini confeziona, come un sarto, slogan e frasi d’effetto, così ben calibrati che calzano a pennello su ciascun italiano, sia in Patria che all’estero. Frasi e motti più facili da ripetere che da concepire, massime e viatici per affrontare le giornate, e che racchiudono in loro ingredienti insostituibili, necessari per far entrare tra le masse, in due battute, pensieri più estesi e complessi, renderli comprensibili e armonici, farli diventare propri di ciascuno e d’effetto per chiunque li avrebbe pronunciati e ascoltati innescando, così, un meccanismo tale che, ancor prima della radio, diffonderà un’ideologia, una speranza, una volontà, uno stile, un programma, un obiettivo non da  raggiungere, ma raggiungibile nella misura in cui ciascun italiano sarebbe riuscito a gestire la propria forza di volontà.

Nella prossima uscita:

Come nei mercati azionari le “quotazioni” salgono e scendono

Un contorno... Indigesto che deve essere considerato

Un Mussolini antiborghese nel sangue

Il popolo gli fu fedele più dei gerarchi

Maurizio Pinna 

(Fonte e riferimenti bibliografici: Viterbo dal fascismo alla guerra con uno sguardo ai giorni nostri, Maurizio Pinna, 2011).