Viterbo STORIA Settimo incontro con i lettori de La Città (www.lacitta.eu)
Maurizio Pinna

I precedenti articoli

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5 - Ventennio: Fu propaganda o comunicazione? Dal Ventennio a oggi nulla è cambiato

4 - I bombardamenti sembrano una festa. Ma è propaganda militare
3 - I bombardamenti su Viterbo. Incursioni aeree di febbraio 1944
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1 - Bombardare Viterbo! 1943-1944. Un volantino rarissimo svela i metodi della propaganda

Benito Mussolini sulla bicicletta Bianchi

In questa uscita il lettore troverà alcune curiosità e situazioni osservate con serenità da un’angolazione insolita. Marginalmente sarà nominato Orte come località di arresto di Alessandro Mussolini, padre di Benito.

Un uomo amato e odiato, che non passò inosservato

Sul Capo del Governo, Mussolini, si è perfino studiato il timbro di voce, le pause nei suoi discorsi, le espressioni del volto e la postura del corpo; si è affermato un suo interesse per gli scritti politici di Oswald Spengler, e si è più volte ricordato Gustave Le Bon come suo ispiratore in quanto autore del libro “Psicologia delle folle” pubblicato nel 1895.

Il Duce praticava tutti gli sport: nuoto, scherma, cavalcava cavalli, sciava, pilotava aerei, auto, moto e biciclette, giocava a ping pong; inoltre suonava il violino, era un cultore del teatro, giocava con il suo leoncino e dirigeva le manovre militari.

«Troppa roba, lo faceva per farsi notare» è il commento finale che abbiamo sempre ascoltato. In realtà, ricorderà la nuora Maria Scicolone: «Diceva spesso che desiderava, con l’esempio, suscitare negli italiani l’amore per lo sport, sottraendoli il più possibile al rito della pastasciutta, del sonnellino pomeridiano e del mandolino». Una cosa, però, è certa, tutto ciò lo faceva veramente, anche se a tennis, è risaputo, lo dovevano far vincere.

Ma quale ragionier Fantozzi, in un contesto simile, non farebbe vincere il proprio capo ufficio?

Allora, tornando a tutte quelle attività che svolgeva il Capo del Governo, c’è da chiedersi, ma perché non lo fanno anche gli altri quello che faceva Mussolini, sempre che

ne siano capaci? Dov’è il male nel praticare tante discipline e attività?

Per quanto riguarda la comunicazione, anzi la sua capacità comunicativa, si dovrebbe ricordare in quale contesto è nato e vissuto Mussolini, per comprendere cosa lo rese così vicino e comprensibile al linguaggio degli italiani sin dagli anni antecedenti il Primo conflitto mondiale.

Vissuto sempre tra il popolo, non ebbe come figura paterna un notabile o un medico, bensì un fabbro che l’aveva con il mondo intero per la sua condizione di grande lavoratore con scarso denaro. Del padre, Mussolini, ricorderà: «Mio padre fu consigliere comunale e sindaco di Predappio; se certe opere di indiscutibile utilità pubblica furono eseguite, lo si deve in gran parte a mio padre, che non si stancava di insistere presso chi di ragione. Però le autorità politiche lo tenevano sempre d’occhio». (M.Sarfatti, DVX, p. 19).

Il 9 luglio 1902, Mussolini, mentre si trovava alla stazione di Chiasso, nell’attesa del treno che lo doveva portare nel centro della Svizzera, ricorda la Sarfatti nel citato libro a p. 56: «(...) presi il Secolo, e fui non poco stupito e addolorato quando in una corrispondenza trovai la notizia dell’arresto di mio padre. A Predappio ed a Orte gli elettori di parte socialista e popolare avevano fracassato le urne per impedire la vittoria ai clericali; l’autorità giudiziaria aveva spiccato diversi mandati di cattura e uno di questi aveva colpito mio padre».

E ancora un’altra citazione del padre, raccontato dalla Sarfatti ricordando Arnaldo, nei primi giorni che andò a sostituire il fratello Benito alla direzione del Popolo d’Italia: «Nel bisogno di sfogo di quei primi momenti, Arnaldo proruppe in confidenze: “Il mio povero padre, pareva se la sentisse! Quando rifiutarono a Benito il posto di scrivano comunale, tanti anni fa, sgridò pubblicamente il sindaco e i consiglieri: vi vergognerete un giorno, come si vergogna oggi il paese di Francesco Crispi di non averlo voluto segretario comunale!”.»

Predappio, la casa natale di Benito Mussolini

Piccoli spaccati di vita che delineano il fervore di quella famiglia per la politica, ad iniziare dagli stessi nomi: Benito, in onore di Benito Juarez, il rivoluzionario messicano, che capitanò la rivolta contro Massimiliano d’Austria; Arnaldo, dedicato ad Arnaldo da Brescia, un altro santo del calendario sovversivo. (M.Sarfatti, DVX, p. 20).

La madre, maestra elementare, ammorbidiva il clima in famiglia e con il suo esempio creò i presupposti affinché il figlio Benito si avviasse seriamente agli studi, fino a diventare egli stesso un maestro.

Prestissimo iniziò a mantenersi con i propri guadagni, e si può affermare, senza timore di smentita, che Mussolini fu subito un grande giornalista; fu direttore di diverse testate, oltre che fondatore del Popolo d’Italia nel 1914, per cui è corretto dire che Mussolini fu giornalista da sempre e politico poi. Egli aveva il dono e la capacità della concisione, della forza e della chiarezza di linguaggio, acquisiti anche con l’esperienza.

Giuseppe Prezzolini scriverà che: «Fu accertato dai biografi più attendibili di Mussolini che egli era un oratore sempre ben preparato (…). Il Duce non faceva uso di ghosts, di scrittori professionisti, per i suoi discorsi: se li scriveva da sé».

 

Mussolini odia le classi dirigenti

La vicinanza di Mussolini alle masse, a coloro che rappresentano il popolo più  autentico, la esprime chiaramente Ettore Conti nel suo diario: «Devo constatare ancora una volta e con amarezza, come Mussolini eserciti un ascendente, direi ipnotico, sulle masse. Mentre noi, classi cosiddette dirigenti, che egli odia, sentiamo l’artificio delle sue concioni (pubbliche adunanze) e della sua politica, che non abbiamo modo di contrastare, se non con sterili critiche, il popolo si affolla attorno a lui, in dimostrazioni di consenso che ora si chiamano, e sono davvero spesso, oceaniche, e si esalta, e lo esalta, confermandolo nella sua presunzione di infallibilità».

 

Un confronto di linguaggio e di merito

Per fare un confronto del linguaggio di Mussolini, con quello, a volte, incomprensibile, altre volte privo di contenuti, di alcuni politici dei nostri giorni, citerò un passo tratto da Guida pratica all’uso della lingua italiana, Selezione del Reader’s Digest, 1983:

«C’è il sospetto che l’uomo pubblico voglia eludere talvolta i problemi del Paese avviluppandoli in una prosa contorta e vagamente misteriosa, come per scoraggiare il cittadino e tenerlo alla larga da quei problemi».

Ora, per concludere queste riflessioni, riferisco un ipotetico dialogo tra amici, tratto da “Fascio e Martello. Viaggio per le città del Duce”, A.Pennacchi, 2008: «Ma a te pare che uno storico di professione possa continuare a dire per quarant’anni che il Duce ha fatto 12 città, senza accorgersi invece che ne ha fatte almeno 147, tra grandi e piccole? Dice, “Ma come vuoi che sia, è una questione di numeri”. Sì, ma a te non pare che a numeri diversi debba corrispondere diversa interpretazione? Ti pare proprio la stessa cosa? Dice, “Vabbe, ma abbiamo costruito tanto pure noi nel dopoguerra”.

Che ragionamenti. Sono buoni tutti, quando hai fatto i soldi e ti sei ritrovato la strada spianata. Ma quando le hanno fatte loro non c’era una lira e tutte le pianure del nostro Paese – soprattutto nel Centro-Sud – erano completamente abbandonate da secoli.

Erano almeno sette od ottocento anni che la gente s’era ritirata tutta sopra i monti; prima per la difesa dalle invasioni, poi per i latifondi e la malaria. La pianura italiana era un deserto, “un deserto paludoso-malarico” dicono i geografi. E quelli – tra gli anni Venti e Quaranta – sono andati a riconquistarlo con 147 nuove fondazioni. Hanno ripopolato la pianura. E tutto quello che hai fatto tu dopo – ivi compresi purtroppo i disastri, poi dice la democrazia – lo hai fatto solo perché quelli t’avevano tracciato il solco».

Antonio Pennacchi, figlio di coloni dell’Agro pontino, è stato un uomo del MSI, passato nei partiti della sinistra durante le proteste studentesche degli anni Settanta.

Nella prossima uscita:

Mussolini non ha effettuato studi specifici, eppure…

Se il raptus è questo sia benvenuto

Ancora oggi Mussolini sarebbe un quotato copywriter

Maurizio Pinna 

Fonte e riferimenti bibliografici:
Maurizio Pinna, Viterbo dal fascismo alla guerra con uno sguardo ai giorni nostri, 2011.

 

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