Viterbo STORIA L’11 Settembre 1715 iniziarono i festeggiamenti per la Madonna Liberatrice
di Mauro Galeotti

 

 

L'altare della Madonna Liberatrice negli anni '20 del 1900
(Archivio Mauro Galeotti)

da Mauro Galeotti: "L'illustrissima Città di Viterbo", Viterbo 2002

Nel transetto destro, la splendida cappella con l’immagine della Madonna Liberatrice.

Un tempo ivi esisteva la Cappella di sant’Anna, di cui ho scritto poc’anzi, edificata per volere di prete Campana, novarese, con suo testamento del 9 Settembre 1296.

La Cappella di sant’Anna fu eretta infatti tra il 1301 ed il 1319 nell’ingresso della chiesa a destra, ma dal 1320 fu detta della Madonna. I resti di un pilastro della cappella distrutta sono addossati alle mura castellane.

L’immagine in affresco, eseguita verso il 1322, scrive Scriattoli, è attribuita a Donato Bonavere di Arezzo, il quale in quell’anno era a Viterbo. 

Giuseppe Signorelli però afferma che l’attribuzione dell’opera al pittore aretino non ha prove certe. E’ comunque assai probabile che dovrebbe essere stata dipinta, se già non esisteva, quando i Viterbesi il 28 Maggio 1320, videro sulla città, delle apparizioni di demoni e, prontamente invocata la Madonna nella Cappella del Campana, i diavoli affogarono nella pozza del Bullicame.

L’affresco, poiché presentava rigonfiature, screpolature e fenditure, è stato restaurato dal professor Cecconi dal 10 Aprile all’8 Maggio del 1959. Durante il trascorrere degli anni comunque la trovo menzionata ora come Cappella della Madonna, poi come Cappella della beata Vergine Maria.

Nel 1422 l’incendio che devastò la chiesa risparmiò la cappella. Dopo fatta la pace tra le fazioni dei Gatti e dei Tignosi nel 1503, scrive Gaetano Coretini (1774) che «Le Donne Viterbesi in tale congiura si distinsero facendo affiggere alla Cappella della Beatissima Vergine della Trinità una lamina d’argento, in cui si leggono queste parole: Votum divae Mariae / seditionibus remotis. / pace parta / mulieres Viterbienses / constituerunt».

Nel 1623 il Comune, per onorare l’immagine, concesse cento scudi per «un ornamento d’argento intorno alla Madonna» e, due anni dopo, ne dette venticinque per la corona della stessa.
La costruzione della nuova Cappella della Madonna, fu iniziata nel 1672, grazie ad un ingente lascito, del 1661, da parte del nobile viterbese Giulio Gualtieri. Già nel 1624 era stato fatto un memoriale per collocare l’immagine in luogo più adatto. L’altare fu eretto nel 1680, il 29 Ottobre di quell’anno fu distaccato l’affresco della Madonna ed il 9 Novembre fu festeggiato, con solenne processione, il trasporto.

Il 15 Ottobre dell’anno successivo, il Comune contribuì alla spesa per la realizzazione degli sportelli d’argento per serrare l’immagine, col patto però che vi si rappresentasse lo stemma di Viterbo.

Si doveva così procedere all’incoronazione della Madonna e il Capitolo di san Pietro, adunato nel 1696, decretò l’autorizzazione, ma l’avvenimento richiese spese notevoli e quindi l’attesa si protrasse fino al 12 Novembre 1715.

L’11 Settembre 1715 iniziarono i festeggiamenti per la Madonna Liberatrice, il vescovo di Viterbo, Michelangelo Conti, in carica dal 1712 al 1719, la incoronò il 12 Settembre, e furono eseguiti grandiosi addobbi curati dal romano Giuseppe Laurenti.

Si tenne, tra l’altro una corsa di cavalli giunti da Roma, Firenze, Bologna, Orbetello e in premio vennero date cinque canne di velluto cremisi foderato di nobiltà di Firenze. Vinse il cavallo che correva sotto il nome del Principe di Caserta, poi la sera in Piazza della Rocca fu incendiata la «Machina di fuoco artificiale rappresentante il cavallo di Troia», col cavallo che prendeva fuoco. 

Il 13 Settembre si effettuarono un’altra corsa e la processione con il trasporto della Macchina con il piedistallo sostenente la statua della Madonna con quattro angeli agli angoli, sorretta da ventiquattro facchini. Seguirono altre corse e fuochi artificiali nei giorni seguenti descritti mirabilmente sul codice delle Riforme n° 130 c. 49t - 59.

La processione il 12 Novembre 1715 ebbe inizio da Porta Romana, con l’immagine della Madonna, e dopo due ore giunse nella Chiesa della ss. Trinità. Era preceduta dalle trombe, dalla croce del Capitolo con gli accoliti, dalla Confraternita del Gonfalone con i lanternoni e le mazzette d’argento, dagli stendardi con le torce ed i nobili in cappa.

Al seguito erano anche sette macchine (baldacchini), con rappresentati alcuni misteri della Madonna con angeli, a loro volta illuminate da cinquanta lumi ciascuna.

Ben trecento erano le torce sostenute dai fedeli che si dividevano tra una macchina e l’altra. Non mancavano i Padri Agostiniani con i ceri, la musica e il Capitolo in cappa. Chiudeva, ricordano le Riforme, la lunga processione «una macchina altissima al paro delli tetti delle case con l’Imagine di rilievo della Madonna SS.ma, tra quattro alberi di palme invece di colonne, ed in tutti li loro rami vi erano candele, sostenendo una grande corona parimente tutta ripiena di lumi ed un Cherubino che presentava alla Vergine la città di Viterbo ed altre imprese e motti».

La statua della Madonna, secondo padre Giuseppe Rotondi, doveva essere quella stessa di legno che nel 1641 i conservatori di Viterbo fecero scolpire da Natale Fiammingo, di cui ho scritto prima.
Nel 1736 il Comune dette un sussidio di cinquecento scudi per la nuova cappella il cui altare fu opera di Tommaso Sabatini di Roma, e nell’Ottobre del 1746 fu collocata dove la vediamo ancora oggi.

Nel Febbraio del 1798 le truppe francesi depredarono il Santuario, rubando gli ori ed i gioielli della Vergine Maria, dopo questo affronto i Viterbesi, il 15 Settembre del 1901, incoronarono di nuovo la Madonna alla presenza del cardinale Domenico Ferrata, prefetto della Congregazione dei Riti; una lapide è posta nella cappella nella parete sinistra.

Nel 1959 è stata distaccata e restaurata, riportandola allo stato originale, poiché alterata da ritocchi eseguiti attraverso il tempo.

L’affresco rappresenta la Madonna a mezzo busto, assisa in trono cosmatesco col Bambino in piedi, il quale tiene con la mano destra una rosa assieme alla madre e con l’altra un uccellino. Due sportelli in lamina d’argento cesellata chiudono la nicchia, ornata da una cornice a fregi sempre d’argento. Ai lati, in alto, sono due angeli in volo. Sopra all’edicola è una testa d’angelo è poi una cornice di colonne in marmo che sostengono semicuspidi in cui sono due angeli, in marmo, seduti.

Padre Giuseppe Rotondi, nel 1942, riporta la descrizione dell’immagine della Madonna, sul libro Il santuario della Madonna Liberatrice, stilata dal cancelliere Giovanni Agostino De Romanis per ordine del vescovo Adriano Sermattei, ricevuto il 6 Marzo 1727, come ho scritto.

«Il quadro del muro su cui è dipinta la Madonna è alto sei palmi e mezzo, è fasciato di tavole all’intorno. La Vergine è rappresentata a mezzo busto in atto di abbracciare con la sinistra il Bambino Gesù, che sta in piedi in detto lato, e colla mano destra piegata verso il petto, ritiene una rosa col gambo dorato e foglie verdi filettate d’oro. 

Il Bambino colla mano destra tiene unitamente alla Vergine detta rosa, e colla sinistra tiene in pugno un augelletto col becco dorato. La Vergine è vestita di sotto di tonaca rossa con velo bianco in testa, ricoperta poi tutta con manto di colore ceruleo dorato nelle estremità, con due stelle dorate, una piccola nella parte che ricopre la fronte, e l’altra più grande sopra la spalla destra. Il Bambino è vestito con tunica bianca arabescata, con lavoro parimente bianco con stellette dorate. 
Il fondo del quadro è di color rosso venato di nero, ed intorno alle teste sì del Bambino che della Vergine vi sono i diademi dorati.

Nei due angoli superiori del quadro si vedono dipinti due mezzi busti di Angeli con turiboli nelle mani; in giro del quadro vi è dipinta una fascia di color giallo, che nella parte superiore figura una frangia dell’istesso colore».
Assai ricco è l’altare sottostante sorretto da colonne di marmo scuro, con specchi di alabastro e conchiglie in oro zecchino.

Vi sono conservati numerosi ex voto ed in alto al centro si può ammirare una tavola in argento massiccio, Rotondi scrive che è di rame dorato, che ha sostitutito quella del peso di 14 libbre donata dai Viterbesi, di cui ho riferito.

A destra ve n’è un’altra del 1980 opera di Massimo Lanzi, donata anche questa dal Comune alla Madonna. Risale al 1981 la vetrata dipinta dal viterbese Felice Ludovisi, che chiude la finestra centrale.

A sinistra della cappella è il monumento funebre in marmo con il busto in una nicchia di Anna Riccioli - Cristofori del 1870 con lo stemma di famiglia. Sempre a sinistra, ma più vicino all’Altare della Madonna, è l’epigrafe in marmo del 1901:
XVII Kal. Octobr. MCMI / Dominicus presbyter card. Ferrata / tituli sanctae Priscae / archiep. Antonio Mª Grasselli / viterb. ecclesiae praesule / Nazareno Proposta / priore fratr. eremit. S. Augustini / ad ss.mae Trinitatis / ex decreto capit. S. Petri de Urbe / thaumaturgam effigiem / deip. Virg. sub nom. Liberatricis / aurea corona iterum exornavit / quam populus viterbiensis / tot beneficiorum memor / suae coelesti patronae / pie obtulit.

Sulla destra è l’iscrizione su marmo del 1950:
Maria / regina della creazione / che Pio XII / il 1° Novembre 1950 a. s. / proclamava assunta al cielo / nelle membra incorruttibili / con l’antica perenne certezza / congiungendo più ardenti aspirazioni / di popoli / anelanti dopo guerre immani / alla pace di Cristo / fu / in questo suo tempio vetusto / il 5 Nov. 1950 a. s. / per la prima volta dopo tanto evento / con solennissimo rito onorata / da S. Ecc. plaudenti clero e popolo viterbesi / Mons. Adelchi Albanesi vescovo / i Padri Agostiniani a ricordo / p.p.

da Mauro Galeotti: "L'illustrissima Città di Viterbo", Viterbo 2002

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