Viterbo STORIA Un importante studio dello storico Romualdo Luzi su un monumento troppo trascurato e poco compreso nella sua storia viterbese
di Romualdo Luzi

Gamelio o Piatto d’amore commissionato per le nozze di Pier Luigi Farnese e Gerolama Orsini

Il “Casaletto del Padreterno”, salito alle cronache viterbesi con questo giornale diretto dall’amico Mauro Galeotti per il suo stato di abbandono, degrado e una prima pulizia nel settembre del 2014, torna nuovamente a far parlare di sé perché, tornato allo stato precedente, è stato nuovamente ripulito a cura del Comune di Viterbo.

All’epoca la storia mi era apparsa subito molto intrigante ma, per una serie di avverse circostanze, non ebbi tempo e modo di approfondirla adeguatamente.

Comprendo che l’attuale collocazione del monumento, posto al centro un fazzoletto di terra triangolare posto lungo la strada Capretta, non consente un adeguato restauro conservativo e soprattutto una giusta protezione ma, forse, mi auguro che il proprietario di questa testimonianza storica trovi motivo di riappropriarsi di un bene artistico che ha una sua precisa storia.

Riassumo, per comodità dei lettori, quanto da te, Mauro, raccontato nel volume su "L'illustrissima Città di Viterbo": la Cappella o il cosiddetto “Casaletto del Padreterno” è costituito da un piccolo edificio con tetto a un solo spiovente, l’interno era a due piani con camino e una piccola finestra per la luce.

Sull’architrave dell’ingresso è inciso I.N. + R.I. (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum).

 

Facciata della Cappella o Casaletto del Padreterno lungo la strada Capretta
(foto Mauro Galeotti, 2014)

Sulla facciata appare un’edicola con cornice in peperino fatta ad arco, sulla cui chiave appare una croce affiancata dalle parole Ave-Maria.

All’interno un affresco policromo rappresenta una Madonna con Bambino purtroppo molto degradata. Sopra l’edicola, graffito con pittura monocroma, è collocata l’immagine del Padre Eterno benedicente col globo terracqueo tenuto con la mano sinistra e due angeli portaceri.

 

Facciata del Padreterno la cui figura è incisa su pittura monocroma
(foto Mauro Galeotti, 2014)

 La gronda del tetto protegge ancora un fregio graffito in pittura monocroma, costituito da pennacchi e bandelle.
Su queste ultime sono alternati il giglio farnesiano e la rosa ursinea.
I pareri dello storico Attilio Carosi e dello storico dell’arte Fulvio Ricci ritengono che l’opera sia stata eseguita, su committenza dei Farnese e degli Orsini, negli anni tra il 1510 e il 1520.

Questa la storia fin qui conosciuta.

 

Parte superiore del Casaletto del Padreterno. Si nota il fregio formato da graffito in pittura monocroma, costituito da pennacchi e bandelle. Su queste ultime sono alternati il giglio farnesiano e la rosa ursinea
(foto Mauro Galeotti, 2014)

Queste vicende trovano pieno riscontro con quanto accaduto nelle terre farnesiane proprio in quegli anni: il 26 marzo 1513 tra il cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III, e Ludovico Orsini, conte di Pitigliano erano stati stipulati i patti nuziali, per verba de futuro, relativi ai rispettivi figli, il primogenito Pier Luigi da una parte e Gerolama dall’altra, allora entrambi dell’età di 10 anni.

Un matrimonio, come si vede programmato con tanto di rogito notarile, soprattutto dal card. Alessandro perché intendeva assicurare alla sua casata una sicura discendenza, anche perché le sue mire verso il pontificato potevano richiedergli l’ordinazione sacerdotale che, in qualche modo,  gli avrebbe potuto creare difficoltà in questo percorso.

Diverrà sacerdote soltanto la notte di Natale del 1519 con la celebrazione della Santa Messa nel duomo di Parma, di cui era vescovo fin dal 1909.

 

Il Duca Pier Luigi Farnese (1503-1547) in un dipinto del Tiziano

 

 

La Duchessa Gerolama Orsini (1503-1569, ritratto di anonimo

                                                          

Matrimonio combinato, come ben si diceva allora, ma che vive anche di un alone romantico. Le famiglie delle vicine signorie erano solite organizzare alcune battute di caccia nella vicina Selva del Lamone, posta nel territorio di Farnese.

Ad una di queste uscite erano presenti anche i nubendi, che  ormai erano cresciuti e avevano raggiunto circa i quindici anni, e così “Pier Luigi ebbe agio di conoscere ed ammirare la bella e dolcissima figlia del Conte Ludovico, a nome Gerolama. Da quell’incontro sbocciò idillio d’amore”, come racconta uno storico pitiglianese.

I preparativi delle nozze si fecero allora più pressanti e la coppia, secondo la documentazione esistente, si unì in matrimonio presso la Chiesa Collegiata di San Giovanni Apostolo ed Evangelista di Valentano, il 19 gennaio1519, alla presenza del Card. Alessandro Farnese, di Ludovico Sforza e di suoi famigliari, di mons. Raffaello Petrucci, Vescovo di Grosseto, all’epoca amministratore della Diocesi di Pitigliano che, nell’occasione, fece omaggio agli sposi di un boccale con il suo stemma familiare con la “sega” blu su fondo giallo.

Agli sposi furono donati altri due boccali stemmati quello della famiglia Carafa, per la probabile presenza dell’arcivescovo Gian Pietro Carafa (papa Paolo IV nel 1555) amicissimo dei Farnese e di qualche familiare del Duca di Calabria.

Per l’allestimento della festa nuziale fu commissionato dal Card. Farnese una credenza di piatti decorati con lo stemma bipartito Farnese/Orsini. Durante i lavori di restauro della Rocca-Palazzo di Valentano (1987) in un “pozzo” di scarico o butto è stato ritrovato uno di questi piatti e altri frammenti che testimoniano come ve ne fossero di varie misure, unitamente ad altri piatti e boccali con simbologie d’amore.

 

Gamelio o Piatto d’amore commissionato per le nozze di Pier Luigi Farnese e Gerolama Orsini celebrate a Valentano nel 1519
(Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese di Valentano)

Delle feste matrimoniali non abbiamo alcuna cronaca ma possiamo immaginare che per l’occasione, come costume, si stette a banchetto per diversi giorni con balli, feste di saltimbanchi, giullari, poeti, cantanti e musicanti.

Ebbene a questo matrimonio, a nostro parere, va legata la struttura della Cappella o Casaletto del Padreterno. La fattura dello stesso, i suoi decori e i valenti pareri di studiosi di storia e d’arte, sopra riportati, ci confortano in questa nostra affermazione.

Possiamo aggiungere, da parte nostra, che si tratti di un ex-voto che gli sposi hanno elevato al Padreterno dopo la conclusione del matrimonio del 1519. Certamente non prima perché ben sappiamo, come all’epoca, patti matrimoniali solennemente sottoscritti potevano essere revocati con una certa diplomazia o, anche senza, rompendo i patti magari con qualche dispetto, scaramuccia o piccoli scontri.

Sappiamo che Pier Luigi e Gerolama erano soliti trascorrere molto tempo, oltre che nel Castello di Valentano (ove nacquero tutti i loro cinque figli: Vittoria, Alessandro, Ottavio, Ranuccio e Orazio) anche nel loro magnifico palazzo di Viterbo, eretto nei pressi del ponte del Duomo (parte del vecchio ospedale) dal capitano della Chiesa Ranuccio I Farnese nel 1431, ornato da stemmi araldici familiari con il mitico “unicorno” sul portale d’ingresso e una serie di gigli sulle tre bifore laterali.

Probabilmente, per quanto testimoniato dalla storia la coppia era certamente di una religione piuttosto viva, ma ci vien da suggerire. soprattutto da parte di Gerolama di cui si conosceva già e si affermerà poi la sua grande devozione mentre Pier Luigi conservò una “cattiva fama” per alcune perversioni proverbiali. Per espiare le colpe del marito, Gerolama fece addirittura costruire, su disegno di Antonio da Sangallo il Giovane, la Chiesa ottagonale della Madonna di  Montemoro nei pressi di Montefiascone ove spesso si recava a pregare, come pure, più tardi, elevò fervide preghiere alla Madonna della Quercia quando il marito, già duca di Castro e Ronciglione (1537), era divenuto Duca di Piacenza e Parma (1545).

Viveva nel nuovo ducato, lontano dalla famiglia, con seri pericoli per la sua incolumità. Preoccupazioni che la Orsini vide confermate quando, nel corso di un complotto di nobili piacentini, il marito fu sgozzato nella congiura di Piacenza del 10 settembre 1547 con il corpo gettato nel fosso posto sotto la Cittadella.

La pia donna, oppressa dal dolore, fece disporre che i resti mortali del marito, una volta raccolti a Parma, fossero portati nelle terre del Ducato di Castro e fossero sepolti nel mausoleo di famiglia, posto nella Chiesa di San Giovanni Battista, anch’esso eretto nel 1449 dal succitato Ranuccio I Farnese, nell’Isola Bisentina.

Oggi il mausoleo è stato trasferito nella nuova chiesa voluta dal Card. Alessandro Farnese, juniore, nel 1588 e dedicata ai Santi Cristoforo e Giacomo ed eretta su progetto dell’arch. Giovanni Antonio Garzoni da Viggiù, già aiutante del Vignola fin dalla costruzione del Palazzo Farnese di Caprarola.

Un’ultima annotazione viterbese: da vedova, la Duchessa Gerolama Orsini Farnese, nel 1557, istituì a Viterbo, presso la Chiesa della Visitazione, il Monastero omonimo che fu denominato anche “della Duchessa”.  Chi volesse entrare in questa Chiesa troverà sulla sommità dell’altare, lo stesso stemma Farnese/Orsini che aveva adottato al tempo del suo matrimonio.

Romualdo Luzi

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