Viterbo POLITICA
Coordinamento Provinciale Viterbese Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista

Quel 3 dicembre decidemmo, nonostante la piena consapevolezza delle difficoltà che avremmo incontrato,

di unire le forze e costruire un’alternativa capace di ridare speranza a lavoratori e lavoratrici, a precari, a disoccupati e disoccupate, a studenti e studentesse, alle donne, a quel grande popolo della sinistra che negli anni è stato dimenticato, decidendo ricolmo di rabbia, di credere nell’astensione o alle illusioni del populismo del Movimento 5 Stelle o peggio ancora nel radicalismo della Lega.

Le cose non sono andate come sperate, in seguito ad errori dei quali il gruppo dirigente si è assunto la responsabilità: quali la debolezza della comunicazione, l’assente radicalità in certe proposte, incertezze, pluricandidature imposte dall’alto con il mancato rinnovo della classe dirigente e d’un pensiero ideologico capace di suscitare passione fornendo una visione del mondo in netta discontinuità con le riforme di questi ultimi anni.

Tuttavia ad una doverosa e approfondita analisi, non ne è conseguita una altrettanto doverosa reazione; dopo mesi di silenzio, sembrava essersi ravvivato con nuovo slancio il percorso costituente di Liberi e Uguali, con la proposta d’un cammino a tappe che avrebbe dovuto coinvolgere militanti, territori e singole personalità nell’elaborazione di tesi rappresentanti le basi valoriali e programmatiche sulle quali costruire un grande partito unico della sinistra di cui l’Italia necessita. Malgrado queste premesse avanzate dalla dirigenza, l’estate è stata caratterizzata da un grande silenzio e dalla totale mancanza di coinvolgimento dei militanti che avevano e continuano ancora a crede nonostante tutto in quell’ambizioso progetto.

Dopo la costituzione del comitato promotore nazionale c’è stato il nulla a dispetto di quanto annunciato, e malgrado qualche sporadica iniziativa di singole personalità più o meno di spicco, il gruppo dirigente e rimasto incapace di mettere in cantiere ne un percorso partecipato ne a ridare nuova linfa ad un progetto. Resta un dato di fatto: che allo stato attuale pare che la proposta restia congelata, facendo che molti compagni abbiano abbandonato anche se a malincuore.

Noi chiediamo un’inversione di tendenza in questi ultimi momenti della fase pre-congressuale e per tutta la durata di quella congressuale. Bisogna ristabilire il dialogo fra classe dirigente e rappresentanze territoriali, concretizzare le promesse di coinvolgimento nel processo di definizione programmatica/ideologica e rilanciare con forza il progetto, perché un paese caratterizzato da disuguaglianze sociali tra le più alte d’Europa, (povertà diffusa, precarietà, immobilità sociale e tensioni sociali), non può rimanere senza una sinistra capace di parlare alle vittime di un capitalismo sregolato, inumano e costruito su misura per i pochi ricchi desiderosi di consolidare ulteriormente la loro posizione.

Per fare questo risulta imprescindibile introdurre nuove leve, formare nuovi quadri dirigenti, forse più in grado di comprendere, elaborare e comunicare risposte alle sfide che attendono l’intera umanità oggi e nel futuro, quali l’impatto dell’automazione sul mercato del lavoro (e come sfruttare la tecnologia affinché crei un benessere collettivo più diffuso, piuttosto che concentrare il potere nelle mani di pochi), il riscaldamento globale e le sue conseguenze innescando una transizione verso una società ecosostenibile, la problematica posta dai nuovi flussi migratori

Dobbiamo rimettere al centro dell’elaborazione politica la società e non il mercato, uscendo da quella logica imposta dagli ultimi governi di centro-sinistra dove anche la sinistra si è trovata invischiata a partire dagli anni ’90: quasi vent’anni caratterizzati da subalternità al neoliberismo, credendo che la globalizzazione avrebbe creato da sé prosperità per l’intera società nel suo complesso e che sarebbe bastato smussare qua e là per controbilanciare i contraccolpi, credenza smentita dai fatti.

Viviamo infatti in una società nella quale le diseguaglianze hanno continuato a crescere, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, allargando gli strati di povertà che oggi si rinforza. Dopo anni di conquiste sociali, attualmente i diritti sociali e le leggi di tutela del lavoratore sono stati abbattuti per compiacere il mondo dei padroni e della finanza e manca poco al completo smantellamento dello Stato Sociale per soddisfare “gli obblighi dell’austerità” imposta dalla destra conservatrice europea ed una casta di tecnocrati, costruita su basi liberiste ben enunciate nei trattati europei, che si discostano profondamente dall’originale spirito d’integrazione europea enunciato da Spinelli nel “Manifesto di Ventotene”. 

In vista al fondamentale appuntamento delle europee di maggio, il tema europeo dovrà essere al centro del nostro dibattito, visto che queste elezioni rappresenteranno uno spartiacque dal passato e che potrebbero quindi cambiare il volto dell’Europa.

Dopo essere riusciti a tenere sotto scacco i socialisti, i popolari hanno deciso questa volta, con la candidatura di Weber alla presidenza della Commissione Europea sopportato dalla Merkel, di rompere la grande coalizione che ha sorretto la commissione Juncker, per tentare la formazione di un fronte nazional-liberista insieme agli euroscettici e nazionalisti, saldatura che se si dovesse concretizzare, ci consegnerebbe un’Europa ancora più austera, vittima degli egoismi nazionali e la realizzazione della così detta “Fortezza Europea”, caratterizzata da completa chiusura verso gli immigranti in chiave securitaria e nazionalista, sancendo definitivamente la fine della tradizionale e storica apertura del continente nei confronti della solidarietà, preferendo compiacere i demagoghi e i più bassi istinti, piuttosto che impegnarsi per la gestione di un fenomeno globale, che se ragionato adeguatamente a livello comunitario e in modo coordinato, potrebbe trovare altre soluzioni ed eliminare il problema.

Questo costringe tutta la sinistra ad una profonda riflessione e alla costruzione di un fronte socialista, alternativo al liberismo ed al nazionalismo populista ed euroscettico suo alleato oggettivo, accantonando quindi qualsiasi ipotesi d’improbabili sacre alleanze, che avrebbero come obbiettivo la semplice conservazione dello status quo di un’Europa disfunzionale, piuttosto che una spinta propulsiva al riformismo di cui invece necessiterebbe, sia a livello istituzionale che economico.

Liberi e Uguali dovrà essere una forza autonoma, sicuramente non autosufficiente, ma non dobbiamo basare la nostra azione politica in relazione a quello che accade nel Partito Democratico, non possiamo permetterci d’aspettare un fantomatico congresso o una “Rifondazione Democratica” o un’altra scissione proclamata da chi ha contribuito a distruggere, noi vogliamo un importante rinnovamento, crediamo che non si possa ricostruire sulle macerie con gli stessi soggetti. L’ambiguità su questo tema ha sicuramente giocato un ruolo determinante nel risultato elettorale e non possiamo permetterci che comprometta anche la formazione di Liberi e Uguali.

Allora avanti con la costruzione di questa casa comune che accolga tutte le persone che avranno il piacere di rifondare una sinistra giovane, dignitosa, rispettosa, trasparente e libera ... “NON PER POCHI...MA PER TUTTI”.