Viterbo POLITICA
Claudio Santella

Carlo Arturo Jemolo, insigne giurista

Qualche tempo fa il Direttore de “La Città” pubblicò, sotto il titolo “E’ una questione di educazione” una mia chiacchierata attraverso la quale affrontavo, a volo di uccello, alcuni temi pertinenti la riforma costituzionale che, domenica prossima, saremo chiamati a votare.

In quella occasione promisi ai miei venticinque lettori che sarei tornato sull’argomento: eccomi quindi di nuovo a tediare quanti vorranno avere la pazienza di seguirmi in questa ulteriore dissertazione in materia che, per rendere meno noiosa, dividerò in più chiacchierate.

Non sono contrario, si badi bene, alle riforme costituzionali, ma sono contrario a questa riforma, sia per il suo contenuto, sia per come è stata formulata, o, per meglio dire, imposta.

Già ho avuto modo di dire che una riforma costituzionale di tal fatta, cioè a dire non di questo o di quel singolo articolo, deve essere il frutto di una assemblea costituente la quale sia espressione univoca di larghe maggioranze che, a loro volta, libere nel decidere e nello esprimersi, abbiano a partorire norme che siano spirito, vita e legame unitario di una Nazione.

Questa riforma costituzionale non è espressione di una assemblea costituente e non esprime niente di tutto ciò: mira a dividere e non ad unire, riduce le norme costituzionali, da meri garanti dei cittadini, a strumenti dell’esercizio del potere, di quel potere da cui quegli stessi cittadini debbono, per contro, proprio attraverso quelle norme, essere tutelati e garantiti nei loro diritti. Soprattutto per questo sono contrario.

Leggendo tra le righe della proposta di riforma si avverte, in generale, una mancanza di tutela nei confronti dei cittadini, una mancanza di tutela che si ripete troppo spesso; troppe cose non vanno e in questo non andare delle cose si avverte la presenza di un fastidio impalpabile, si ha la sensazione che ci sia qualcosa di marcio e che il sistema, a sua volta marcio, lasci correre proprio perché tale.

La gente, troppe volte, se non sistematicamente, delusa,  non ha più fiducia nelle istituzioni, nel loro modo di agire, nelle loro proposte, nè sembra che si possa dar torto a chi prova questa diffusa diffidenza.

Questa riforma non dà risposte a tali esigenze: per fortuna questa riforma è ancora una proposta.

Non sono le norme costituzionali che non vanno, e che debbono per ciò stesso essere cambiate, sono gli uomini addetti all’amministrazione pubblica di ogni ordine e grado che non vanno e che debbono, loro si,  essere cambiati, e non solo fisicamente.

Questa ultima espressione di politici, preposta alla amministrazione della cosa  pubblica, non mi sembra diversa dalle precedenti: l’unica cosa di diverso che le è propria, e che la distingue dalle altre, è la mancanza del consenso popolare.

Certe affermazioni degli attuali gestori della cosa pubblica non sono che alcune delle tante conseguenze dovute alla mancanza di un consenso popolare, perché il consenso popolare, non tanto in sé quanto nella ricerca del consenso stesso, matura.

Non mi si vengano a dire assurdità sulla attuale costituzione, tra l’altro già sufficientemente peggiorata dalla forma originale, soprattutto da parte di certi soggetti, alquanto discutibili, i quali fino a ieri non hanno fatto che pontificare le bellezze della nostra costituzione definendola la più bella costituzione del mondo e profferendo nei riguardi della stessa altre amene assurdità del genere.

Chi, ormai, ha qualche primavera sulle spalle difficilmente si lascerà gabbare dalle affermazioni di costoro.

Non è una questione di SI o di NO su questa o quella singola norma, è una questione d’insieme, perché non si può mettere il potere nelle mani di questo o quel soggetto lasciando poi al medesimo la facoltà di gestirlo inaudita altera parte.

Già Carlo Arturo Jemolo, insigne giurista che di diritto se ne intendeva come pochi, ebbe a dire, in qualche suo scritto corsaro, che il difetto più grave della democrazia italiana è nella mancanza degli uomini, sottolineando che è perfettamente inutile modificare le leggi se poi non si hanno uomini onesti, dal cuore puro, che ne garantiscano la realizzazione del fine attraverso l’osservanza delle stesse norme e l’esempio diretto. E di uomini di tal fatta, mi spiace dirlo, non mi sembra di vederne, nemmeno all’orizzonte.

Una ragione di più, quindi, per consentire alle norme costituzionali di esercitare un controllo sulla gestione del potere, controllo che la attuale proposta di riforma costituzionale non solo non garantisce, ma tende a sovvertire.

Forti del supporto del potere economico, questi amministratori, forse amminestratori è un termine più adatto, vogliono modificare la costituzione a loro uso e consumo, per arricchire unicamente il loro già lauto desco, e vogliono farlo impunemente, garantendosi l’immunità.

Se solo pensassimo che la maggior parte delle nuove norme riformatrici  è stata imposta a colpi di fiducia saremmo senz’altro più prudenti nei nostri giudizi.

Se solo pensassimo, poi, che la fiducia è stata richiesta non a persone libere di decidere, seppure parlamentari, ma a persone che proprio perché occasionalmente e strumentalmente parlamentari, avevano interesse a conservare le loro belle poltrone, dalle quali un voto contrario le avrebbe allontanate, saremmo ancora più prudenti.

La costituzione  è e deve essere una norma regina alla quale sono sottomesse tutte le figure istituzionali: con l’attuale riforma si vuole, al contrario, mettere la costituzione al servizio di quelle stesse figure istituzionali, in primo luogo del Governo.

Le parole di Gustavo Zagrebelsky, illustre giurista nonché presidente emerito della Corte costituzionale, quando afferma che la costituzione è un insieme di norme fondamentali che un Popolo si dà quando è sobrio per osservarle quando è ubriaco, debbono risuonare chiare e forti nel cuore e nella mente dei cittadini, e non solo al momento del voto. 

Ritengo, per il momento, miei cari lettori, di avervi  intrattenuto abbastanza; a risentirci, con il vostro consenso, alla prossima. Ottime cose a Voi.

Claudio Santella

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