Viterbo POLITICA
Andrea Stefano Marini Balestra


Andrea Stefano Marini Balestra

Nell’avvicinarsi della data del Referendum costituzionale, il nostro giornale desidera con semplicità illustrare ai lettori il raffronto tra le vigenti norme della Costituzione del 1947 ed il progetto di Riforma votato dal Parlamento, ma sottoposto ex art. 139 C. all’approvazione definitiva del corpo elettorale.

Abbiamo già espresso riserve sulla facoltà di un Governo sorretto, anche surrettiziamente, da parlamentari eletti con una legge elettorale per ben DUE VOLTE bocciata dalla Corte Costituzionale, che, quando dichiara anticostituzionale una legge determina la sua decadenza dopo la pronuncia, quindi, per il principio della continuità dello stato, resta in vigore per quanto legiferato in precedenza, pertanto politicamente, questo attuale Parlamento, solo “autorizzato” a emanare leggi ordinarie, non certo proporre una riforma costituzionale ed al particolare che ex art. 138 c. della Costituzione è permessa solo una revisione, non riforma.

Senza scomodare i vocabolari della lingua italiana, tra revisione e riforma ce ne corre !

Esaminiamo oggi l’art. 48 della Prima Parte della costituzione (Diritti e doveri dei cittadini), quindi quella parte ritenuta “intoccabile” perché testo della cosiddetta “Costituzione più bella del mondo” (ricordate Benigni !).

Ebbene il nostro Governo “riformatore” benché proprio per essere governo doveva essere alieno da ogni riforma costituzionale, in quanto essendo la Costituzione una regola che si da il popolo non un governo che è un’istituzione all’interno di essa, mai viceversa (le norme costituzionali restano, mentre i governi passano).

Ricordiamo in questa occasione il monito del Costituzionalista Calamandrei (autore dell’attuale Costituzione) che in una assemblea costituente, i banchi del governo devono restare vuoti, invece il Governo Renzi (lui in persona come capopolo di una fazione) nonostante affermi il contrario, propone a gran voce di cambiare anche un articolo della Prima Parte.

L’art. 48, come vedete dal raffronto, parla del voto degli italiani all’estero, cioè della loro facoltà votare il parlamento, cosi come fanno i cittadini residenti sul territorio nazionale, ma, per effetto della “riforma” essi potranno solo votare per l’elezione della Camera dei Deputati, essendo stato negato per tutti il voto diretto dei Senatori.

Però che accade ? Che mentre noi sul territorio nazionale siamo ancora “abilitati” al voto amministrativo (per l’elezione di amministratori comunali e regionali), i cittadini all’estero no, per cui essi, al contrario di noi che, bene o male, faremmo far diventare senatore chi un certo senso ha ottenuto un voto popolare.

Loro, invece no.

Quindi un vulnus alla sovranità popolare espressa dal primo comma dell’articolo 48 C.: “sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”.

Se la “riforma” passa (vittoria del SI), i cittadini italiani all’estero subiranno compressione del loro diritto di elettorato attivo, perché solo limitato all’elezione della Camera dei Deputati.

A noi, presenti in Italia resterebbe solo la soddisfazione di veder diventare senatori quello che avevamo votato come sindaci, governatori e consiglieri regionali.

Che forse i cittadini iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani residenti all’estero) non sono anch’essi destinatari delle leggi formate nel Parlamento ?

A Voi la risposta ed il consiglio di dire un NO ad una riforma che viola addirittura il diritto di voto, fondamentale premessa di ogni democrazia parlamentare.

Andrea Stefano Marini Balestra

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