Viterbo LIBRI e VIDEO A FINE ARTICOLO
Romualdo Luzi

Da quando frequento Viterbo, e di anni ne sono passati, una delle maggiori curiosità costituivano per me i resti della Chiesa delle Fortezze. Naturalmente nelle opere di carattere generale riguardanti la città mi ero andato pian piano a leggere quanto i vari autori avevano scritto circa i ruderi di questo monumento e, in questo modo ero riuscito a ripercorrere un po’ della straordinaria storia della possibile Chiesa “Bramantesca” mentre del cenobio ero riuscito a saperne soltanto dell’esistenza.

Mi affascinavano le decorazioni superstiti che, spesso, mi trovavo ad osservare con attenzione dall’esterno e mi immaginavo come dovesse essere un simile monumento prima che i bombardamenti dell’ultimo conflitto l’avessero ridotto nello stato in cui si trova. Non sapevo della demolizione delle mura superstiti al bombardamento che, come l’abside, dovevano e forse potevano essere conservati in qualche modo considerato che molti interventi che hanno riguardato i monumenti viterbesi, pesantemente danneggiati dai bombardamenti avevano trovato in molti casi un equilibrato restauro, per quello che sono le mie conoscenze tecniche.

Ma doveva restare questa “ferita” per farci comprendere quanto di bello ha perso la città, non solo in questa porzione, ma in tanti altri monumenti importanti e superbi che, comunque restano a testimonianza di un passato di rara bellezza e assolutamente considerevole (se pensiamo, per esempio, solo allo “Stallone del Papa” che sta rinascendo a poco a poco con sorprendenti risultati architettonici e artistici).

Il lavoro che Antonio Cignini ci presenta oggi, in questa ponderosa e attenta pubblicazione (Antonio Cignini, Chiesa bramantesca e cenobio delle Fortezze, Viterbo, Alter Ego, 2019, pp. 291, illustrazioni a colori in gran parte e in b.n. per quelle storiche), ci ripaga, in qualche modo di quanto è andato distrutto e che solo la visione delle moltissime testimonianze edite e della storia narrata, ci risarciscono in qualche modo anche se il rammarico per quanto è andato perduto non verrà mai meno.

Quindi attraverso questo meritevole lavoro editoriale possiamo rileggerci le epigrafi e ammirare i tanti lacerti dell’apparato pittorico superstite (che non trascura di condannare gli atti di vandalismo che comunque sono stati perpetrati senza che chi era chiamato a proteggere queste testimonianze non è stato in grado di garantire, vuoi per la solita mancanza di finanziamenti, vuoi perché l’educazione in generale è andata via via scadendo).

Bellissimi i frammenti degli affreschi di cui ci restano almeno le immagini a colori e non nascondiamo che siamo rimasti piacevolmente sorpresi di rivisitare i frammenti del presepe e soprattutto in quello splendido e quasi integro coretto di angeli che cantano quel “Gloria in excelsis Deo”. Mentre sto scrivendo queste mie considerazioni, questo particolare mi ha colpito ancor di più proprio perché siamo a dicembre e sentiamo più prossimo il Natale che sta arrivando.

Potremmo parlare a lungo del resto delle decorazioni ma siamo certi che gli amanti del bello saranno lieti di far proprie (attraverso questo libro) le stesse sensazioni che io provo nello scorrere queste pagine e ammirare l’immagine dell’Assunta, una Madonna a me particolarmente cara perché può quasi considerarsi un “emblema” della devozione che pure era viva nella distrutta città di Castro, ed in tutto l’ex ducato farnesiano, ove si è salvata solo una preghiera alla Vergine venerata sotto questo titolo.

Il libro non è soltanto un racconto strettamente legato a questa splendida “reliquia” ma ci fa rivivere un mondo ove, pensate, è passato anche lo stesso Michelangelo e Vittoria Colonna di cui l’autore ci documenta anche il Crocifisso disegnato per lei dal grande artista e oggi al British Museum di Londra, e ci documenta come nella Chiesa delle Fortezze probabilmente hanno influito anche tanti di questi personaggi straordinari, non ultimi proprio i Farnese, di cui resta la testimonianza dello stemma dei “gigli azzurri su fondo oro”, senza trascurare i parallelismi artistici con quanto dipinto nel Palazzo di Caprarola…

Qualcuno dirà che questa è musica per le mie orecchie… e non sbaglia!

Grazie, Antonio, per questo dono che mancava certamente ai viterbesi che sapranno apprezzare questo tuo profondo e prezioso lavoro fatto per documentare meglio uno “frammento prezioso e importante” della storia cittadina.