Civita Castellana LIBRI

I trattati europei e l’euro hanno ridotto la democrazia a mera ratifica delle decisioni di istituzioni sovranazionali che nessuno ha votato.

L’integrazione economica e valutaria europea ha realizzato l’esatto contrario di quello che prometteva: ha accentuato i divari economici e di potere tra i Paesi europei e le disuguaglianze all’interno di questi. Con ciò, insieme alla disoccupazione e alla povertà, il nazionalismo e la xenofobia si sono diffusi a livello di massa in Europa per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale. Per queste ragioni, uscire dalla gabbia dell’euro non significa assumere una posizione nazionalista o antistorica, al contrario è l’unica strada per ricostruire una connessione tra politica e lavoratori. E, soprattutto, è l’unica via per realizzare un concreto internazionalismo, cioè una strategia di difesa delle classi subalterne adeguata alle condizioni economiche e politiche di quest’epoca.

Uscire dall’euro è un anacronistico ritorno al nazionalismo o un passaggio necessario per ricostruire una vera solidarietà tra i lavoratori europei?
Lo Stato nazionale è un’anticaglia da relegare al museo della storia o il contesto all’interno del quale la democrazia e i diritti del lavoro possono essere difesi più efficacemente?

Obiettivo di questo libro è rispondere a tali domande. Per farlo, l’autore ripercorre le ragioni dello scetticismo verso lo Stato nazionale e della diffusione del cosmopolitismo e dell’europeismo, dimostrando come l’integrazione europea sia nata e sia stata pensata in opposizione agli interessi popolari.
I trattati europei e l’euro si pongono in rotta di collisione con le Costituzioni antifasciste e con le garanzie democratiche e i diritti sociali che in oltre due secoli di storia e di lotte si sono concretizzati nello Stato nazionale.

Non è un caso, quindi, che si assista al trasferimento di alcune fondamentali competenze dello Stato nazionale agli organismi sovranazionali. La questione, dunque, è affermare non tanto la sovranità nazionale quanto difendere e allargare la sovranità popolare e democratica, contrastando così il progetto delle élites economiche e politiche delle nuove democrazie oligarchiche.

Domenico Moro (1964), sociologo ed economista, dopo una lunga esperienza in ambito industriale multinazionale e come consulente di importanti istituzioni pubbliche e sindacali, è da alcuni anni ricercatore presso l’Istat. Ha pubblicato diversi volumi sull’economia italiana e internazionale, sulle trasformazioni del sistema politico e sul fondamentalismo islamico, che sono stati tradotti in francese, tedesco, spagnolo, portoghese e croato. Collabora con diverse riviste nazionali e internazionali. Alla ricerca e alla riflessione accompagna da sempre l’impegno personale nei movimenti e nella vita politica, convinto che solo l’unione della pratica e della conoscenza possa portare a cambiare in meglio la società.