Villa San Giovanni in Tuscia LIBRI
Maria Giovanna Pontesilli, Direttrice del Polo Umanistico - Sociale dell'Università della Tuscia
 
 
Un’altra interessante iniziativa dell’Associazione culturale “La Scuffiaccia”, in collaborazione con la Biblioteca comunale ed il patrocinio del Comune di Villa San Giovanni in Tuscia.
Sabato 28 ottobre è stato presentato il volume di Giuseppe Bellucci, per le edizioni ArcheoAres, “DA CELLERE A CAPALBIO -Fatti e misfatti del brigante Domenico Tiburzi”.

Tante sono le pubblicazioni dedicate al brigante più famoso della Maremma, ma la particolarità dello scritto di Bellucci sta nella scelta di narrare gli eventi che hanno segnato la biografia di “Domenichino”, attraverso la forma poetica del Cantare, una composizione letteraria performativa in ottava rima.

Questa forma metrica, nata nel ‘300 per accompagnare i racconti orali dei giullari e dei cantastorie, è stata poi adottata, tra gli altri, da grandi poeti quali Boiardo, Ariosto, Tasso e, in Inghilterra da Milton, che se ne servirono, elevandola, per comporre i loro grandi poemi in cui cantavano le gesta epiche di eroi e cavalieri.

Ancora nell’Ottocento, molti poeti inglesi, tra cui Wordsworth, Shelley e Keats, composero i loro poemi lirici in stanze di otto endecasillabi.
L’ottava rima resta comunque legata alla cultura dell’oralità; i poeti estemporanei la utilizzano per l’improvvisazione di canti a braccio, attraverso la scelta di un lessico semplice che facilita la memorizzazione di questa poesia narrativa.

Il testo di Bellucci, percorrendo 154 strofe, narra le gesta di Tiburzi, dipingendolo, a volte come artefice di efferati delitti, a volte come eroe popolare, simbolo della protesta dei più deboli, contro le secolari ingiustizie di una società rurale dominata da pochi facoltosi e da uno Stato che si preoccupa soltanto di riscuotere.

Bellucci intona il canto e riesce magicamente a portarci indietro nel tempo, in un mondo arcaico che ormai non esiste più.