Viterbo LIBRI Un saggio illuminante che mette in guardia dai facili entusiasmi (inglesismi e nuove tecnologie comprese) e dalle comode retoriche
Leonardo Vietri


Di quale scuola abbiamo bisogno?

Di una scuola che risponda alle richieste del presente o che invece prepari a resistere alle difficoltà del futuro?

Per rispondere a questa domanda Giulio Ferroni, autore di studi fondamentali sulla storia della letteratura italiana ma anche ottimo saggista e critico, si lancia in un appassionato e preciso excursus della scuola così come è stata delineata dall’ultima riforma dell’attuale governo.

Il risultato è un pamphlet agile e incisivo dove il professore emerito – che ha insegnato per oltre trent’anni Storia della letteratura italiana alla “Sapienza di Roma – enuclea tutte le limitazioni, che sono tante e oramai sotto gli occhi di tutti gli insegnanti e dirigenti scolastici.

Una riforma della scuola che come e più delle le precedenti, riesce a minare le solide basi dell’apparato scolastico che una volta era uno fra i migliori al mondo, in favore di un elogio al tempo presente, che immagina la scuola sull’onda di un fantomatico e trionfante presente. In realtà esistono tanti modelli di scuola e quello vigente oggi in Italia è uno di quelli possibili ma non necessariamente il migliore.

Tra i tanti argomenti che Ferroni porta nel sostenere la sua tesi, c’è anzitutto l’analisi critica e puntuale del linguaggio adottato per spiegare la Riforma, mutuato in buona parte dalla terminologia economico-bancaria per darsi un tono pseudo-scientifico.

Al di là dei contenuti della cosiddetta Buona Scuola di Renzi, un’analisi linguistico-retorica dimostra come ci sia stata un’evidente recitazione di attualità dinamica e brillante, che può avere ingannato molti, ma non chi si occupa di linguistica e letteratura da molti anni, e che ai problemi della scuola aveva già dedicato il libro La scuola sospesa. Istruzione, cultura e illusioni della riforma.

Ferroni cerca di operare una distinzione tra la semplice competenza del know-how (il saper fare) basata sulla competizione tra gli allievi e una conoscenza che sia figlia di un’ecologia della mente, ovvero un modo più integrato e omnicomprensivo di intendere e insegnare le materie, alla ricerca di scenari comuni per evitare la parcellizzazione del sapere, che oggi è un rischio più che concreto. Altri punti dolenti sono la presunta intercambiabilità degli insegnanti, in favore di una scuola più “leggera” dove i testi e gli insegnanti possano essere sostituiti da “tecnici”, penalizzando la dimensione fondante del sapere tra alunno e docente con il rischio di creare delle “macchine” prive di spirito critico, incapaci poi di decodificare la complessità della realtà di oggi e soprattutto di domani.

Un saggio illuminante che mette in guardia dai facili entusiasmi (inglesismi e nuove tecnologie comprese) e dalle comode retoriche.

Leonardo Vietri