Viterbo EVENTI Rimarrà aperta sino al 31 Gennaio,Ingresso libero (orario: dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18)
di Marco Tartarini

 

Il sindaco Leonardo Michelini inaugura la Mostra Frammenti e Anima"

La Mostra “Frammenti e Anima” una rivincita, post mortem del pittore Romano Liviabella, nel decennale della sua scomparsa. Un evento nell'evento quello in programma domenica 11 gennaio con inizio alle 17,30.

Arte, musica e poesia nell'ambito della mostra allestita presso l'ex tribunale (piazza Fontana Grande) con le opere del pittore viterbese Romano Liviabella.

Un evento nell'evento quello in programma domenica 11 gennaio con inizio alle 17,30, dove interverranno il maestro Rolando Di Gaetani, pittore e amico di Liviabella, il pianista Roberto Pianura, la cantante e attrice Laura Leo, il poeta e autore Mauro Piergentili.

L'appuntamento sarà l'occasione ideale per ricordare, grazie alla presenza del (cugino) professor Virgilio Papini, la vita dell'artista Liviabella. L'evento di domenica e l'intera esposizione (circa 60 opere), patrocinati dal Comune di Viterbo – assessorato alla cultura - sono a cura del fotografo viterbese Ugo Poggi, proprietario della collezione di opere. L'allestimento della mostra è stato realizzato dall'architetto Stefano Labellarte.

Una testimonianza di Leonardo Michelini: “Un grande pittore, della nostra città  che nella Sua vita artistica ha sempre testimoniato ed espresso il suo grande Amore per le nostre radici comuni. Purtroppo, come spesso succede, noi viterbesi ce ne accorgiamo un po’ tardi. Grazie Romano…” .

Il Sindaco di Viterbo. Mercoledì, 31 Dic. 2014. All’inaugurazione della Mostra oltre al Sindaco Michelini, l’Ass.re Comunale alla Cultura, Antonio Delli Iaconi, l’Ass.re e V. Sindaco Luisa Ciambella, e il Consigliere Daniela Bizzarri, l’arch. S. Bellarte e il pubblico presente.

La breve biografia, di Romano Liviabella nasce a Roma nel 1935 da Ideo Liviabella e Enrica Papini, figlia del Cav. Virgilio Papini e Carolina Grossi, sorella di Maria e Paolo, sì la figlia di quel Cav. Virgilio ultimo di una dinastia da sempre legata a filo doppio alla “Macchina”, mirabili costruttori di quel miracolo d'ingegno in tempi dove la moderna tecnologia e i materiali di oggi non c'erano.

Romano frequentò l'elementari, poi le medie al collegio Ragonesi di Viterbo, aiutato negli studi dalla maestrina Annamaria Andreotti moglie di Paolo Papini zio di Romano, quindi l'Accademia a Roma, settore scenografia, già frequentata dal nonno Virgilio e l'incontro con Cesarini da Senigallia, grande regista, sceneggiatore e scenografo della R.A.I. TV. 

Un vermissage postumo, una memoria  ed un’occasione per ricordare in grande stile, l’Artista il Maestro Romano Liviabella. Ma Egli, annotano alcuni visitatori, tra i suoi concittadini, molto numerosi, fra l’altro, provenienti da ogni dove- dall’Europa ed oltre oceano, dalle Americhe, Canada,  Fhiladelfhia (Stati Uniti), etc., etc., .

Lasciando delle loro testimonianze nel registro delle firme. Si avverte, quasi, la Sua presenza, dell’Artista, sicuramente, per l’amor di Dio, non in senso dissacratorio, visto la fragilità umana, poiché, sappiamo ed è notorio a tutti, che in questa vita, la Vita umana a fine, ma viene avvertita tangibilmente fra i visitatori, la Sua presenza. Lo è nei suoi quadri, dei veri capolavori che rappresentano, scorci riportati con dovizia di particolari, che, all’occhio umano, ma, disattento sfuggirebbero.

Raramente, ci sono figure umane che, però implicitamente sono nei paesaggi urbani: nella memoria collettiva, in quei punti nevralgici di aggregazione, il Cinema del Corso, il Gran Caffè Schenardi e il più antico Quartiere San Pellegrino, che è testimonianza tangibile della sua particolare affezione alla Sua Città, sebbene d’adozione, ma, abitata, da illo tempore, e che come sappiamo amava tanto.

Dal suo pennello esce una pittura materica a colori forti, blu, gialli, rossi e azzurri, calati sulla “tela grossa canapona, scenografie grandi e piccole, portate in giro per tante gallerie laziali e romane, e anche perché Viterbo, ne ha sempre avute poche, opere eterne come l’architettura da Lui dipinte.

Le opere di Romano,  se si dovesse paragonare la sua arte, potremmo usare solo riferimenti a grandi nomi: Guttuso, Schifano, per altro suoi contemporanei, insomma un grande artista vissuto nel ‘900 Viterbese. Romano Liviabella fu un pittore “maledetto”, come Verlaine, Rimbaud, Baudelaire, lo furono come poeti e letterati, cioè egli ebbe grandi intuizioni cromatiche, visioni d’immagini non solo di Viterbo, che nonostante tutto, come già detto, amava,  ma pure di Roma o, quando si cimentò nella scenografia, di luoghi solo pensati, saputi ma non visti, il Giappone  per una Butterfly o altre esotiche località.

Già le “fantasie” di Romano esattamente come quelle di Julius Verne, fantasie che poi si sono realizzate, in quelle tele che troppi definivano “croste” , e invece andavano diritto nella definizione di una nuova pittura nel dopo guerra 1940 - ’45.

Romano nella realtà non era amato quasi da nessuno, se non dal suo ristretto giro di amici che aveva, poco anche da chi gli era parente, certo per la sua malattia misantropica, pure per qualche riluttanza a voler accettare il carattere di un uomo che faceva ogni giorno una battaglia per la giustizia tra gli uomini e contro il potere, ogni potere, definito un anarchico totale e brusco, estremo anche nei suoi colori e spesso triste ma mai vinto.

Romano, la Sua Viterbo, la capì benissimo, nei vicoli dipinti, nei particolari di monumentalità millenarie spesso nascosti  o non valorizzati, e in questa città dalle pietre prevalentemente di peperino che sotto la pioggia divengono nere, eppure i colori della tavolozza di Liviabella non erano piatti con il suo matematico intrigarsi dei colori negli azzurri, i gialli, i rossi, arrivavano da tela, in modo emozionale diritti al cuore di chi sapeva e sa coglierli.

Ecco profilarsi la sua rivincita, Post mortem di Romano Liviabella,  che nonostante la battaglia poetica e solitaria  di Liviabella contro l’ottusa, codina, bigotta e ignorante società che Egli, considerava nemica negli ingiusti, si manifestò nel suo (Lui che sarebbe potuto essere benestante solo vendendo i suoi beni) essere povero e non cedere al sistema, sino addirittura  ne non vendere i suoi quadri a chi aveva solo antipatia.

Certo che non era fuori dal mondo artistico Liviabella, anzi, tra le sue povere cose abbandonate rinvenni: “dice il fotografo viterbese Ugo Poggi, proprietario della collezione di opere- locandine  di mostre nel Lazio  nelle quali fece conoscere la sua pittura, pure recensioni non “ruffiane” e a pagamento, come lettere di elogi; purtroppo però la consacrazione  certa non arrivò mai quando era in vita”. 

La rivincita ora è arrivata puntuale dopo il decimo anniversario della scomparsa dell’artista, R. Liviabella, pittore viterbese, indicando pure una strada, un viatico ai tanti giovani che oggi negli anni Duemila, si cimenteranno nella pittura, ed essere missionari di Cultura delle tradizioni della propria terra d’origini.

Le capacità il proprio estro vanno premiate e non mortificate al costo del sacrificio, a costo di soffrire come soffrì certamente Romano Liviabella. anche se a volte capitava a Romano, nei momenti di sconforto, di maledire quel giorno, in cui suo nonno gli insegnò a dipingere.

Ma Romano amava tanto suo nonno e per così dire certamente non lo ha deluso. Ecco i quadri di Romano sono qui, vivi, non sono un ricorso ma, sono un valore intrinseco per questa città di Viterbo, per il mondo dell’arte; del resto la morte, il nulla eterno, su questa terra esiste non solo per chi non lascia un segno, così non è stato, certo per Romano che, appunto nei suoi quadri rivive e vivrà insieme a noi.

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