Viterbo CRULTURA La ciotola con il ritratto di Papa Callisto III, come pubblicato ieri, esposta a Parigi nella mostra “Les Borgia et leur Temps”, proveniente da Viterbo fu studiata e pubblicata dal ceramologo Romualdo Luzi nel marzo 1991 nella rivista FAVL di Viterbo. Siamo lieti di ospitare quel lontano intervento che ha rivendicato a Viterbo questa straordinaria opera in maiolica.

Un ritratto in maiolica per sua santità
di Romualdo Luzi

Un anonimo vascellaro viterbese, verso la metà del '400, ha ritratto in una ciotola il busto di un pontefice. Si tratta quasi certamente di Callisto III, papa dal 1455 al 1458, legato alla storia di Viterbo in varie occasioni.

In una splendida ciotola viterbese, databile alla metà del Quattrocento, è raffigurato il busto di un pontefice dipinto in blu cobalto con leggere campiture gialle sulla stola e sulla tiara.

Motivi iconografici classici delle coeve produzioni viterbesi, composti da raggi sfolgoranti, monticelli e filo ondulato, completano in modo equilibrato l'insieme decorativo e conferiscono all'oggetto una sua gradevolezza e un pregio singolare anche per la rarità della figurazione di un pontefice su oggetti di maiolica.

Il disegno del volto, leggermente sfumato, ci riporta all'opera di un pittore di vascelleria di buona scuola e attesta come in quel tempo, dopo la splendida produzione ceramica medievale, i vascellari viterbesi fossero pervenuti a una padronanza piena della loro arte anche nel confronto con maestranze della vicina Toscana.

Si ricorda la presenza a Firenze, negli anni dal 1427 al 1429, del figulo viterbese Antonio Di Branca, poi morto nel 1453 a Siena, città in cui appare fin dal 1444, mentre a Viterbo, nel 1438 appare un certo Giovanni di Arezzo.

I documenti ritrovati finora sono insufficienti per permettere di attribuire a questo o a quel vasaio la fattura della ciotola, come non è semplice individuare il pontefice ritratto, stante la mancanza di un qualche indizio chiarificatore, come potrebbe essere lo stemma o un accenno di esso, all'interno della decorazione.

Rimane quindi il solo confronto iconografico fra l'immagine della ciotola e quella dei repertori conosciuti dei ritratti dei pontefici, primi fra tutti quelli incisi ed inseriti nelle "Vite dei Pontefici" di Antonio Ciccarelli (Roma, 1588) e di Bartolomeo Platina (l'edizione da noi vista è quella di Venezia del 1663).

 

I confronti, anche dopo l'esame della figura papale posta in un sigillo conservato presso il British Museum di Londra e della tavola di Sano di Pietro dell'Accademia di Belle Arti di Siena, porterebbero ad attribuire il "ritratto in maiolica" a Callisto III, lo spagnolo Alonso Borgia, papa dall'8 aprile 1455 al 6 agosto 1458.

All'incoronazione del pontefice, avvenuta il successivo 20 aprile, assistettero gli oratori del comune di Viterbo, inviati a Roma per presentare, con gli omaggi soliti di queste occasioni, una lunga "filastrocca di grazie enunciate in un memoriale", come scrive lo storico viterbese Giuseppe Signorelli.

 

Papa Borgia ha legato il suo pontificato a una crociata contro l'islamismo e per sostenerne le spese aveva inviato ovunque alcuni collettori per esigere le decime imposte al clero e raccogliere le offerte di comunità e di singoli cittadini.

A Viterbo, per questo, giunse il frate minore Angelo di Bolsena ma, dicono le cronache, le sue "concioni" non coinvolsero granché ì viterbesi nella volontà di contribuire alla guerra santa. Frattanto Viterbo era percorsa da gravi contrasti a seguito dei quali Callisto affidava la città al nipote prediletto Pier Ludovico Borgia che, arrivato nel gennaio 1457, aveva provocato l'emanazione di alcune bolle papali con la "remissione generale d'ogni delitto fatto in Viterbo", come ricorda il cronista Della Tuccia, il quale annota ancora:

"All'ultimo di febraro detto messer Pierludovico Borgia, nepote del papa, fe' cominciar li fondamenti della rocca di Viterbo a canto la porta di Santa Lucia; dicendo di voler rifar detta rocca... All'8 di marzo, martedì, detto messer Borgia pose un ducato d'oro di papa Calisto nel fondamento del canto dinanzi del turrione di detta rocca. In un lato di detto ducato era San Pietro, nell'altro un bove, e poi vi pose di sua mano la prima pietra...".

Il "bove" si riferisce all'emblema del pontefice raffigurato anche in una delle armi poste sulle mura della Rocca stessa. Ovviamente nulla sappiamo circa il committente della ciotola. Potrebbe essere il ricordato Pier Ludovico Borgia o la stessa comunità viterbese, ma motivi di gratitudine verso il pontefice li doveva nutrire anche Pietro di Luni, noto come il Lunense, cittadino onorario di Viterbo, Segretario Pontificio e cancelliere del comune, a cui Callisto III, poco dopo la sua elezione, aveva confermato i tanti privilegi di cui godeva.


Anche le monache del Monastero di Santa Rosa dovevano riconoscenza a papa Borgia per alcuni benefici confermati in favore del monastero stesso, ma, soprattutto, per l'interesse mostrato nella causa di santificazione della protettrice di Viterbo, e nella concessione di un'indulgenza plenaria, ottenuta per l'intervento del ricordato frate Angelo di Bolsena, nella festività della traslazione del corpo della santa, celebrata unitamente a quella della morte.

L'esame di una ciotola ha permesso di raccontare pagine di storia cittadina e rivivere, in qualche modo, un passato lontano ed affascinante. Questa ciotola, insieme a tante altre testimonianze di questa arte, sarà esposta nella mostra sulla ceramica, in corso di allestimento nelle sale dello storico Palazzo Brugiotti, opportunamente restaurate, e da inaugurare il prossimo 23 marzo.

Sarà un'altra occasione per rivisitare, attraverso le produzioni ceramiche, altre pagine di storia cittadina, per conoscere meglio la cultura e l'arte di cui è ricco il nostro passato e confrontarle con il nostro presente, per risvegliare l'attenzione con cui dobbiamo valorizzare, accanto all'impegno industriale del mondo ceramico, tanto rilevante nella vita economica della provincia, le espressioni di un artigianato artistico così apprezzato quanto poco conosciuto.

Romualdo Luzi

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