Francesco Mattioli, sociologo

Che bell’assist ai peggiori sovranisti!
Che paradossale inno al Pensiero Unico!
Che ritorno alle veline di stato contro la ricchezza e l’eterogeneità della libertà di pensiero!

Ma chi sono quegli “idioti” che lavorano nell’ombra a Bruxelles? Costretti poi a fare marcia indietro balbettando che forse i tempi non sono maturi?

I tempi?

Direi piuttosto che sono loro ad essere immaturi, che hanno un’idea di libertà che si confonde con certo assolutismo culturale alla Torquemada…

Probabilmente sono gli stessi che hanno cancellato le basi culturali – indispensabili in ogni comunità – dell’Europa, buttando con l’acqua sporca di certe vergogne storiche e ideologiche dell’Occidente europeo anche il sublime bambino degli ideali democratici, solidaristici e umanitari nati – come ribadiva un certo Benedetto Croce- all’ombra dell’etica ellenistica  e giudaico-cristiana. 

Ideali superati, controversi, annullabili nel loro contributo a distinguersi da altre culture, molto più divisive, violente, autoreferenziali e introverse? 

E pensare che centinaia di migliaia di persone non solo fuggono la povertà, ma anelano a vivere in una società europea più giusta, più accogliente, più inclusiva, più “civile” e – mi si consenta - “civilizzata” (anche in termini etnologici), quella costruita  a vario titolo da Socrate, Tommaso d’Aquino, Leonardo, Lutero, Galileo, Newton, Cartesio, Rousseau, Voltaire, Dunant, Russell, Spinelli, Schuman, Teresa di Calcutta…

E poi, questo nome di Europa… andiamo a vedere meglio se supererebbe la scure dei soloni di Bruxelles…

Mettiamola così.

Una bella fanciulla gioca sulla spiaggia, vede un toro bianco che le si avvicina baldanzoso, gli sale sopra, scopre che è Zeus, un po’ resiste al dio, ma poi ci fa tre figli; in seguito viene ripagata diventando regina di Creta. Si chiamava Europa. 

Una storia un po’ sessista e un po’ no, un’aria ambigua di violenza, seduzione, resistenza e accondiscendenza dove nessuno dei personaggi ci fa bella figura. Forse un’eccessiva menzione di Europa andrebbe evitata, non sembra particolarmente inclusiva... 

Che ne pensano gli “idioti” di Bruxelles?

Natale è un termine scomodo, troppo “cristiano”?  Mah, intanto deriva dal latino “dies natalis” e  si riferiva in origine alla ri-nascita di “Sol invictus”, insomma di quel sole venerato sotto ogni latitudine e da ogni popolo, quindi - come dire – una divinità molto inclusiva…

Per continuità culturale, i cristiani festeggiarono in quella circostanza la nascita di Gesù, ma era una convenzione: quanto meno oggi, è diffusa la nozione che Gesù sia nato in primavera, quando nell’Impero romano si aprivano i traffici e  i censimenti.  Senza contare che di questi tempi Natale è per lo più una festa dell’Albero,  e soprattutto vi si celebra un  panciuto e anziano signore vestito di rosso che vola su una slitta tirata da renne spargendo doni d'ogni genere e facendosi chiamare Babbo Natale.

Che poi, sempre maschio è… fortuna che, al posto di una improbabile Mamma Natale ci sia la Befana, che tuttavia sempre donna è, e quindi riscuote un successo più marginale. Anzi no, niente Befana, storpiatura di Epifania, e quindi ancor un riferimento, potenzialmente divisivo, al cristianesimo.

Comunque il Natale si direbbe meno inquietante di Halloween, dove si prendono in giro i morti, costretti a colludere con tremendi bambini-ricattatori che minacciano “dolcetto o scherzetto”.

A contrario, per chi è cristiano praticante, niente minacce latenti, niente horror e niente consumismo: il Natale è la festa della famiglia (d’ogni genere…), e di un messaggio d’amore e di solidarietà trasversale, del tutto inclusivo…   

C’è poi quella storia del nome Maria, da evitare accuratamente. Ma se è per questo, dal punto di vista del politicamente corretto, occorrerebbe evitare – ciascuno per i suoi discutibili riferimenti - anche Dalila (una seduttrice al servizio del potere), Cesare (un colonialista), Cleopatra (un’arrivista che usava il sesso per mantenere il potere), Carlo (Magno? Fondatore del potere nobiliare; Marx? Teorico di una dittatura), Amina (la madre di quel sessista di Maometto), Mohammed e Omar (duci di brutali conquistatori), Giovanna (d’Arco, che sbudellava i nemici in nome di Dio), Cristoforo (a parte il significato intrinseco del nome, c’è il riferimento a Colombo, altro colonialista), George (Washington, uno schiavista), Josif (Stalin, massacratore della libertà), e via demonizzando.

E che dire di quella malaugurata abitudine di distinguere tra signore e signori, come se esistessero differenze di genere, anche solo fisiognomiche? Anche se, a dire il vero, nei bagni funziona a meraviglia…

Certo, chi vuole cambiare la dizione “Uomo” con “Essere Umano” ha ragione da vendere.

Chi ammette di sostituire sindaca a sindaco è sulla strada giusta (basta che non pretenda di adottare il termine presidenta, perché presidente è un participio presente che non ha declinazioni di genere…), ma c’è chi rimane inquieto di fronte a medico (medica? Sembra di parlare di certa erba di prato..), avvocato (avvocata? E dalli con il riferimento a Maria, definita in certe preghiere “advocata nostra”), eroe (eroina? beh, non è un gran che come alternativa, sa un po’ di droga e un po’ di spaccio…).

Certo, la lingua spesso è sessista e discriminatoria, nei millenni ha consolidato abitudini, concetti e modi di dire che oggi appaiono inappropriati. Tanto per fare un esempio: nell’antica Grecia l’“idiota” era un individuo che conservava il suo privato, proteggendo la sua identità e poco incline all’attività politica. La radice “idios” ha prodotto anche termini e concetti di grande valore sociale, come identità, identificabilità, idioma… Beh, oggi con il termine “idiota” identi-fichiamo uno stupido.

In ogni caso desidero ricordare la battuta di un mio studente disabile (pardon: diversamente abile), quando sbottò: “Mi chiamino pure handicappato o infelice, ma mettessero le passerelle per consentirmi l’accesso in aula e in biblioteca!”. 

Fatti, più che parole…

Per finire: mi piacerebbe che, per coerenza, chi non è cristiano e volesse essere rispettoso della diversità, non solo lavorasse la domenica, ma anche in tutte le altre feste “comandate” (Natale, appunto; ma anche Pasqua). 

Oggi del resto molti sono costretti a farlo; sarà colpa del consumismo? In realtà mi riferisco a chi aspetta le ferie natalizie o pasquali per andare in vacanza. Eh, suvvia, un po’ di coerenza…  E costoro stiano anche attenti a ferragosto: celebrando le “ferie di Augusto” omologano l’efferato autore della conquista delle Gallie, della Britannia e dell’Egitto: francesi, inglesi e nordafricani potrebbero risentirsene.

Buon Natale.