A cura di Barbara Pasqualini


(foto di Enrico Pasqualini) 

Pensieri in libertà

Novembre 2021

Chi mi conosce e segue con amichevole pazienza i nostri “appuntamenti” mensili, sa che mi piace molto rilassarmi guardando delle serie televisive, meglio se italiane ed un pochino…” datate”!

Spesso sono anche lo spunto per approfondire qualche curiosità e/o scoprire qualche perla di saggezza popolare a me sconosciuta. Anche una semplice battuta può divenire fonte di nuove conoscenze!

Un’altra cosa che adoro è leggere proverbi, aforismi, modi di dire e detti popolari, per lasciarmi poi tentare ed iniziare ad indagarne l’origine.

Il proverbio che vi propongo oggi in apertura della nostra chiacchierata mi è capitato casualmente di fronte, mentre leggevo un almanacco del giorno (altra attività per me deliziosa e rilassante!).

Eh già, perché è un po’ come sfogliare il calendario (ce ne sono che riportano tante piccole ma interessanti informazioni e curiosità), con il vantaggio di avere tante notizie aggiuntive, ad esempio le indicazioni astronomiche, le festività principali, le notizie su fiere e mercati, degli aneddoti storici e geografici, dei proverbi e perfino dei passatempi.

A proposito, leggevo su Wikipedia che i primi almanacchi di cui si ha traccia risalgono al 1088, e all’inizio erano formati da tavole astronomiche che permettevano di ottenere il giorno della settimana o convertire le date da un’era ad un’altra; in un secondo tempo divennero una pubblicazione periodica multisettoriale che forniva notizie e informazioni di vario genere.

Davano notizie astronomiche utili agli agricoltori e naviganti, quali la posizione di stelle, pianeti e costellazioni visibili mese per mese, quindi l’alternarsi delle stagioni. 

Altre notizie riguardavano le previsioni del tempo, accadimenti futuri, nascite, morti e matrimoni avvenuti nelle famiglie reali, i prezzi dei raccolti e del bestiame, le date e i luoghi delle fiere. Vi furono anche rudimentali nozioni di medicina, nonché i resoconti e i racconti di fatti accaduti nel mondo e redatti in versione popolare.

Nel XVI secolo l’avvento della stampa favorì l’ulteriore successo degli almanacchi, in quanto rappresentavano il principale (a volte l’unico) mezzo di diffusione culturale tra la popolazione contadina ed artigiana. Nel XVIII secolo gli almanacchi pare fossero particolarmente diffusi. 

Ce ne sono di assai famosi. Uno è l’almanacco di Nostradamus, Centurie astrologiche, pubblicato nel 1550, ancor oggi consultato da astrologi e veggenti. 

Fra gli altri almanacchi ricordiamo: l’Almanacco di Gotha, pubblicato in Germania, che dal 1763 riporta gli alberi genealogici delle famiglie principesche e della nobiltà europea; l’Almanacco nautico pubblicato dal 1766 in Inghilterra per astronomi e naviganti; l’Almanacco delle Muse, molto noto in Francia ed in Germania, in cui si pubblicavano rassegne letterarie di poesia; l’Almanacco del povero Riccardo (1732), famosissimo negli Stati Uniti d’America, fondato e scritto per venticinque anni da Benjamin Franklin, noto scienziato e politico statunitense.

Al giorno d’oggi in Italia sono molto diffusi alcuni almanacchi fedeli alla tradizione popolare come il Barbanera di Foligno (Il nome che lo contraddistingue deriva forse dall’immagine riportata sui frontespizi delle edizioni più antiche, che ritraevano un uomo dalla folta barba nera, definito astronomo, astrologo e filosofo.

Raffigurato con i suoi strumenti di lavoro, presentava in rima la propria vocazione:

«Gli astri il sole e ogni sfera
or misura Barbanera,
per poter altrui predire,

tutto quel che ha da venire) e lo Schieson Trevisan [Lo Schiesón Trevisàn è un almanacco contenente informazioni su sagre, fiere, mercati, computo ecclesiastico, feste mobili, curiosità varie legate per lo più al mondo della campagna, lune, vini, agricoltura tradizionale, astrologia, e zodiaco.

È considerato uno dei più antichi in quanto edito per la prima volta nel 1744 in Treviso da Giovanni Anastasio Pozzobon, ma compilato con il nome di “Schieson de Casacorba” a partire dal 1717.

È a tutt’oggi pubblicato annualmente. Il nome dell’almanacco deriva probabilmente dal termine veneto s-cesón (ovvero s-cessón, pisolèra e bessolèr) per indicare il Celtis australis, l’albero che in italiano è detto “bagolaro” o “schiacciasassi”. Casacorba, invece, si deve al fatto che il primo almanacco è stato redatto da un prete di Casacorba, poco distante da Treviso, il quale, ispirandosi ai discorsi dei parrocchiani uditi sotto l’ombra del grande albero che cresceva davanti alla chiesa del paese, amplificava in questo modo le chiacchiere e le critiche della gente comune.

Come i rami flessibili del bagolaro servivano a produrre fruste, così lo Schieson si proponeva di bacchettare bonariamente i vizi più comuni], entrambi di origine settecentesca, o quello religioso di Frate Indovino (è un almanacco religioso fondato da padre Mariangelo da Cerqueto e curato dall’omonima casa editrice), che viene pubblicato dal 1945 (confesso che quest’ultimo è sempre presente in casa mia, come lo era nelle abitazioni dei miei nonni, e che lo consulto con sommo piacere!). 

In ambito televisivo andò in onda fino agli anni novanta l’Almanacco del giorno dopo (è stato un programma televisivo italiano a cura della redazione del TG1, trasmesso su Rai 1 dal 25 ottobre 1976 al 18 gennaio 1992 e di nuovo dal 19 ottobre 1992 al 26 febbraio 1994), caratterizzato da una sigla dal sapore medievale, che entrò a far parte dell’immaginario collettivo.

Per curiosità, dal momento che l’almanacco, in questi anni, ha spesso costituito uno spunto prezioso per le mie curiose divagazioni, può interessarvi l’etimo del sostantivo?

https://treccani.it/enciclopedia/almanacco/

Almanacco 

Termine con cui gli Arabi della Spagna designavano un tipo di tavole astronomiche speciali, dalle quali si poteva conoscere la posizione del Sole e della Luna in qualsiasi giorno dell’anno. La voce, affermata nel 13° sec. in Inghilterra con R. Bacone e in Provenza con la traduzione delle tavole astronomiche nell’Almanach perpetuum, più tardi assunse l’equivalenza di ‘calendario’.

Nel 1554, con le Effemeridi bolognesi di N. Simi, iniziò la pubblicazione del primo almanacco italiano, durato, con varie interruzioni, fino al 1844. I più importanti almanacchi stranieri sono la Connaissance des temps a Parigi (dal 1678), il Nautical almanac a Greenwich (dal 1776), l’American ephemeris and nautical almanac a Washington (dal 1855), che riportano, per ogni giorno dell’anno e ora del giorno, i dati, necessari ai calcoli di navigazione, dei principali astri. 

Almanacchi a carattere satirico e popolare cominciarono a essere pubblicati saltuariamente fin dal 16° sec., come i Prognostici di L. e P. Guarico, l’Almanach liégeois di M. Laensberg, l’almanacco di Rutilio Benincasa (1612) dal quale deriva il Barbanera di Foligno. 

Dal 18° sec. il vocabolo prese il significato di annuario, come l’Almanach des Muses, pubblicazione periodica di raccolte di poesie, uscita a Parigi presso l’editore Delalain dal 1765 al 1833, e analoghe pubblicazioni in Francia e in Germania (Musenalmanach). Annuario è anche l’Almanacco di Gotha precedentemente menzionato (pubblicato dal 1763, in tedesco, da J. Perthes di Gotha) contenente prima solo genealogie di sovrani d’Europa e di nobili della Germania, poi quelle dell’aristocrazia di altri paesi, e gli ordini cavallereschi. 

Durante il 20° sec. l’almanacco ha subito modificazioni grazie allo sviluppo tecnico e grafico: la parte illustrativa si è arricchita ed è divenuta, in certi casi, la maggiore attrattiva. Dopo una certa stasi, ai primi del secolo, l’interesse per l’almanacco si è ravvivato; in genere, a quelli di tipo informativo-annuaristico si sono venuti sostituendo gli ‘speciali’, di carattere fra panoramico e antologico ma relativo a singoli argomenti (letterari, artistici, scientifici ecc.), a particolari categorie sociali o attività professionali, a questa o quella regione. Per quanto riguarda l’Italia, fra gli almanacchi a carattere generale si distingue l’Almanacco italiano (dal 1896); fra quelli a carattere particolare, l’Almanacco letterario Bompiani, uscito dal 1925 al 1942 e poi dal 1959 al 1979.

Ma torniamo al proverbio di cui accennavo poc’anzi.

Non lo avevo davvero mai sentito ed ho scoperto ne esistono di simili come significato.

Di cosa parlo?

Eh già, io ho divagato con l’almanacco e non vi ho ancora menzionato il detto odierno! 

Meglio è fringuello, o pincione in mano, che tordo in frasca.

Che cosa vorrà dire?

https://www.treccani.it/vocabolario/pincione/

pincióne s. m. [lat. *pincio -onis, da cui anche il fr. pinson (ant. pinçum) e lo spagn. pinchón, pinzón], ant. – Fringuello: egli è meglio pincione in mano che tordo in frasca (Sacchetti), frase prov. equivalente a «meglio un uovo oggi che una gallina domani».

http://www.lessicografia.it/Controller’lemma=TORDO&rewrite=1

Meglio è fringuello, o pincione in mano, che tordo in frasca, o simili; e significa, che Assai più vale una cosa piccola, ma posseduta, che una grande, o migliore, la quale non s’abbia, ma solamente si speri; che anche in modo più basso È meglio un asino oggi, che un barbero a san Giovanni.

https://lucedalpassato.it/frasicitazionieaforismiitaliani/

“Meglio fringuello in mano che tordo in frasca.”

Fonte: Saggio di proverbi latini illustrati da Atto Vannucci, 1865

Usato in modo analogo, ci viene sempre proposto:

“Meglio un asino oggi che un barbero a San Giovanni.”

Antico detto Fiorentino

Fonte: Saggio di proverbi latini illustrati da Atto Vannucci, 1865

Piccola curiosità (per chi avesse poca familiarità, come me, con il termine barbero):

https://www.treccani.it/vocabolario/barbero/

bàrbero agg. e s. m. (f. -a). – 1. Variante di bèrbero, abitante della Barberia. 2. Cavallo da corsa, così chiamato perché i migliori venivano dalla Barberia: cavallo b.; la corsa, il palio dei b., tradizionali un tempo in varie città italiane (i cavalli erano fatti correre soli, senza fantino); correre come un barbero.

https://www.treccani.it/vocabolario/barberia/

Barberìa. – Denominazione (der. di bàrbero, bèrbero) di significato un po’ vago, usata dagli Europei, spec. nel passato, per designare il paese dei Berberi, cioè Marocco, Algeria, Tunisia e Tripolitania, spesso anche con valore estens., per indicare un paese remoto e barbaro o strano: andare in B.; venire di B., di chi ha aspetto o costumi strani. Per l’organetto di B., v. organetto.

E così abbiamo viaggiato molto nel tempo, con la fantasia, e, partendo da questo piccolo detto, abbiamo curiosato tra gli almanacchi, in tempi e luoghi anche lontani.

Per farmi perdonare il mio divagare, da voi mi congedo con un brano musicale!

Grazie per la vostra pazienza, rilassatevi, se vi ho “stressato” troppo, con l’ascolto di The NeverEnding Story, una canzone del 1984, interpretata dal cantante britannico Limahl (1958), all’epoca da poco uscito dal gruppo musicale dei Kajagoogoo. Il testo è stato scritto da Keith Forsey, (classe 1948, un musicista e batterista inglese, compositore di colonne sonore, autore e produttore musicale), su musica del compositore italiano Giorgio Moroder (1940) che ha anche prodotto il brano.

Il pezzo, uscito come singolo per l’etichetta EMI Records, è il tema portante della colonna sonora del film La storia infinita, del 1984.

Le riprese del film si sono svolte dal 14 marzo al 1º novembre 1983.

Eh già, proprio curiosando tra gli almanacchi ho “scoperto” che la pellicola ha compiuto 38 anni questo mese!

Anche se la data di uscita è successiva: La storia infinita venne proiettato per la prima volta nelle sale statunitensi il 20 luglio 1984, mentre in quelle italiane il 6 dicembre dello stesso anno.

Diretto da Wolfgang Petersen, regista tedesco del 1941, (sovente, quando disponibili, riporto gli anni di nascita di coloro che menziono nelle nostre chiacchierate, perché sono personalmente curiosa di “collocarli” con precisione nella dimensione spazio-temporale!) il soggetto è tratto dall’omonimo romanzo di Michael Ende, (1929 – 1995, scrittore tedesco) rispetto al quale vi sono comunque numerose differenze.

Qui potete trovare qualche approfondimento:

https://it.wikipedia.org/wiki/La_storia_infinita_(film) 

Il film in oggetto è associato ad un prezioso ricordo della mia infanzia: mi piaceva moltissimo, così, una delle volte in cui venne trasmesso in televisione, il mio dolce papà me lo registrò su videocassetta. A dire il vero, avveniva sovente che mi registrasse cartoni animati, film o programmi di mio interesse! Quando poi accadeva che non stessi troppo bene, magari avessi un po’ di influenza e fossi costretta a letto (cosa a me assai sgradita), mio padre mi dedicava più tempo possibile, mi faceva compagnia, giocava con me, e, per farmi trascorrere qualche ora più serena, portava il videoregistratore e la televisione nella mia stanza per permettermi di gustare, per l’appunto, i suddetti programmi “selezionati” ad hoc per me! Tra questi, il film La storia infinita non mancava mai! 

Ancora oggi, quando ascolto la canzone che vi ho proposto, provo un tuffo al cuore: la adoro e mi fa rivivere quei giorni lontani nel tempo, mi sembra di rivedere la mano di mio papà sul telecomando che schiaccia il tasto Play e avvia il film, con il suo sguardo dolce, con la premura e l’amore che ha sempre avuto per me, nelle piccole e grandi cose della vita.

Buon ascolto, un arrivederci affettuoso!

https://www.youtube.com/watch?v=lHytjEj7B9g

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Immagini & fonti

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/c6/Nostradamus_by_Cesar.jpg

Nostradamus_by_Cesar

Nostradamus in un dipinto del figlio César de Nostredame

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b7/Almanacco_di_Barbanera_1861.jpg

Almanacco_di_Barbanera_1861

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f8/Bauernkalender_1947.jpg

Bauernkalender_1947

Frontespizio dell’almanacco Neuer Bauernkalender (un calendario degli agricoltori) del 1947.