Zeno Scipioni col maestro Giusto Cappone e una formazione della Camerata Polifonica Viterbese

Vincenzo Ceniti 

A dieci anni dalla scomparsa di Zeno Scipioni (2011-2021) sento il bisogno di dedicargli la  “pillola” della settimana per i tanti contributi offerti, non solo a Viterbo, durante  la sua lunga attività di Maestro e organizzatore di eventi musicali di altissimo livello.

Ripesco dallo scaffale alcuni appunti già pubblicarti in varie occasioni che meritano però nuove divulgazioni. 

In molti lo conoscono  per aver fondato oltre mezzo secolo fa, nel 1966, la Camerata Polifonica Viterbese, con una trentina di giovani appassionati, per lo più studenti, studentesse, figli di papà e mammà, in una città che dedicava le attenzioni musicali prevalentemente alla lirica. Una delle quelle ragazze che ne facevano parte, oggi sposa e madre felice,  mi dice  “ In quegli anni avevamo 18/20 anni.  I nostri genitori non ci facevano uscire la sera, ma per andare a provare con la Camerata erano disposti ad un’eccezione. Per noi era un arricchimento”. In effetti il coro, istruito  per  riproporre  il repertorio della polifonia sia sacra che profana,  godeva di prestigio e di affidabilità. Non solo canto, ma anche attività sociali e culturali e soprattutto assiduo studio di spartiti che Zeno Scipioni ricercava, rispolverava dagli archivi, adattava, interpretava ed eseguiva con rigore inappuntabile. Alcuni erano addirittura spassosi come il Contrappunto bestiale alla mente di Adrano Banchieri in cui alcune voci dovevano anche imitare i versi di vari animali.  Altri riproponevano madrigali e   villanelle tardo cinquecentesche di autori poco eseguiti come Luca Marenzio, Claudio Monteverdi, Adriano Banchieri, Pierluigi da Palestrina, Giulio Caccini, Giovanni Gabrieli ed altri. Ma anche letteratura sacra legata alla figura di J. S. Bach. 

Zeno, come lo chiamavano confidenzialmente gli amici, era sempre sereno e disponibile. Una persona amabile e innamorata della musica, di solide origini paesane essendo nato a Ischia di Castro (1926), in un borgo dell’alto Viterbese ben noto per aver dato i natali ad una folta schiera di sacerdoti, molti dei quali ancora tra noi. Tra l’altro è stato  compositore di straordinaria sensibilità, molto apprezzato non solo in Italia cui si riconosce il merito di aver orientato le vicende musicali della Viterbo del dopoguerra, forte anche dei contributi provvidenziali di una famiglia (la moglie Angioletta e i figli Fabrizio e Lucilla) di sana e robusta costituzione, dove ci si nutriva di  musica, soprattutto nel buen retiro estivo di Montefiascone in vista del  lago di Bolsena, dove spesso si rifugiava con i suoi.                                                                                                   

Dopo l’esperienza del Quartetto d’archi viterbese da lui fondato nel lontano 1950 e fortemente incoraggiato da Leto Morvidi (futuro consigliere e presidente della Provincia di Viterbo), Scipioni – laureato in giurisprudenza e diplomato in violino - ha approfondito gli studi su spartiti di illustri antenati della Tuscia Viterbese (i fratelli Mazzocchi di Civita Castellana , i Nanino di Vallerano, Francesco Suriano di Soriano nel Cimino,  Domenico Massenzio e Tullio Cima di Ronciglione, Ercole Bernabei di Caprarola ed altri) creando le basi di un nuovo gusto all’ascolto, alternativo come detto all’imperante melodramma,  prima con la Camerata Polifonica Viterbese e poi, nel 1979, con la direzione artistica della nascente Scuola Musicale di Viterbo.                                                                                      

In ognuna di queste circostanze ha indirizzato alla musica uno stuolo incredibile di giovani, per farli partecipi  di nuovi modelli di vita basati sullo studio, la ricerca, l’intonazione, il sacrificio, la condivisione di valori, promettendo loro solo la possibile gratificazione di un pubblico plaudente.                                      Non ha mai alzato la voce, lungi dal fare immeritati incoraggiamenti, imbarazzato di fronte agli applausi, essenziale e ironico in ogni circostanza.                                                                                                         

Credo che la sua più prestigiosa  esibizione sia stata al Festival di Spoleto nel 1996 quando tenne un concerto ripreso e trasmesso dalla Rai TV all’interno dell’Ora mistica. Dal momento che le esibizioni all’estero fanno più presa sul lettore, ricordiamo quelle  in molte località europee: Repubblica Ceca, Svizzera, Svezia, Austria. Molte le presenze al Festival Barocco di Viterbo tra cui la  prima esecuzione moderna nel 2013 dell’opera “La Clemenza di Tito” di Antonio Caldara diretta da Sergio Balestracci per la regia di Vera Bertinetti.  Da ricordare nel 2002 la partecipazione della Camerata alla rappresentazione scenica al Teatro Unione di Viterbo della Cavalleria rusticana diretta da Sergio Magli per la regia di Gabriella Ravazzi.                                                                                                  

L’ultima volta che l’ho incontrato con la badante in via del Paradiso a Viterbo per la rituale passeggiata al sole, lo salutai  “Maestro come va?”. E lui con la consueta  ironia moderata solo dai fastidi dell’età, mi riposte “Andante con moto”. Nel decennale della sua scomparsa lo ricordo così.