Francesco Mattioli, sociologo

Il novecento, allergico ai dogmi, produsse il neo positivismo, che credeva soltanto all’evidenza; scientifica.

Così arrivarono a frotte razionalisti illuminati e neoilluministi, materialisti storici, realisti ideologici, cinici di ritorno, scientisti ad oltranza ad esaltare il valore e il potere della scienza.

Qualche decennio fa, alla fine degli anni ’80,  in Italia sorse il Cicap, Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze, che si erse a giudice del vero e  del falso, soprattutto (ma non solo…) nella scienza.

Scienza e oggettività divennero quasi sinonimi.

“Non è opinione, è scienza” si sentiva tuonare nelle aule scolastiche, nei consessi politici, nelle discussioni in famiglia e di strada. Poiché all’Essere Umano piace essere governato dal pensiero unico (gli dà sicurezza), molti alla religione sostituirono la scienza come punto di riferimento: dalla fede in Dio girarono alla fede in Galileo; dalla liturgia in chiesa, passarono alla liturgia del procedimento sperimentale. E così tornarono i dogmi.   

E questo fervore non coinvolse soltanto le scienze fisico naturali, ma anche quelle storiche. Generando contraddizioni su cui è incerto se ridere o piangere. Un esempio non guasterà.

Nelle scienze bibliche, studiosi di fede presbiteriana, fermi nel rigettare la supremazia della chiesa cattolica, imposero la nozione che il vangelo di Matteo (quello che inizialmente fu scritto in aramaico, e che è considerato il vangelo cattolico per eccellenza, perché esalta il ruolo di Pietro) fosse tardo e rimaneggiato a fini romanisti.

Una prova?

Contiene le profezie della distruzione di Gerusalemme, quindi è stato scritto ex posti queste. 

Insomma, pur essendo cristiani fedeli a Gesù, questi studiosi anglosassoni fanno gli empiristi positivisti e non credono che Gesù potesse profetare su qualcosa che molti temevano potesse accadere già da anni. Cavoli! Lo fanno persino i nostri politici e qualche volta ci azzeccano pure, non poteva farlo il Figlio di Dio?

Il bello è che anche nelle scuole teologiche cattoliche si insegna che il vangelo di Matteo è tardo, per gli stessi motivi addotti dalla scienza biblica dominante… Da ridere, appunto.

Chiusa parentesi.

In realtà, sulla concezione neopositivista della scienza ”oggettiva” si sono abbattute due grandinate.

La prima si chiama meccanica quantistica e dimostra che ogni verità scientifica è valida fino a prova contraria, ed è comunque il risultato di convenzioni e di affermazioni provvisorie (Heisenberg, Popper). La conoscenza scientifica è sì la migliore delle conoscenze possibili perché usa il metodo sperimentale e verifica continuamente le proprie affermazioni e nozioni, ma non è – e non deve essere –una “fede”.

Della seconda si sono accorti in pochi, perché è stata notata dai sociologi (Merton, Kuhn), e si sa che i sociologi non vengono ascoltati; a meno che non siano esibizionisti da teatro e da schermo televisivo. Si tratta del fatto che anche nella scienza possono prevalere interessi di parte, come ogni altra impresa umana.

Apriti cielo! Nel  momento in  cui la scienza ha dichiarato onestamente le proprie umane debolezze sono riemersi gli ideologici, i mistici, i soggettivisti, i filosofi spiritualisti della mattina e quelli della sera, i letterati dell’impressionismo, i cesellatori delle parole e i negazionisti dei fatti, gli opinionisti d’accatto, i supponenti, in  poche parole, gli ignoranti.

Tutti felici di trovare crepe anche nella scienza, fino a pensare che solo la scienza ne abbia e contenti di trovare in altri lidi il conforto al loro pensiero unico. Sol per il gusto di potersi riappropriare della fede nelle proprie polluzioni intuitive notturne. 

Tra questi ignoranti troviamo soprattutto i frequentatori del web che credono alle favole, i millantatori del Buon Senso, i complottisti in servizio permanente, gli illuminati sulla via di Damasco dell’idealismo letterario, gran parte dei topi di biblioteca rimasti alle fisime di Don Ferrante e fauna simile. Esigui i semplici disinformati, perché comunque viviamo nell’era dell’informazione e la disinformazione non  è più una sfortuna sociale e culturale, come cento anni fa, ma una colpa.

Qualche giorno fa, al ristorante ho orecchiato una signora che diceva, criticando l’obbligo della mascherina e del greenpass, a cui si era dovuta sottomettere: “Io non credo nella scienza, ma nel mistero”. Intanto maneggiava il suo smartphone, evidentemente prodotto del mistero.

Il fatto è che sarebbe ora di finirla con l’asinismo complottista, con le falsità raccontate a sé stessi sulla pandemia.

E’ ora di finirla con la parola a raglio degli ignoranti. 

E’ ora di finirla soprattutto con coloro che non conoscono la scienza e pretendono di trattarne a proprio uso e consumo; ce ne sono persino tra gli scienziati, certo, perché poi le mele marce allignano ovunque si accumulano fuffa, e muffa, intellettuale e soprattutto caratteriale.

Sia chiaro: se all’inizio i morti da Covid 19 erano da imputare ad una scienza se non colta di sorpresa, certo ancora intenta a vagliare la situazione,  oggi i morti sono imputabili soprattutto a chi ancora pervicacemente resta ancorato ai suoi atteggiamenti retrogradi no vax. 

La scienza dei vaccini ha almeno sessant’anni e ha evitato centinaia di milioni di decessi; è in continua sperimentazione e si avvale di attenti protocolli e di prudenti controlli incrociati, voluti proprio  dalla comunità degli scienziati in onore della metodologia scientifica.

Povero Orwell, povero Bradbury, citati a sproposito.

Loro scrivevano con negli occhi l’orrore del nazismo, del comunismo, del maccartismo. Tanti -ismi che nascono nei periodi di crisi politica, sociale ed etica dell’umanità; proprio come il complottismo…

Grandi scrittori, ma limitati profeti.

Non credo che oggi comunque appoggerebbero i complottisti. Perché la rivoluzione, specie quella della conoscenza, la fa la cultura, quella vera. Non l’ignoranza autoreferenziale e qualunquista del bla bla da tastiera.