Viterbo RACCONTO NOIR Il Sudtirolo o Alto Adige è Italia, ma pur essendo cittadini italiani, gli abitanti originari non hanno mai accettato completamente l’italianità
di Agostino G. Pasquali
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Albergo Schneewittchen

6. Sulla cima del Kronplatz

     Un delicato ritratto di ‘Biancaneve’, ispirato al classico disegno di Walt Disney per l’omonimo film, e la scritta ‘Haus Schneewittchen’ segnalano l’ingresso dell’albergo Schneewittchen (è il nome tedesco, quasi impronunciabile, di Biancaneve).

Nonostante che siano passati cinque anni dall’ultimo soggiorno dei signori Natali, Helga Werner, la proprietaria  dell’albergo, un piccolo albergo a gestione familiare, si ricorda di loro e gli assegna la camera ‘Panorama’, così chiamata perché dal balcone si vede il panorama verso il Kronplatz, la montagna degli sciatori. E’ la camera che hanno sempre preferito e, quando era possibile, Helga gliela ha data.

     Con Helga c’è un particolare ‘Gefühl’ (termine tedesco simile all’inglese ‘feeling’), che non ha  un corrispondente italiano perché significa insieme: simpatia sensibilità e affetto.  Qualcuno dice ‘empatia’, ma a me questo termine non piace perché è ricercato e pretenzioso e lo lascerei nell’ambito dell’estetica e della psicologia, dove comunque ha un significato più ristretto.

     I coniugi Natali sono dunque ospiti molto graditi dalla famiglia Werner, e c’è un motivo ben preciso:  Franco Natali s’ingegna a parlare la lingua tedesca. Non che la parli bene, tutt’altro; ma già  il capire le scritte, dire Bruneck invece di Brunico, Südtirol invece di Alto Adige, e poi conversare inserendo qua e là qualche parola in tedesco, lo rende ben gradito ai sudtirolesi di lingua madre tedesca.

     Il Sudtirolo o Alto Adige è Italia, ma pur essendo cittadini italiani, gli abitanti originari non hanno mai accettato completamente l’italianità e hanno conservano lingua, tradizioni e mentalità austriaca. Inoltre i sudtirolesi (noi li chiamiamo ‘altoatesini’ come se fossero gli abitanti un po’ selvaggi delle montagne dove nasce l’Athesis, nome latino dell’Adige), i sudtirolesi -dicevo- pensano che ‘gli italiani’ siano spesso turisti presuntuosi, esigenti e indisciplinati. Il che non è assolutamente vero, s’intende!

     Comunque gli italiani sono turisti che pagano senza discutere, sono più generosi dei tedeschi, quindi un sorriso, più o meno sincero, lo ricevono comunque. Ma i signori Natali sono considerati italiani speciali, da tenere in grande simpatia.

     Franco e Luciana (ormai li conosciamo bene e li chiameremo familiarmente così) si sono sistemati in camera, hanno riposto nell’armadio le loro cose e si godono sul balcone gli ultimi raggi del sole invernale e intanto ammirano gli sciatori che scendono con eleganti evoluzioni per la pista ‘Silvester’.

     Preso da impulso Franco scatta una foto e la manda con una mail all’amico Ugo Destaffano per fargli sapere che ha accolto il suo suggerimento e se ne sta felicemente in vacanza con la moglie.

*     *     *

     Il giorno seguente, domenica, Franco e Luciana, debitamente infagottati in calde coloratissime tute isolanti dal freddo, e attrezzati con sci ai piedi, affrontano con qualche apprensione la prima discesa. Si sono chiesti, mentre in cabina salivano verso la cima del Kronplatz (o Plan de Corones, secondo il nome ladino), se sanno ancora sciare dopo cinque anni di inattività.

     Ma sciare è come nuotare o andare in bicicletta: una volta imparato non si dimentica. Certo oggi  le loro articolazioni non sono allenate e, soprattutto per Franco, non sono più quelle di un giovane, ma scivolare con calma e prudenza, iniziando da una pista blu (facile), ridà fiducia e padronanza.

     Scendono e risalgono una due tre volte con disinvoltura e sicurezza sempre maggiori. Però la stanchezza si fa sentire presto soprattutto nei muscoli delle gambe e induce i due a sospendere le sciate e ad entrare in un rifugio.

     Si dice ancora ‘rifugio’, termine che fa pensare ad una baita, una piccola costruzione di legno, rustica e fumosa; ma oggi i rifugi sono locali grandi, moderni, confortevoli e luminosi, con parecchie decine di posti a sedere, self service classico ed etnico, ristorante con specialità italiane e austriache, due o tre bar, reparto shopping, e ovviamente tutti i servizi.

     Franco e Luciana si concedono uno spuntino con ‘Apfelstrudel u. Glühwein’ (strudel di mele e vino caldo dolce e speziato) e riposano in cima alla montagna, nel rifugio più panoramico. Aspetteranno lì il pomeriggio, ammirando dai finestroni la cerchia dei monti:  a sud le Dolomiti, a nord le Alpi, e in mezzo l’ampia vallata della Pusteria, al centro della quale domina il Kronplatz, in cima al quale ci sono loro due.

     “Pensa un po’, Lù?  Chi l’avrebbe mai detto solo due giorni fa? Se non me l’avesse suggerito Destaffano sarei ancora in città ad arrovellarmi con il pensiero della SPUV…”

     Ma il pensiero della SPUV evidentemente sta ancora, dormicchiante ma vivo, in qualche angolo della psiche e questo pensiero ne tira un altro, quello del documento che giace presso l’ufficio dei portalettere  (che diavolo sarà?), e, con reazione a catena, tira un altro pensiero ancora: perché Destaffano non ha risposto al messaggio inviato con la foto il giorno prima? Avrà dei guai?

     “Ciao Franco, buongiorno signora Luciana, come state?”  Una voce che proviene da ‘un uomo delle nevi’ in tuta argentea, berrettone copriorecchie argenteo e occhialoni specchianti, fa sobbalzare Franco e Luciana. Quando quella specie di extraterrestre si toglie berretto e occhiali appare la faccia sorridente di Ugo Destaffano.

     “Che ci fai qui? E’ un caso?”

     “No, no, non è un caso. Sono venuto per incontrarvi e fare una sciata con voi. Quando ho ricevuto la foto e il messaggino mi son chiesto: Rispondo o vado? Vado. Ed eccomi qua. Del resto da Milano non ci vuole mica tanto…”

     “Ma come hai fatto a trovarci?”

     “Tu mi hai scritto che alloggiate allo ‘Schneewittchen’ e là, appena arrivato, mi hanno detto che stavate sul Kronplatz a sciare. Dato che, come me, non siete giovincelli, ho pensato che vi sareste stancati presto e vi avrei trovato in un rifugio, probabilmente nel più panoramico. Infatti!”

     “E bravo il giornalista Sherlock Holmes!”

     Destaffano ride e rettifica: “Più che bravura è stato un colpo di… fondoschiena.”

*     *     *

     I tre amici, felici di stare insieme in un posto così bello, si godono l’ambiente e sciano un po’ nel pomeriggio. Poi tornano in albergo. Anche Destaffano ha preso una stanza allo ‘Schneewittchen’.

     Mentre percorrono a piedi la breve rampa per scendere nel seminterrato, dove c’è il deposito sci dell’albergo, commentano la loro bravura: nonostante gli anni senza sciare hanno sciato oggi senza problemi e senza fare neppure una caduta.

     “Sono, siamo, decisamente bravi!” esclama Franco. E proprio in quel momento viene tradito dalla stanchezza e dalla distrazione. Ha ancora ai piedi gli scarponi da sci, quegli strumenti specializzati per stare attaccati con sicurezza agli sci, ma assolutamente inadatti a camminare. Si trova a passare su un punto ghiacciato, slitta, perde l’equilibrio e cade pesantemente a terra battendo il sedere. Si rialza, prova a muoversi e si rende conto con sollievo di potersi muovere senza alcuna difficoltà.

     “Meno male. E’ tutto a posto.”

     “Probabilmente fra poco sentirai dolore al coccige. E’ capitato anche a me e, il giorno dopo avevo dolore quando mi sedevo. Ma potrai sciare lo stesso. Solo che, quando sei in seggiovia o in cabina, devi sederti di traverso…”

     “Non sarà meglio andare al pronto soccorso?” chiede Luciana un po’ preoccupata.

     “E che ti fanno?” replica Destaffano con un sorriso un po’ beffardo, “Metti che ci sia un piccola frattura alle vertebre coccigee. Non possono mica ingessarle. Hai mai sentito parlare di un culo ingessato?”

      “E però anche questo è stato … un colpo di fondoschiena, ma non in senso figurato. E’ stata proprio una botta di cu... Ma sopravviverò.”

*     *     *

     Dopo un lungo riposo i tre amici si ritrovano a cena. Si siedono allegramente a tavola; Franco  sta seduto un po’ storto per non sentire dolore, ma ha preso un analgesico e il coccige, in quella posizione, non dà fastidio.

     Il menù prevede una cena etnica:

- Knödel in brodo (canederli, cioè gnocchi a base di pane e aromi ),

- Gulasch (spezzatino di manzo con deciso aroma di cipolla e peperone)

- Kaiserschmarrn (parola quasi impronunciabile. Si tratta di deliziosi stracci di crèpes con marmellata di mirtilli e zucchero a velo),

- antipasto e insalate a buffet.

     I tre accettano con entusiasmo il menù etnico, anche se per gli italiani, che siano ostinatamente ed esclusivamente amanti della cucina italiana, sono previsti (a loro rischio): spaghetti (scotti) al pomodoro, pollo arrosto (stile mensa aziendale) e panettone ex natalizio.

     Dopo cena, tutti e tre in salotto con una bella bottiglia di grappa di pere come digestivo.

Si dice digestivo,  ma si intende piacere di gola, perché dire ‘digestivo’ è un alibi per far finta di essere morigerati. Da quando l’alcol è un digestivo?

     Chiacchierano a ruota libera, come si fa tra vecchi amici. E proprio vecchi amici sembrano, anche se in realtà sono entrati in confidenza solo da pochi giorni.

     Franco chiede a Ugo se ha già pronto un articolo sull’Expo. Risposta:

     “No. Sono arrivato appena da due giorni e non ho visto nulla del cantiere. Ho chiesto però in giro, in particolare a un paio di giornalisti che conosco. Sono piuttosto scettici…”

      “Pensano che non finiremo in tempo?”

      “… no, non sulla possibilità di finire in tempo. Noi italiani siamo bravissimi ad improvvisare e a trovare soluzioni anche all’ultimo giorno. Sono scettici sull’utilità di questa esposizione che, secondo loro, è una imitazione anacronistica delle fiere universali di un tempo, quando le cose bisognava vederle direttamente, altrimenti non sarebbero mai arrivate nella tua città, o ci sarebbero arrivate dopo anni. Inoltre c’è paura di attentati. Infine si sta costruendo una città fasulla, strutture che non serviranno poi a niente, progettate secondo la moderna regola dell’ ‘usa e getta’ per cui probabilmente deperiranno in due o tre anni…”

     “Dunque il solito spreco che nasconde anche il solito ‘aumm aumm’ condito di mafia?” chiede Luciana.

     “Sembra inevitabile. Piuttosto… sapete che cosa ho trovato a Milano?”

     “?”

     “Ho trovato, anzi comprato in una bancarella, un ombrello con l’etichetta della nostra ‘SPUV’. Ma la SPUV fabbrica ombrelli?”

     La parola SPUV genera un senso di gelo. L’argomento, momentaneamente dimenticato, o almeno rimosso dalla coscienza, torna a pesare rovinando l’atmosfera della serata. A Destaffano dispiace di averlo tirato fuori, ma non poteva farne a meno. In realtà è venuto a trovare l’amico Franco, non solo per il piacere di stare insieme, su questo non c’è dubbio, ma anche e proprio per parlare della SPUV.

     (Continua con… La strana produzione della SPUV s.p.a. cliccami)

Agostino G. Pasquali

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