Viterbo CRONACA Uno spettacolo divertente che ha dato vita, con ironico realismo, ad alcuni prototipi di cittadino viterbese
di Tiziana Mancinelli

 

All’ombra dipinta sulle scenografie del Teatro San Leonardo dalle sagome della Loggia Papale, della caratteristica fontana a fuso e della Macchina di Santa Rosa, è andata in scena sabato e domenica scorsa una brillante rappresentazione ideata e interpretata dall’attore Pier Maria Cecchini, affiancato dai ragazzi del laboratorio teatrale “Arti sceniche di Viterbo”, e dal musicista Massimiliano Annibaldi.

Uno spettacolo divertente che ha dato vita, con ironico realismo, ad alcuni prototipi di cittadino viterbese.

La sala, gremitissima, senza più un posto libero in entrambi i giorni, ha riso divertita, completamente inondata dalla dilagante esplosione di ilarità che già si annunciava con il titolo: “Cinquanta sfumature di etrusco”. Sfumature che sono diventate delle vere e proprie caricature dei tratti più tipici e buffi del viterbese.

Quando Pier Maria Cecchini irrompe sul palco interpretando un “ruspante” artigiano intento a contrattare con una signora la tinteggiatura della sua casa, sembra proprio di riconoscere l’idraulico, l’imbianchino o il muratore che è stato a casa nostra per un lavoro, portato in scena estremizzando comicamente alcuni lati o modi di fare.

Ne nascono simpatici siparietti all’interno dei quali si rivive l’abbraccio della calda quotidianità di un piccolo capoluogo di provincia. Anche la scena dedicata al personaggio politico che tiene un comizio per l’elezione al Comune di Viterbo scuote la platea con una colossale risata.  

Qualche consigliere comunale presente prova a indovinare a quali figure possa essersi ispirato il personaggio e il pensiero vola subito a Nando Gigli e a Giuseppe Fioroni, figure che hanno influenzato i destini della nostra provincia per mezzo secolo. Il personaggio di Pier Maria Cecchini si presenta alla platea con un programma a dir poco esilarante che tocca i punti caldi delle nostre secolari problematiche.

Le vie di comunicazione. Vista l’impossibilità di percorrere quelle aeree, ferroviarie e stradali, resta un’unica alternativa: “quella fluviale, mettendo un battello sull’Urcionio per arrivare a Roma via Tevere”. La sala applaude, ride, si diverte. Cecchini continua nelle vesti del politico rampante a descrivere la sua ricetta per il rilancio della città: “Palazzo Papale, Caffeina, San Pellegrino, via tutto”.

La svolta culturale della Tuscia passa per il “riconoscimento del dialetto viterbese come lingua nazionale”. “Non è possibile che un extracomunitario che risiede qui da decenni – dice Pier Maria Cecchini – non sappia la frase principe della viterbesità: ma chi sei gojo”.

E’ un tripudio di applausi che raggiunge l’apice quando l’attore propone di recintare con il cemento piazza del Comune e fare una mega piscina, “con l’acqua del Bulicame ovviamente” a servizio dei cittadini e dei politici che tra un consiglio comunale e un altro potrebbero fare un tuffetto direttamente dalle finestre di Palazzo dei Priori.

C’è un momento, quello finale, dedicato al ricordo dei tempi passati quando invece di scambiarsi messaggi con il cellulare si spedivano le lettere, il registratore con il nastro era una rivoluzione e volavano scappellotti ai figli, e non agli insegnanti, in caso di pagelle negative.

La platea dopo avere riso tanto, si gode il finale assaporando questa cartolina del passato offerta dall’attore seduto da solo sul ciglio del palco, dove, seguendo un po’ il copione e un po’ improvvisando fa rivivere i vecchi tempi insieme all’anima più antica di questa città che anima ogni giorno i suoi borghi con le cose che vanno bene e anche quelle che vanno male.

Lo spettacolo è una produzione del gruppo Carramusa, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Viterbo.

Tiziana Mancinelli

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