Viterbo CRONACA Decidemmo di acquistare una carrozzina con il motore
di Bruno Matteacci
Via Cavour
Il famoso detto enunciato nel titolo, anche se passato nel dimenticatoio è stato rinverdito dopo circa trenta anni e più dalla grazia e dalla dolcezza delle persone che hanno indirettamente vissuto l'episodio, da me voluto, caldeggiato e portato a termine con la collaborazione dei colleghi dell'Ufficio in cui lavoravo nella Amministrazione Comunale di Viterbo.
Tutto è tornato alla memoria grazie al ricordo fatto da una persona che abitava vicino al soggetto, attrice del fatto.
L'ingresso degli uffici comunali in cui prestavo attività lavorativa erano in Via Filippo Ascenzi n.1 e lì ci si incontrava con i colleghi prima di sedersi dietro ad una scrivania. Tutte le mattine, puntualmente, i nostri occhi dovevano vedere uno spettacolo veramente commovente, un bambino, con tanti sforzi, spingeva una carrozzina per portatori di handicap sulla quale era seduta la sorellina, poco più grande di lui.
L'itinerario era sempre quello: partenza dal quartiere Pilastro, attraversamento di piazza San Faustino e giù, per via Cairoli, tenendo ben stretto il bordo della carrozzina fino al Sacrario, dove il piccolo attore della scena, riprendeva fiato per poi iniziare la faticosa salita di via Ascenzi, con leggera pausa in piazza del Plebiscito e procedere poi, con tanti sforzi, lungo la salita di via Cavour per giungere, senza un fiato, via Garibaldi e girare quindi su via Tommaso Carletti dove aveva sede la Scuola Media.
Decidemmo di acquistare una carrozzina con il motore, cosa che facemmo nell'arco di pochi giorni. Consegnammo, in forma molto riservata, la carrozzina tra le lacrime dei presenti e il sorriso dei due bambini e dei genitori. Per vari giorni quando la bambina, autosufficiente nella guida, transitava davanti a noi, ci lanciava baci salutandoci con un fazzoletto leggermente bagnato con le sue lacrime.
Bruno Matteacci
