Viterbo CRONACA Scuola: Anche questo giornale ha fatto la sua parte: saluti di sindaci

 

O   come  :  Ottanta euro

     “Ragionamento! Che cosa era codesto?” si chiederebbe oggi don Abbondio.

     A considerare i fiumi di parole che vengono detti in televisione e scritti nei vari siti, blog, facebook, twitter e cianfrusaglia simile di internet, il ragionamento è diventato roba di altri tempi; il ragionamento è un novello Carneade per gente che ne fa a meno (del ragionamento, voglio dire), ma usa solo slogan, mantra e dogmatiche sentenze.  Perciò questa è gente neppure degna di essere paragonata a don Abbondio, che non conosceva chi era Carneade, ma almeno la domanda se la poneva.

 

     Da questa ignoranza si salva un po’ chi scrive sui giornali, soprattutto su quelli che si qualificano liberi (ma giornali del tutto liberi dopo Montanelli non ce ne sono stati più), quando nel dare la notizia di un fatto si cerca di spiegarne razionalmente il come e il perché e si prova a prevederne le conseguenze.

     Un evidente esempio di acriticità, cioè di mancanza di ragionamento, è il giudizio positivo o negativo, a seconda del colore politico di chi lo dà, sul  famigerato bonus Irpef di 80 euro. E’ utile o no a far ripartire i consumi?

     Perché non ragionarci un po’ e prendere in esame anche un’altra possibilità?

Si afferma acriticamente: A) si è visto che il bonus non può produrre la ripresa dei consumi, oppure  B) il bonus produrrà un aumento di consumi.

Ma c’è una terza possibilità:  C) il bonus impedisce una più grave riduzione dei consumi. E questo sarebbe già un effetto non trascurabile.

     I dati economici che io conosco nella mia qualità di modesto osservatore (di seconda mano) non sono tali da farmi capire quale ipotesi sia vera, o almeno più vicina al vero, però vorrei sentire dagli esperti un po’ di dati e di ragionamenti, non solo slogan dettati dalla convenienza politica.

 

S   come  :  Scuola

     Ieri è stato il primo giorno dell’anno scolastico. Non sono mancati gli interventi, i saluti e i rituali commenti di giornali e telegiornali.

     Anche questo giornale ha fatto la sua parte: saluti di sindaci (Montalto di Castro e Tarquinia),  un lungo e bell’articolo di “divagazioni e ricordi” di Barbara Pasqualini, leggendo il quale la mia impertinenza si è momentaneamente assopita e ha lasciato il posto a ricordi personali, suggestioni e sentimenti che le parole dell’autrice hanno sapientemente evocato.

     Poi però Claudio Santella ha risvegliato il mio spirito critico (l’impertinenza che sonnecchiava)  evidenziando, nell’articolo “La Scuola che sogno” (notare Scuola con iniziale maiuscola!), i gravi problemi della scuola stessa.  Problemi che sono contemporaneamente una delle cause e uno degli effetti dell’incapacità che questa nostra Italia dimostra, ogni giorno di più, nell’affrontare i problemi sociali ed economici.

     Si è innescato un circolo vizioso:  ormai da alcuni decenni (dal famigerato 1968?) la scuola ha insegnato sempre meno ed ha educato sempre peggio quei ragazzi che sono i cittadini di oggi. Però gli insegnanti di oggi sono parte di questi cittadini, poco istruiti e poco civili; quindi i ragazzi di oggi, cioè i cittadini di domani, saranno educati…

     Riconosco che esistono insegnanti e studenti di buona volontà e personale iniziativa, che escono dal gregge e s’impegnano, divengono eccellenze e, se possono, … vanno all’estero. Quelli che restano vengono invischiati, osteggiati e trattati come “rompicoglioni”.

     Claudio Santella sogna la Scuola che vorrebbe. Però anch’io…

 

M   come  :  Meco Torso

    … come succede a volte, quando si va a dormire con un dubbio o un problema irrisolto, poi magari sogno. E ho sognato, come al solito, Meco Torso.

- Ecchime! Nun me spettavi?

- No! Meco Torso, non ti aspettavo proprio.

- ‘un te ce rabbià. So vienuto pe ‘n suggerimento…

-… della solita Commissione dell’ecc. ecc.?

- None! Nissuna commissiò. Qué adé propio un suggerimento mio. Vojo parlà de la scola, de li probblemi che c’ha. Tutti anzieme ‘sti probblemi sarieno troppi puranze pé ‘n governo, dicemo, “tedesco”, figurete pé ‘l governo ‘taliano che me pare ‘n carretto pieno de matti, che al carretto c’hanno ‘ttaccato du cavalle, uno davante e uno dereto,  e li fanno tirà ‘n du direzione cuntrarie…

- Ferma, ferma, Meco! Non riesco a seguirti: la scuola, il governo, un carretto? Ma che dici?

- Donque! La scola c’ha ‘n sacco de probbleme. Ne volemo risolve uno? Quello de le precarie, de le maestre e de le professore che sò disoccupate?

- Si, giusto! Vai avanti.

- Allora, mannamo a casa queloro che nun je serve de lavorà, che sò più che antro le femmene che  c’hanno un  marito ricco. E sò parecchie:  moje de dottore, de magistrate,d’avvocate, de  dirigente, de pezze grosse dell’empiego civile e militare… tutte a casa. Tanto, a quelle famije, li mille euri nun je fanno manco ‘l solletico. Dimo:  queloro che ‘n famija guadagnano aggià cinque mila euri al mese, puliti .

- Improponibile! Sarebbe una rivoluzione. Figurati le proteste sindacali e i ricorsi: TAR, consiglio di stato, magistratura ordinaria, e probabile incostituzionalità della legge che dovrebbe disporre un simile esodo. Alla fine non si farebbe nulla. E poi, ammesso che sia possibile, si rischierebbe di perdere validi insegnanti, gente che insegna per passione e ci mette l’anima.

- Ecchete! Quanno se tratta de giudicà li dipendenti pubblici, tutti a ddì che nun lavorano. Quanno se tratta de mannalli a casa, tutti a difennelle perché sò tutte brave e ‘ppassionate.

Però te vojo seguì: se ‘sti  ‘nsegnante, che so ricche e nun je serve ‘l guadagno, ‘nsegnano pé ppassione, potarebbero lavorà gratise o se potarebbero accontentà de una paga ridotta.

Si rriduci le spese, potarissi assume altra ggente.

- E non pensi che per evitare il licenziamento o perdere la paga quelle donne farebbero il divorzio?

- Me sa che c’hai raggione. Pe’ la paraculaggine l’italiani sò ‘mbattibbili!

E c’hai de securo raggione pe’ la faccenna de li ricorsi. Voe ‘taliane de oggi nun c’ete senzo de lo stato, del bene commune, gnuno penza pe’sé e se difenne da la giustizia, in mentre che l’ingiustizia fa sempre commedo.

- Giustizia? Ingiustizia?

-  Aoh! sto a parlà de giustizia sociale, si tu sae ch’adè! Penzece, e mò bona notte!

Aggì