Italia CRONACA L’umanità ha perduto il suo cuore, e noi dobbiamo ridarlo… a chiunque lo rivoglia

 

In occasione delle fiere della pecora e di altri animali, capretti, suini..., pur rispettando il lavoro, gl’interessi, la libertà e la consapevolezza di chi parteciperà a questo evento, desideriamo condividere alcune riflessioni, perché tutto avvenga con una maggiore presa di coscienza, in un più ampio rispetto della vita e di ogni creatura.

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un aumento vertiginoso di persone che hanno fatto della propria dieta una conquista morale.

Non si tratta solo di diventare vegetariani e vegani, bensì di considerare l’aspetto etico dell’alimentazione, il tipo di impatto che il cibo ha, durante la produzione, sull’ambiente, oltre l’essenziale componente della sofferenza e dell’uccisione degli animali negli allevamenti.

Già una riduzione nel consumo di carne può contribuire sensibilmente a un mondo più sano, umano, rispettoso della vita. Volutamente evitiamo di entrare nell’ambito delle molte sostanze dannose e innaturali che vengono utilizzate per trasformare la vita e la carne di milioni di creature in un prodotto industriale di largo consumo.

La scelta di cambiare rotta, di considerare aspetti più sottili, di chiedersi quale sia il proprio contributo nel mondo e cosa possa migliorare la situazione, sono tutte caratteristiche di una scelta individuale. Ciascuno agisce in base alla sua buona coscienza.

Certo è che, informandosi e scoprendo molte realtà collegate a questo settore, la scelta può risultare più semplice e naturale. Non per religione o ideologia: semplicemente per richiesta del proprio cuore.

Sia le capre che le pecore vengono sfruttate, a seconda della razza, per produrre lana, carne, latte e pelle. Questi animali non vengono allevati in modo intensivo: la maggior parte viene ancora condotta al pascolo.

Il corpo delle femmine è costantemente sottoposto alle fasi intensive della riproduzione e non conosce mai tregua. Per questo è molto frequente la fuoriuscita dell’utero dopo il parto, con conseguenti infezioni; quando non è possibile rimettere in sede l’utero, la femmina muore.

Gli esemplari maschi dei capretti e degli agnelli vengono castrati molto presto e ad appena poche settimane di vita macellati. In Italia oltre 700.000 ovini vengono uccisi solo durante le festività pasquali.

I maschi non destinati alla produzione di carne diventano ovini da riproduzione e quindi utilizzati per ingravidare le femmine, che come ogni altro mammifero producono il latte solo dopo aver partorito. Dal momento che l’accoppiamento ha modi e tempi che non coincidono con quelli dell’allevamento, gli allevatori spesso usano l’inseminazione artificiale.

Dopo aver partorito, la madre e i cuccioli vengono separati; il latte prodotto destinato alla commercializzazione. La mungitura avviene per lo più in maniera meccanica, come per le mucche, tramite dei congegni applicati alle mammelle che aspirano il latte e lo convogliano nei recipienti.

Quando le pecore e le capre non producono più abbastanza lana o latte diventano improduttive e anch’esse mandate al macello.

In tutta questa catena produttiva, nella quale esseri senzienti e viventi vengono considerati come oggetti, trattati senza alcun rispetto né umanità, sfruttati, umiliati, affamati, torturati ed eliminati senza pietà, si tralascia di considerare quanto un prodotto derivato da una tale brutalità ne sia contaminato e alterato.

Non c’è da parte nostra alcuna intenzione di risveglio o scoraggiamento:
semplicemente, desideriamo ispirare una più ampia considerazione e meditazione su questo genere di temi.

Come scrive Osho in “From Death to Deathlessness”, «le abitudini, anche alimentari, si modificano solo attraverso una crescita in consapevolezza.

Non credo nel vegetarianismo, perché non credo in niente. I miei discepoli sono vegetariani non perché seguaci di una setta, non perché fedeli a una  dottrina.

Sono vegetariani, perché le loro meditazioni li rendono più umani, più vicini al cuore, e così vedono la totale stupidità di coloro che uccidono esseri viventi per cibarsene.

È la loro sensibilità, la loro consapevolezza estetica, che li rende vegetariani. Io non insegno il vegetarianismo: è una conseguenza della meditazione.

Ovunque sia accaduta la meditazione, le persone sono diventate vegetariane; sempre, da migliaia di anni.

Non puoi uccidere gli animali per mangiarli, non puoi distruggere la vita.

Quando hai a disposizione cibi deliziosi di ogni tipo, che bisogno hai di uccidere degli esseri viventi?

Non c’entra niente con la religione. Si tratta semplicemente di sensibilità, di comprensione estetica.

È questa sensibilità a rendere vegetariana la mia gente. E si tratta di un guadagno, non di una perdita.

Ti renderà anche più amorevole, più compassionevole, più sensibile, più in grado di apprezzare la bellezza.

Ti renderà consapevole di una grande musica: la musica che si sente quando il vento soffia tra i pini, o il suono dell’acqua che scorre… la musica che c’è in questo momento, in questo silenzio. L’umanità ha perduto il suo cuore, e noi dobbiamo ridarlo… a chiunque lo rivoglia.»

G.P.