Villa san Giovanni in Tuscia CRONACA
Micaela Merlino

Cinquant’anni fa andò in onda in Italia l’“Odissea”, uno sceneggiato televisivo che è un vero capolavoro. Bekim Fehmiu, interprete dell’eroe omerico, otto anni fa ha compiuto il suo ultimo viaggio nelle stesse acque solcate da Odisseo.

Il 2018 segna le “nozze d’oro” di Ulisse e Penelope del piccolo schermo. Lo sceneggiato “Odissea. Le avventure di Ulisse”, basato sull’omonimo poema epico attribuito al poeta Omero, nella versione tradotta dal greco dalla studiosa Rosa Calzecchi Onesti, fu trasmesso dalla RAI in otto puntate nella primavera del 1968, per la regia di Franco Rossi, in collaborazione con Mario Bava e Piero Schivazappa.

Il ruolo dell’eroe dal multiforme ingegno, cioè di Odisseo, fu affidato all’affascinante attore Bekim Fehmiu, nato a Sarajevo nel 1936 da una famiglia albanese del Kosovo originaria di Djakova. Nel ruolo della fedele e paziente Penelope, invece, la bella e brava attrice greca Irene Papas, più grande di lui di dieci anni essendo nata a Chiliomodi in Grecia nel 1926. Differenza anagrafica che, però, sulle scene non si notava.

Altri attori italiani interpretarono vari personaggi del poema, ad esempio Marina Berti nei panni di Arete, e Scilla Gabel in quelli della bellissima Elena moglie di Menelao. Gli episodi furono girati per la prima volta a colori, gli interni in Italia negli studi di Dino De Laurentis, gli esterni in Jugoslavia.

Mario Bava e Carlo Rambaldi curarono gli effetti speciali; il Rambaldi anni dopo si occupò degli effetti speciali di film di grande successo, quali “King Kong” ed “ET l’extra-terrestre”, solo per ricordarne alcuni. Le musiche furono composte da Mario Rustichelli. Furono memorabili per la grande suggestione che riuscirono ad evocare negli spettatori, scene come quelle di Odisseo e i compagni nell’antro del terribile Polifemo, e la strage dei Proci nel Palazzo di Itaca.

Piene di pathos anche le scene più intime, come quella del riconoscimento dell’eroe da parte della fedele Penelope. Ogni puntata era introdotta dal poeta Giuseppe Ungaretti, che leggeva alcuni versi dell’Odissea. E’ da ricordare che proprio nel 1968 Ungaretti fu festeggiato in Campidoglio con una solenne cerimonia, per il compimento dei suoi 80 anni. Morì due anni dopo, il 1° Giugno 1970. La collaborazione tra Bekim Fehmiu e Dino De Laurentis era iniziata nel 1967, un anno prima dello sceneggiato.

L’attore, che si era diplomato all’Accademia di Arte Drammatica di Belgrado, aveva iniziato la sua carriera negli anni ‘50 del XX secolo, e aveva raggiunto la notorietà proprio nel 1967 con il film “Ho incontrato anche zingari felici” del regista Aleksandar Petrovic, nel quale interpretava il ruolo dello zingaro Beli Bora Perjar. In quell’anno il film vinse il Premio Speciale della Giuria del 20° Festival di Cannes, e fu nominato all’Oscar come film straniero. Proprio a Cannes Dino De Laurentis volle incontrare il bravo attore, e lo ingaggiò proponendogli un contratto, che egli accettò.

Bekim era rimasto sempre molto affezionato al ruolo di Odisseo, tanto che chiamò Uliks (Ulisse) il figlio primogenito avuto dalla moglie Branka Petric, anch’essa attrice. Nel poema omerico, e nello sceneggiato del 1968 che ne rievoca la storia, Odisseo dopo la guerra di Troia e le incredibili avventure e disavventure per mare e per terra nel tentativo di raggiungere la sua patria Itaca, riesce infine a tornare, a ricongiungersi con la sua sposa Penelope e con il figlio Telemaco, a cacciare i Proci e a recuperare il regno. Un finale felice, dunque. In modo non altrettanto felice, invece, si è conclusa la vita di Bekim Fehmiu.

Purtroppo il magistrale interprete di Odisseo, e di altri ruoli in film di successo, è morto suicida nel suo appartamento di Belgrado con un colpo di pistola, il 15 Giugno 2010 a 74 anni, 42 anni dopo la sua partecipazione allo sceneggiato “Odissea”. Quali i motivi di questo gesto estremo? La ragione più diretta pare siano stati seri problemi di salute, che lo colpirono circa quattro mesi prima del suicidio. Provato nel fisico e nella psiche, non riuscì ad affrontare quella situazione di dolore, di qui la decisione di porre fine ai suoi giorni.

Tuttavia secondo quanto raccontò uno dei figli, la malattia e il conseguente suicidio furono solo l’epilogo di un disagio interiore che l’attore stava vivendo da parecchi anni, per motivi derivanti dalla situazione politica balcanica. Nel 1987 Slobodan Millosevic salito al potere iniziò una politica di intolleranza e di odio, prendendo di mira gli Albanesi del Kosovo che accusava di maltrattamenti nei confronti della minoranza serba, e iniziando una vera “caccia all’albanese”. In quell’anno Bekim per protesta smise di lavorare come attore in Jugoslavia, facendo anche un gesto eclatante: abbandonò il palcoscenico del Teatro Drammatico Jugoslavo di Belgrado nel corso della rappresentazione “Madame Colontein” di Anjette Pleyal.

Agli inizi degli anni ‘90 scoppiò la guerra nei Balcani, che a causa della sua spietatezza e degli eccidi che si compirono in nome dell’odio etnico e religioso, segnò ancor più profondamente l’attore. Con il passare del tempo si chiuse sempre di più in se stesso, in un silenzio che divenne abituale compagno del suo senso di solitudine. La sua ultima apparizione cinematografica fu nel 1992 nel film “Gengis Khan” del regista Ken Annakin, mentre nel 1998 abbandonò definitivamente le scene.

Nel 2000 rifiutò di lavorare ad uno spettacolo del regista Gianfranco Pedullà, che sarebbe dovuto andare in scena a Fiume. Avrebbe dovuto interpretare il ruolo di Ulisse vecchio e stanco che torna a Itaca, e riflette sul suo passato. Mentre percorreva sempre più disilluso e deluso il suo “viale del tramonto”, l’attore affidò alla scrittura il ricordo della sua vita.

Agli inizi degli anni 2000 fu pubblicato il suo libro “Blistavo i Strasno” (“Splendente e Tremendo”), in realtà composto parecchio tempo prima, verso la metà degli anni ‘80, nel quale ha raccontato i primi venti anni della sua vita nelle città di Prizren e di Pristina, cioè quelli della giovinezza e dei suoi primi passi nel mondo delle scene. L’amicizia professionale con Irene Papas rimase nel tempo, e proprio nell’anno in cui abbandonò le scene in Jugoslavia (1987) fu chiamato ad interpretare Giuseppe, mentre la Papas interpretò Maria anziana nello sceneggiato “Un bambino di nome Gesù”, di nuovo per la regia di Franco Rossi. La serie televisiva, trasmessa agli inizi di aprile del 1988, mise in scena episodi dell’infanzia di Gesù tratti dai Vangeli Apocrifi.

La “coppia profana” Odisseo-Penelope a distanza di vent’anni si trasformò nella “coppia sacra” Giuseppe-Maria. Dieci anni dopo, nel 1997, la Papas tornò ad interpretare l’ “Odissea”, una miniserie televisiva prodotta da Francis Ford Coppola per la regia di Andrej Koncalovski, ma nel ruolo di Anticlea, madre di Ulisse. Odisseo fu invece interpretato dall’attore Armand Assante ma, nonostante la sua bravura, forse non ha eguagliato l’intensa interpretazione di Bekhim Fehmiu.

L’ultimo viaggio di Odisseo-Bekhim è avvenuto affidandosi alle acque. Infatti le ceneri dell’attore, per sua volontà, furono gettate nel fiume Bistrica all’altezza di Prizren. Il fiume ad un certo punto incontra il Drin, che attraversa l’Albania e poi sfocia nel Mar Mediterraneo, perciò si sono poi disperse tra i flutti di questo mare. E’ la stessa distesa marina solcata a più riprese dall’indomito Odisseo, e forse anche per questo motivo Bekhim ha voluto riposare in eterno tra quelle onde.

 

 

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