Arlena di Castro CRONACA


Un occasione per conoscere meglio la comunità e il gruppo locale Amici di San Rocco che da 10 anni vivono il cammino con il sodalizio con sede a Roma nella chiesa di San Rocco all Augusteo.

“Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la mistica di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti.(…)

Se potessimo seguire questa strada, sarebbe una cosa tanto buona, tanto risanatrice, tanto liberatrice, tanto generatrice di speranza! Uscire da se stessi per unirsi agli altri fa bene. Molti tentano di fuggire dagli altri verso un comodo privato, o verso il circolo ristretto dei più intimi, e rinunciano alla dimensione sociale del Vangelo.

Il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo.”Facendo proprie le parole dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (nn 87-91), scritta da papa Francesco, il procuratore  Fratel Costantino De Bellis con  la gioia di sempre ed il calore della fede invita i gruppi associati, le confraternite, le comunità e tutti coloro che hanno San Rocco nel cuore, a ritrovarsi tutti insieme perché ogni volta sia un nuovo incontro di Spiritualità e di lode al Signore dei Gruppi Amici di San Rocco”.

A questo punto ho ripensato alla vita di San Rocco e mi son chiesto come sarebbe stata la sua esistenza  se avesse seguito “ il buon senso” che regge il mondo e non il Vangelo. Sicuramente oggi nessuno avrebbe parlato di lui. Invece se ancora meditiamo sulla sua figura e lo veneriamo come Santo è perché ha vissuto in pieno il Vangelo di Gesù. Pensiamo l’afflizione di San Rocco nel vedersi cacciato dalla città di Piacenza perché appestato, dopo che aveva curato tanti nel locale lazzaretto della città; pensiamo la sua afflizione nel vedersi trattato da spia e ingiustamente messo in prigione per cinque anni.

Pensiamo anche la consolazione, però, che il Signore gli ha concesso quando, nel bosco di Sarmato, gli ha inviato l’ Angelo, per curare la sua malattia o quando nella prigione lo stesso Angelo ha alleviato la sua solitudine, visita attestata dalla luce che sprigionava la cella di San Rocco in alcuni momenti e dalla tavoletta trovata sotto il suo guanciale che affermava che chiunque avesse invocato il nome di Rocco sarebbe stato guarito nella malattia. Con quanto coraggio e amore San Rocco ha sopportato e offerto le sue afflizioni al Signore. Afflizioni e lacrime che in una persona “amica” del Signore si trasformano in preghiera all’Altissimo.

Indubbiamente è un mistero grande e stupefacente questo del dolore che si trasforma in gioia. Afflizione, tristezza, pianto. Per che cosa? Certamente per le malattie, per i dolori che ci toccano personalmente. Ma non basta, perché tutto ciò è già conseguenza. Quella afflizione di cui parla il Vangelo nasce invece dal risalire fino all’origine di quei dolori. Giungere, cioè, a provare pena e rincrescimento in seguito alla presa di coscienza che il peggiore dei mali, quello dal quale poi tutti derivano, è uno solo: ed è il peccato. Cioè è il rifiuto di Dio, la chiusura totale o parziale a Lui, è il non corrispondere all’amore che egli nutre per ogni uomo.

E’ capire la grandezza straordinaria del nostro essere uomini, quella di essere chiamati, da creature, a condividere per l’eternità la vita stessa del Creatore in una beatitudine d’amore senza fine. Ma nello stesso tempo avere la percezione dell’abisso che fra noi è frapposto, abisso di debolezza, di limiti, di paure, di tentazioni, di cadute che premono da ogni dove e che rendono la vita difficile e assai spesso dolorosa. Una voragine profondissima che solo la misericordia divina può colmare.

Misericordia che tuttavia, dato il grande rispetto che Dio ha per la nostra libertà, richiede almeno qualche briciola di presa di coscienza quale appunto una afflizione del cuore può esprimere.
Agli affaticati, agli stanchi Gesù propone non solo di andare a Lui ma anche di “prendere la propria croce” e di seguirlo, promettendo però che quel giogo sarà “soave” e quel carico “leggero”. E’ il coraggio non solo di piangere per il male nostro e del mondo, ma di caricarselo sulle spalle però non per esserne distrutti, come avverrebbe invece se contassimo solo sulle nostre forze. E’ alla maniera di Gesù che quel carico diventa “soave” e “leggero”, e questo perché è l’amore di cui è intriso che lo trasforma da masochismo patologico in possibilità di redenzione e di vita.

San Rocco si fece carico delle sofferenze degli appestati che incontrava lungo il suo cammino, fino a farsi prossimo per loro e con loro nella malattia. Ma quella malattia era segno del grande amore per Dio e di Dio per gli uomini fino a trasformarsi in Lui in redenzione e vita beata.
Papa Francesco ci ricorda che “Le forme proprie della religiosità popolare includono una relazione personale (…) con Dio, con Gesù Cristo, con Maria, con un santo e nel nostro specifico con San Rocco.

L’unica via consiste nell’imparare a incontrarsi con gli altri con l’atteggiamento giusto, apprezzandoli e accettandoli come compagni di strada, senza resistenze interiori. Meglio ancora, si tratta di imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro richieste. È anche imparare a soffrire in un abbraccio con Gesù crocifisso quando subiamo aggressioni , ingiuste o ingratitudini, senza stancarci mai di scegliere la fraternità, la misericordia .”…ed è proprio questo che Fratel Costantino cerca di farci capire con il rinnovarsi di questi incontri: perciò non restiamo chiusi  a questo suo nuovo invito.

 

 

 

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