Viterbo CRONACA DELL'800

Ammirano le foto, Lucia Arena e Hans Rainer Kolb della più antica legatoria di Viterbo la storica "Legatoria Viali"

Il 18 giugno è stata inaugurata una rassegna di 150 fotografie, parte della ben più ampia collezione di Mauro Galeotti, ritraenti la Viterbo della seconda metà del XIX secolo.

La mostra è presente all’interno dell’ICult di Bic Lazio al cui allestimento  ha collaborato anche la società Archeoraes, e rimarrà aperta fino al 27 di questo mese.

Quando ho varcato la soglia della sala in cui erano esposte le fotografie non mi sarei aspettato un impatto così emozionante come quello provato di fronte ad ogni immagine.

Ne ho visitate altre di mostre sullo stesso tema che però, forse perché riguardanti luoghi a me poco noti, non hanno prodotto la stessa impressione.

Quelle foto realizzate dalla seconda metà del’800 al 1910, ingiallite dal tempo, ci restituiscono angoli e scorci suggestivi di una Viterbo più misera, ma certamente dignitosa: una Viterbo  affascinante, nella sua economia prettamente agricola e artigianale.

Pur spente nella coloristica, sono immagini vive che cristallizzano il vissuto dei nostri nonni, con i loro vestiti scuri della festa su cui risalta il bianco della camicia, oppure danzanti sull’aia per celebrare la fine di una stagione agricola.  

E che dire del mercato di piazza Fontana Grande con il suo disordine ordinato, nel quale le donne con le “polacchine” espongono i loro prodotti agricoli e in cui sembra di sentirne ancora il vociare ciarliero? E quegli assembramenti all’inizio di via Cavour non ci riportano forse a quelli che dovevano esserci durante il “Processone” ai manutengoli di Tiburzi?

Sono uomini dalle mani callose, con baffi e cappello, di stretta consuetudine, che ci raccontano della nostra viterbesità, di quel patrimonio fatto di fontane funzionanti, delimitate da barriere atte a conservarle affinché anche i posteri potessero fruirne, o, più semplicemente, oggetto di continua manutenzione per la salvaguardia della loro efficienza. E i getti d’acqua da ogni cannella sono lì a provarlo.  

Non si può rimanere indifferenti di fronte a queste immagini che ci accomunano nella nostra viterbesità e che ci trasmettono un forte messaggio: così come piacciono a noi quei begli angoli della città di Viterbo, dobbiamo avere la lungimiranza di far sì che anche le generazioni future possano godere di tali bellezze.

Ma perché ciò accada, occorre che l’amore che non manchiamo mai di evidenziare a parole per questa nostra città, non sia più solo discorsivo ma reale. Tutto contribuisce a renderla più gradevole, anche i piccoli gesti quotidiani di ogni singolo; non sporcando, non imbrattando, non deteriorando, non vandalizzando. 

Alle istituzioni poi la consapevolezza dell’alto debito che debbono avvertire verso questo patrimonio che rende Viterbo unica. Un patrimonio che non deve essere inventato perché c’è, è lì che aspetta solo di essere valorizzato attraverso protezione e manutenzione.

I tanti segni che le famiglie aristocratiche, a cominciare dai Farnese, ci hanno lasciato, ci ricordano il prestigio, il benessere socio-economico di cui anche questa nostra città ha goduto. 

Aggiungiamone altri!

Grazie, Mauro, per questo viaggio a ritroso nel tempo che ci consente di conoscere la memoria di una città che merita rispetto.

                                                                 Giuseppe Bellucci