Cellere STORIA... quella POPOLARE DI TUTTI I GIORNI
Mario Olimpieri
Il racconto che mi invia l'amico Mario è uno dei tanti che hanno animato le nostre città, i nostri paesi, storielle quotidiane, genuine, che servivano per trascorrere in allegria e spensieratezza le giornate. 
Chi di voi lettori non ne conosce almeno una? ...ed allora perché non raccontarla e pubblicarla, per ricordare quel sapore di vita quotidiana ormai perduto!
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                           Cellere anni '50 (Archivio Mauro Galeotti)

Sono certo che i miei compaesani, dopo aver letto il titolo del racconto, avranno fatto un salto di gioia, e ciò semplicemente per avere l’opportunità di ritornare al passato e ricordare con affetto e simpatia questo caratteristico personaggio.

Ma chi era Tolomeo Catana?

Era nato a Cellere nel 1924, ma non aveva la facoltà di parlare e di esprimersi come tutti, essendo purtroppo nato muto.

Era dello stesso anno di nascita di mio suocero, il quale mi raccontava che quando la classe del 1924 fu chiamata alla visita di leva, si dovette presentare, come tutti gli altri, anche Tolomeo.

Com’è consuetudine, tutti si dovettero spogliare completamente nudi per il controllo medico, ma non ci fu verso di far denudare Tolomeo, che rimase molto scandalizzato di quanto i suoi occhi erano costretti a vedere, rimase vestito e si salvò dall’umiliazione di farsi vedere nudo dai suoi compagni, ma ciò non gli evitò di ridere a crepapelle per quanto avveniva e per quello spettacolo per lui indegno, ridicolo e sconvolgente.

Naturalmente lo staff medico comprese esattamente la situazione, non si diede ad alcuna insistenza e il nostro Tolomeo ritornò a casa tranquillo e soddisfatto di essere stato l’unico a salvare la “moralità”.

Tolomeo abitava giù in Piazzetta, proprio dove sono nato anch’io, per cui ricordo molto chiaramente le sue gesta e i suoi comportamenti.

Si sa che i bambini, anche se bravi e buoni, a volte sono un po’ impietosi ed io e quelli della mia età talvolta infastidivamo innocentemente Tolomeo; egli si arrabbiava in modo esagerato e ci rincorreva tenendo un sasso in mano e pronto magari a lanciarlo contro di noi che velocemente andavamo a nasconderci dietro a un portone o in un luogo che ritenevamo inaccessibile per Tolomeo.

Talvolta correvamo a tutta velocità nella via centrale tra la torre dell’orologio e il Comune e, se Tolomeo era lì lì per raggiungerci, cambiavamo improvvisamente direzione perché Tolomeo, in velocità e con la giacchetta sbottonata e svolazzante a destra e a sinistra sui suoi fianchi, non riusciva a fermarsi all’istante, ma procedeva ancora per molti metri, non potendo decisamente frenare la corsa, a causa delle sue scarpe con le “bollette”, le quali lo facevano scivolare a lungo, e noi, per una volta ancora, eravamo salvi!

Però, in effetti, Tolomeo era buono e sempre pronto a ridere per le spiritosaggini che gli erano proferite e si piegava in due dalle risate (e le sue erano davvero particolari).

Egli aveva la passione del fumo e la sfogava con il suo mezzo sigaro toscano con delle tirate prolungate, ma il sigaro non durava in eterno e allora Tolomeo ne faceva specifica richiesta a qualche generoso paesano, nel quale poteva sperare; aveva il caratteristico modo di richiederlo con alcuni suoi mugugni accompagnati dalla posizione di indice e medio mossi a forbice e portati ripetutamente alla bocca.

Tolomeo abitava con la sorella Angelina e con la sorellastra Esterina; quest’ultima in una giornata particolarmente difficile e di stanchezza se ne uscì dicendo in dialetto: “Quanno sarò vecchia e malata ce sarà sempre el mi’ Tolomeo che me porterà un bicchiere d’acqua”.

Per Tolomeo quel sempre includeva anche il presente, e allora corse a prendere un bicchiere colmo d’acqua e lo portò tutto soddisfatto a Esterina, che non poté far altro che ringraziare il suo bravo Tolomeo per tanta disponibilità, e raccontava poi questo piccolo avvenimento con vero piacere e con entusiasmo.

Egli aiutava la famiglia per quanto era nelle sue possibilità; possedevano un forno in via Cavour, nei pressi del Comune, e Tolomeo collaborava portando su un asino legna e fascine necessarie al forno stesso.

Frequentava anche la chiesa e soprattutto la sacrestia, dalla quale accedeva al luogo dove dall’alto pendevano le corde per suonare le campane; egli le suonava con vera passione, s’infervorava e talvolta esagerava nel tirarle con un certo impeto, per cui gli capitava di essere da esse portato un po’ in alto, con la conseguenza di dare qualche testata alle tavole di protezione poste a una certa altezza.

In quel tempo, nella chiesa parrocchiale c’era anche un antico organo a mantice, cioè funzionante con l’aria che proveniva da questo congegno, e proprio Tolomeo era addetto a tirare a tempo una corda per far riempire il mantice di aria; anche in questa attività egli era scrupoloso e felice.

Dove Tolomeo però si scatenava in tutto il suo entusiasmo, era in occasione delle feste solenni e in particolar modo per la festa del nostro patrono Sant'Egidio, e per l’occasione era vestito a puntino, con eleganza e con una coppola nuova.

Ma che cosa avveniva in quest’ultima ricorrenza?

Accadeva qualcosa che dava una carica di enorme gioia al nostro caro personaggio; per noi celleresi è facile ricordare il tutto, perché per l’occasione arrivava a Cellere la banda musicale con il suo caratteristico ritmo e con il passo cadenzato per le vie di Cellere.

Tolomeo l’attendeva trepidante all’inizio del paese e poi si metteva a capofila, allontanava i bambini che gli impedivano l’incedere e ogni tanto balzellava soddisfatto e accennava addirittura a dirigere la banda tra le risate compiaciute della popolazione, soprattutto di noi bambini, mentre il direttore gli dava piena libertà di movimenti, sorrideva e si compiaceva con l’inaspettato collega che stava vivendo un giorno di piena felicità.

Mi piace terminare questo mio scritto con la seguente considerazione:

“TOLOMEO, un corpo adulto che ospitava un cuore di bambino!”.

 

 

 

 

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