Viterbo CRONACA
Claudio Pennisi
                            Le rondini nel nido
 
"Io non amo i cacciatori, come ho già detto all'inizio, specialmente perché narrano le loro avventure di caccia.
Ora vi ho narrate le mie, perdonatemelo non accadrà mai più. Questa spedizione è stata a un tempo la prima e l'ultima dell'autore, ma egli ne ha serbata una memoria che rassomiglia a rancore. Però, ogni qual volta incontra un cacciatore che segue il suo cane, con il fucile sotto il braccio non manca mai d'augurargli buona caccia. Si dice che questo porta sfortuna." 

Con queste parole si conclude il racconto "Dieci ore di caccia" di Jules Verne, il grande scrittore francese dell'800, considerato il padre della moderna fantascienza.

Dall'800 a oggi ben poche cose sono cambiate e adesso come allora, la caccia continua a sterminare gli animali selvatici e ultimamente anche a contribuire alla diminuzione di alcune specie.
 
E' il caso della coturnice, la pavoncella, il moriglione, il tordo sassello e la tortora selvatica, secondo il nuovo rapporto "Bird in Europe" queste cinque specie risultano addirittura minacciate a livello globale.
 
Nonostante i dati alla mano c'è chi ancora oggi afferma che in tutte le specie selvatiche (comprese quelle appena citate) esistono dei meccanismi di compensazione, ovvero se si abbattono 10 esemplari, altri 10 ne nasceranno per rimpiazzare la perdita.
 
Ovviamente quasi mai le cose funzionano così, la legge, se così vogliamo chiamarla, della compensazione delle perdite esiste solo in pochi animali, come gazze, cornacchie ma soprattutto nei cinghiali e nei piccioni due specie largamente manipolate dall'essere umano.
 
Visto che la teoria può risultare astratta e a volte non credibile, è il momento di raccontare la storia del piccione migratore, uccello che somigliava moltissimo alle tortore comuni.
 
Gli stormi di piccioni migratori popolavano i cieli dell'America fino a pochi secoli fa, miliardi di esemplari si levavano in volo ogni giorno per nutrirsi di bacche e granaglie, ma dato che la carne di questi uccelli era considerata una prelibatezza fu aperta contro di loro una caccia spietata, che segnò la loro fine.
 
Così si iniziò ad uccidere questi uccelli, per fame, per gioco, per concimare la terra o per sfamare i maiali. Anche una specie così numerosa ha il suo punto di non ritorno, la popolazione ebbe un tracollo e nel 1914 rimaneva un solo esemplare, Martha, che morì in quello stesso anno nello zoo di Cincinnati il 1° settembre.
 
Vogliamo forse che i nostri uccelli facciano la fine del piccione migratore?
 
O che di loro rimanga solo il ricordo? Purtroppo la situazione attuale non è affatto rosea, un parente dei piccioni migratori americani tutt'ora viene sterminato, è la tortora comune detta "L'africana o africanella", osservate le immagini, la somiglianza è davvero incredibile...

Foto Fabio Pegoraro
 
 
 

 

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