Montefiascone RIFLESSIONE
Giuseppe Bracchi – lazio.gb@libero.it

Credo nella maniera più assoluta che allo spiacevole episodio accaduto al Parco Robinson non vada assegnato un ruolo talmente eccezionale da considerarlo al di fuori o al di sopra delle normali vicissitudini tra ragazzini della pari età.

Quegli episodi accadevano anche a chi scrive, quando indossavo i calzoni alla zuava ed il fenomeno migratorio in Italia era ancora da considerarsi un argomento per romanzi del genere fantapolitica.

Quel che più mi disturba invece sono le reazioni suscitate dall’episodio in questione. Ai titoloni a quattro colonne sui giornali, sono infatti seguite le solite circumnavigazioni ideologiche, le quali lungi dal cercare di risolvere il problema, finiscono solo col metterlo da parte. E fintanto che al problema immigrazione si continuerà a dare una connotazione manichea, ovvero l’immigrato visto come “bene assoluto” o “male assoluto”, a farla da padrone sarà soltanto l’ideologia sempre foriera, come la storia si è incaricata di dimostrare, di possibili tragedie.

L’immigrazione di per sé non è né un bene assoluto, né un male assoluto. Ma è ovvio ed evidente che tale fenomeno ha assunto ormai in Italia e nel resto d’Europa una proporzione tale da suscitare domande urgenti, in particolar modo domande etiche, dal momento che quando si parla di immigrati si parla di esseri umani, non di bestie. Tutto il contrario di quanto fatto fino ad oggi, specie in Italia, dove l’immigrato non è stato mai considerato un fine, ma sempre un mezzo. Basta ricordare la frase del Presidente dell’INPS Boeri, secondo il quale l’immigrato è una ricchezza (tutta da dimostrare per altro), perché soccorrerebbe a rimpinguare le casse del già disastrato ente pensionistico.

E’ il principio utilitaristico che fino ad oggi ha fatto da guida e da sfondo ai sedicenti principi umanitari delle anime candide e pie. Sono i fatti di cronaca giudiziaria a comprovarlo, come, non certo l’ultimo, quello che ha visto e vede protagonista il Prefetto Patrizia Impresa e le cosiddette porcherie, parola sua, che avrebbero fatto da sfondo alla gestione del fenomeno immigrazione in Toscana ed al giro delle Coop, alcune delle quali sedicenti cattoliche. Ad ulteriore riprova di quanto detto, invito i lettori della Città.eu a leggere il libro di Mario Giordano “Profugopoli”. Non si tratta di un libro pornografico o razzista, ma soltanto di un dossier comprovato da fatti documentati, sui quali nessuno dei protagonisti chiamati in causa ha sporto querela o si è degnato di fornire una contro prova.

Paesini di montagna con 20 anime, costituite perlopiù da persone anziane, si sono viste letteralmente invadere da centinaia di immigrati, grazie a scellerati atti calati dall’alto da parte di prefetti burocrati, incuranti delle conseguenze che simili decisioni avrebbero potuto suscitare fra i residenti, dal punto di vista soprattutto di una improbabile integrazione. Così come immigrati accolti in strutture fatiscenti, come quelle sequestrate in Toscana, si sono visti costretti a sopravvivere (questo è il termine esatto) in condizioni subumane, soltanto per soddisfare le brame di guadagno di gente senza scrupoli. E questa la chiamiamo accoglienza? No, questa è schiavitù!

Per imbandire tavoli per la pace, occorre cacciare l’ideologia dalla porta principale e trovare invece il consentimento su un principio che, secondo chi scrive, è fondamentale ed imprescindibile se si vuole governare il fenomeno immigrazione con razionalità e giustizia, ovvero il principio di sostenibilità. Un principio che suscita domande dal basso e spinge alla soluzione di cose pratiche: sicurezza sociale, dignità per l’ospite, servizi sociali integrati e via discorrendo. Perché, se da un lato è vero che nessuna persona di buon senso può negare che al mondo esistano società multietniche, dall’altro lato questa presa di coscienza è del tutto inidonea a raccontare l’esistenza di società propedeuticamente pronte alla perfetta convivenza ed armonia.

Se, anziché fare appello alle virtù morali degli uomini, cercando una soluzione etica prima ancora che politica del fenomeno immigratorio, se continueremo a lasciarci guidare dall’ideologia, che restringe gli spazi pubblici e costringe a soluzioni manichee fra buoni e cattivi, se continueremo ad imbastire processi politici a questo o a quel ministro, inasprendo gli animi e suscitando divisioni e malumore, credo i tavoli della pace resteranno sono una pia illusione.

 

 

 

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