Viterbo CRONACA STORICA da "PIZZERIA IL MONASTERO VITERBO"
Nicolò Maria Torelli

 

                   La Città di Castro in una stampa del 1704

Nell'anno 1585 Fabrizio Bartolucci da Valentano essendo stato falsamente accusato di grave misfatto per opera di alcuni malevoli assai potenti, fu condotto prigione nella Città di Castro, dove doppo molti mesi di segreta con estremi patimenti e senza commodo di Procuratore, e d’altr’umano sollievo fu posto al tormento della corda.

Ricorse in tanta necessità all'unico rifugio de’ tribolati, alla Madonna della Quercia, per grazia della quale poté fortemente soffrire sì grave tormento. Ma per la forza degl’avversarii fu il misero non molto doppo posto di nuovo alli tormenti, nelli quali gli fecero comparire avanti due falsi testimonii, quali con tanta franchezza, e verisimilitudine di parole, e circostanze li rinfacciavano il preteso delitto, che il Giudice senz’aspettare altra confessione s’era determinato di condannarlo.

A quelle false accuse alzò Fabrizio gl’occhi al Cielo, e sospirando disse: Ah Vergine Santissima della Quercia adesso è tempo che m’ajutiate, e manifestiate la mia innocenza.

Non tardò ad ascoltarlo la gran Madre di pietà, perché in quel medesimo tempo assaliti dagli Demonii quei miserabili Impostori con tormenti, e strazii furono forzati à confessare, e dire: Siamo falsarii, Fabrizio è innocente, e quello che abbiamo detto è stato solo per il denaro, e promesse avute dalla parte contraria.

Restarono attoniti, e spaventati il Giudice, e gl’altri assistenti, e riconosciuta l'innocenza dell'accusato, manifestata con prodigio tanto straordinario, lo fecero subito sciogliere, e rimandare à ringraziare la sua Liberatrice, con farvi fare la sua Statua.

Nella stessa Città di Castro, Mariano d'Orsino da Pontremoli, ed un’altro suo Compagno erano strettamente ritenuti in prigione con i piedi ne ceppi, e con catene al collo l'anno 1633.

Aveva Mariano gran divozione alla Madonna della Quercia, e da essa sperava aver soccorso in tante miserie, conforme continuamente la pregava, ma passati cinque mesi e mezzo, e provando sempre maggiore il patimento, à lei rivolto con lagrime, e divozione così la supplicò: Madre Santissima non è à voi cosa nuova rompere le catene, e aprir le porte delle più forti prigioni à chi a voi ricorre, e benché noi siamo indegni di tal grazia, non dovete voi riguardare li nostri demeriti, ma solo la vostra pietà, e clemenza.

Appena ebbero detto queste, ed altre affettuose parole, che si sentirono sollevati da sicura speranza d’esser liberati, e facendo ambedue qualche poco sforzo, si aprirono, e ruppero, come se fossero di vetro le catene, e accostatisi alla porta fu trovata aperta: usciti di segreta, e dovendo passare per altre porte, rinovarono le suppliche, con nuovo prodigio anche le seconde, e terze porte si trovarono aperte.

Onde senz’essere osservati da alcuno poterono liberamente fuggire anche dalla Città alla volta di questo Santuario; ove giunti, e narrato quanto gl’era accaduto, mossero à lagrime di compassione gl’astanti, ed assieme a divozione verso la somma bontà della Madonna Santissima.

Frate Nicolò Maria Torelli: Miracoli della Madonna della Quercia di Viterbo, in Viterbo 1793, pag. 96-98)

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