Montefiascone L'OPINIONE
Giuseppe Bracchi – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Leopold Sédar Sénghor

Quanto sia distante quel connubio tra negritudine ed umanesimo di cui agognava, parlava e scriveva nelle sue opere il Nobel senegalese per la letteratura Leopold Sédar Sénghor, è cronaca di questi giorni.

La storia si ripete pur davanti agli accorati appelli dei rispettivi paesi di origine, di una intera Conferenza episcopale, quella Ghanese, che invita la migliore gioventù di quelle terre a non lasciarsi incantare dai più deleteri modelli della civiltà occidentale. Nulla di nuovo sotto il sole. Nessun appello vale ad aprire gli occhi davanti al fallimento del multiculturalismo, dell’immigrazione forzata, del pensiero unico la cui sporcizia materiale fa il paio con quella dell’anima.

Correva l’anno 1973, quando Leopold Sédar Sénghor nella Sala della Protomoteca romana del Campidoglio davanti ad un uditorio attento e curioso decantava il “valore degli studi umanistici” come antidoto ad una concezione edonistica della vita che determina nei giovani “effetti deleteri visibili in tutti i Paesi e soprattutto nei Paesi ricchi. La storia, infatti, ci insegna che tutti i grandi imperi sono periti per effetto della corruzione. Quando lo spirito domina, l’uomo risplende; al contrario quando la materia prevale, ogni luce si spegne”.

Correva l’anno 1970, quando il filosofo Augusto Del Noce in un suo scritto sul mensile L’Europa (IV – nn. 26/27, pp 81-84), citava ampi stralci della rivista “Jeune Afrique”, che davanti alle nude forme della spogliarellista di colore miss Zaboo, non esitava ad usare nei suoi confronti parole dure: “è apparsa come una bella negresse nel senso più razzista e colonialista possibile, degna di apparire in una rivista clandestina di vecchi colonialisti… L’Africa non può dunque dare che muscoli e natiche?”

Prevedo già l’obiezione: roba d’altri tempi! Ma tanto poco sembrerebbe lusinghiero ed attuale un simile frettoloso e superficiale giudizio, quanto la realtà è distante anni luce dalle immortali parole del Nobel Sénghor: “la nostra nègritude è umanistica, in quanto accoglie i valori complementari dell’Europa e dell’uomo bianco, come di ogni altra razza e continente, e se ne serve per fecondare e conferire nuovo vigore ai propri valori”. Quali valori?

Sénghor da buon cristiano e cattolico pensava un Cristianesimo modellato non tanto sulla ragione discorsiva e tecnicista dell’Europa, quanto invece sul giusto equilibrio fra ragione discorsiva ragione intuitiva, così che per il Nostro “Il contributo negro sarà costituito nell’aiutare con altri popoli, a rifare l’unità dell’Uomo e del Mondo; a legare la carne allo spirito, l’uomo al suo simile, il sasso a Dio. In altre parole, il reale al surreale – attraverso l’Uomo, non centro, ma cerniera, ombelico del Mondo”.

Questo a me pare il compito più urgente ed improcrastinabile per tutti, ma in particolare per i cattolici, a dispetto di una cattolicità oggi sincretistica e all’acqua di rose.

Il Bene comune di tutti e di ciascuno: dalla famiglia al lavoro, dalla scuola all’economia, allo stato, a dispetto di chi vuole sostituire la Religione con la nuova religione, quella fondata sulla scienza e sulla finanza. Invano si affaticano i costruttori.

Credo che il tempo dei cosiddetti “nuovi filosofi”, coloro che parlano e straparlano di Umanità con la “U” maiuscola standosene tuttavia ben distanti, chiusi come sono nella loro ottusa ideologia salottiera e al caviale, abbia fatto il suo tempo. Il fallimento del multiculturalismo è sotto gli occhi di tutti.

Occorre al più presto ripensare programmi e progetti. Nessuno si illuda di poter vivere in giardini d’infanzia se continueremo a chiudere gli occhi di fronte alla verità ed alla realtà oggettiva delle cose e dei fatti. In Italia come nel resto d’Europa. A Macerata come a Viterbo.

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