Colón STORIA
a cura di Alessandro Finzi

Santa Rosa, Chiesa a lei dedicata nel Querétaro (Messico)

Memoria di María de la Luz Gutiérrez Zarazúa[1]

Tra il 1980 e il 1982, una delle sere in cui facevo visita a Madre Paz Orduño, ultima religiosa delle Rosite di Colón, che all’epoca viveva, ancora in piene facoltà mentali, in via Francisco I.

Madero all’angolo con via Pino Suárez[2], ci sedemmo su un piccolo poggio di fronte alla cappelletta del Bambino Gesù e mi raccontò che quando morì la superiora, Madre Guadalupe Becerra, fu lei stessa ad aprire la tomba di Madre Luz Olvera, morta dieci anni prima, per predisporre il luogo a ricevere il corpo della Superiora.

Madre Paz mi disse che quando riesumarono il corpo di Madre Luz si resero conto che non si era decomposto. Dal momento che lei lo vide così integro andò a chiamare il Curato perché lo vedesse. Il Curato però, quando vide il corpo, disse che sicuramente era stato utilizzato qualche accorgimento affinché non si decomponesse. La Madre di contro affermò di aver sepolto tutte le religiose della sua comunità (nella nuda terra) e a nessuna di queste era stato fatto alcun trattamento. Il Curato chiese l’età di Madre Luz e, alla risposta che era morta a quarantotto anni, commentò che ne dimostrava soltanto la metà.

Madre Paz mi raccontò anche che nel momento della riesumazione si sprigionò un odore di rose e quando Madre Luz Olvera fu deposta nella nuova tomba, le uniche cose che si persero furono i capelli e le unghie, mentre la pelle appariva come quella di una persona viva ed il volto appariva sorridente.

Madre Paz mi diceva: “Maria (così mi chiamava), ho fatto quel che potevo segnalando l’accaduto al Signor Curato ed alla Chiesa, ma se la cosa non ha avuto seguito non posso farci nulla, ormai sono troppo vecchia per poter fare altro. Quando morirò e mi seppelliranno dove si trova madre Luz. Dio dirà se è rimasta incorrotta, come io l’ho vista e, se vorrà, farà conoscere questa grazia”.

Quando chiacchieravo di questo con Madre Paz erano passati dieci anni dalla morte della Superiora. Esattamente quel giorno chiesi a Madre Paz com’era Madre Luz. Mi rispose che era piccoletta, grassottella, di pelle chiara, con le guance rosee ed un viso grazioso e sempre sorridente, tranquilla, amabile, umile e sempre in preghiera.

Il diavolo la molestava e a volte la udivano parlare nella sua cella e quando si affacciavano per chiederle cosa accadesse, la vedevano agitare il rosario per spaventarlo e udivano un rumore simile allo scalpiccio delle unghie di un capro: Non lo vedevano ma soltanto lo sentivano. Madre Luz diceva: “Questo animale che mi molesta sempre!”

Tutti coloro che l’hanno conosciuta concordano con questa descrizione. L’ultima persona con cui ho parlato di lei (Madre Luz), la Signora Victoria Gutiérrez, mi ha confermato le stesse cose e mi ha detto anche che sembrava una santa.

In una occasione mi trovai a conversare con delle persone che la conoscevano e che l’assistevano negli ultimi tempi: la Signorina Maria Dolores Moreno ed il Sr. J. Guadalupe Moreno. Quest’ultimo mi raccontò che la Madre morì di uno spavento causato dal diavolo: stava ritornando da Colón dove si era recata a pregare quando da una finestra sulla strada si affacciò la testa di un cavallo che emise un forte soffio di luce. A causa dello spavento si ammalò fino a morirne. Queste persone conservano ricordi molto buoni di Madre Luz, del suo atteggiamento amabile e di quell’aspetto così giovanile da non rivelare mai la sua vera età[3].

Quando parlava del convento, Madre Paz mi diceva che Madre Guadalupe proveniva dal Pinal de Zamorano e aveva riunito un gruppo di ragazze destinate a restare sempre in numero di tredici. Se una moriva la sostituiva con un’altra, in modo che il numero restasse invariato. Il convento si trovava nella via che è attualmente Corso Michoacán, di fronte al giardino degli Eroi della Rivoluzione, e occupava tutto il piccolo isolato d’angolo dove si trova adesso la Casa delle Bambine di Padre Antonio Norman. C’era un tunnel che passava sotto la strada e portava direttamente alla Chiesa, dove, attraverso una finestra che dava sull’altare, ascoltavano la Messa perchè, in quei tempi, praticavano ancora la regola della clausura.

Durante la rivoluzione del 1828, i federali espropriarono il convento[4] e le Rosite, Madre Guadalupe, madre Cholita e Madre Paz, si rifugiarono in casa del Sig. Abraham Gutiérrez Olvera mentre le restanti furono accolte in altre case. Rimasero nascoste una o due notti e poi furono condotte alcune a Bernal, altre a Amealco ed infine si dispersero.

Mio padre[5] mi raccontò che, durante il periodo in cui le Rosite si trovavano in casa sua, la moglie, signora Higinia Rojas, una notte uscì nel patio insieme a Madre Cholita che le disse: “Ascolti, come stanno cantando bene in cielo e com’è luminoso!” E subito la Madre si inginocchiò a pregare, però la signora Higinia non sentiva nulla e non vedeva altro che un particolare splendore. Così pure in quella stessa notte per un momento si illuminò la cupola della Chiesa e vi apparvero molte piccole stelle . E questo lo videro in molti. Tutto questo accadde il giorno in cui fucilarono don Sotero Nieves (Sacrestano di Colón) con un altro Sacrestano della Cañada.

La Madre Paz mi raccontò che dopo che tutto si era di nuovo tranquillizzato, lei e Madre Guadalupe andarono a lavorare a Città del Messico e quando ebbero raccolto denaro sufficiente tornarono a Soriano per comprarsi la casa (in cui vissero fino alla fine). In seguito la Madre Guadalupe parlò con tutte le religiose per informarle che erano libere di tornare alla comunità o di restare dove si trovavano dal momento che alcune avevano casa a Colón. Con Madre Guadalupe ritornarono soltanto Madre Luz, Madre Paz, Madre Cholita ed una anziana signorina, di nome Celestina, che viveva con loro.

In questo periodo il sig. Abraham Gutiérrez Olvera le conduceva per tutto il piano in cerca di aiuto per mantenersi. Ricevevano di solito alimenti, in particolare mais e fagioli.

Una volta le fermò un gruppo di soldati, ma quando questi videro Madre Guadalupe che portava il Bambino Gesù avvolto in uno scialle, il Capitano disse: “Lasciatele andare, hanno un bambino in braccio” (ogni volta che uscivano portavano con loro il Bambino Gesù)

In seguito si mantennero facendo dolci, biscotti, biscottini, sangria, e polvere per curare gli spaventi.

Madre Paz viveva in condizioni di estrema povertà e dovetti convincerla a farsi mettere servizi come acqua, luce, una stufa a gas ed altre cose necessarie dal momento che faceva resistenza soprattutto perché diceva di essere francescana e voleva rispettare i voti di povertà. Era particolarmente umile ! Una volta che le feci visita, la trovai ammalata a causa di una caduta. Fu questa l’occasione in cui insistetti affinché le persone che si prendevano cura di lei le procurassero tutto ciò di cui aveva bisogno. Era già in età molto avanzata e, a quanto mi diceva, aveva ottantotto anni.

Un’altra delle volte che andai a trovare Madre Paz, mentre bussavo alla porta la sentii, da fuori, che parlava con qualcuno. Quando mi aprì le chiesi:“Madre con chi sta parlando?” “Stavo protestando con il Bambino Gesù – mi rispose – gli chiedevo come farà a sfamarmi e gli dicevo di guardare bene l’albero dell’avogado. Quest’anno non ha prodotto nulla! Ed è proprio quello che mi dà da mangiare”. Si mise sulla porta della cappella, alzò le spalle e disse: “Lo sai Tu come farai a mantenermi!”. Fu questa la prima volta che la udii parlare al Bambino Gesù con tanta naturalezza, trattandolo come una persona. Rimasi meravigliata e sorpresa del modo confidenziale con cui si rivolgeva al Divino Bambino.

L’anno successivo, all’albero quasi si spezzavano i rami dalla grande quantità di frutti che aveva prodotto. E resi Gloria a Dio che mi aveva concesso questa Grazia.

Questi sono i nomi di alcune religiose menzionate da Madre Paz e da mio padre che le conobbe: Guadalupe Becerra (superiora), Cholita, Luz Olvera (originaria di Alfajayucán) Irene, Concepción, Teresa, Pilar, Rosario, Petrita. Mio padre ricorda molto bene Madre Luz (la sorella trovata incorrotta al momento della riesumazione). Aveva un atteggiamento affettuoso e umile ed una voce molto dolce.

Madre Paz voleva affidare ad un privato la statuetta del Bambin Gesù, ed era già stato concluso un accordo scritto, ma in seguito, si lasciò convincere affinché la stessa restasse nel Santuario [di S. Domenico da Soriano Calabro] dal momento che in una casa privata non avrebbe ricevuto il culto che, un’immagine così preziosa e bella, meritava.

Ella mi diceva: “Maria la mia preoccupazione è che, con il succedersi dei sacerdoti del Santuario, il Bambino finisca cacciato in un angolo (sue parole testuali) - e mentre me lo diceva le scendevano le lacrime – non voglio che questo succeda dal momento che ci sono molti devoti che vengono per vederlo, anche persone dalle montagne. E’ molto miracoloso il Bambino! Passò un anno al momento in cui mi dissero che era tutto pronto e mi portarono a Tolimán per lasciare il Bambin Gesù nel Santuario e Nostra Madre (così Madre Paz chiamava Santa Rosa) nel tempio di Santa Rosa da Viterbo in Querétaro”.[6]

Madre Paz mi raccontò che il Bambin Gesù lo aveva fatto fare Madre Guadalupe da un ebanista di Città del Messico, non ricordo se alla fine dell'ottocento o all’inizio del novecento, e diceva che Dio stesso aveva guidato la mano dello scultore per renderlo così bello. E’ come un bambino di otto mesi; Madre Paz lo chiamava il Bambino delle tre virtù e lo amava moltissimo. Gli parlava sempre come se fosse una persona. Lei era originaria di Amealco e quando, una volta all’anno, i suoi familiari se la riportavano a casa, mi diceva: “Non posso stare tanto tempo lontana senza vedere il Bambino”.

Prima di morire le portai il Bambino al capezzale e questa fu la dipartita più dolce e commovente che abbia mai visto. Tra le lacrime gli diceva: “Adesso sì che mi porti via con te, Bambino mio, mio dolce Bambino!”.

Morì il 13 di agosto del 1987.

Racconto dei momenti che vissi in confidenza con Madre Paz.

Con attenzione

Maria de la Luz Gutiérrez Zarazúa.

Colón 26 gennaio 1993

[1] María de la Luz Gutiérrez Zarazúa. Relatos sobre las madres rositas, que vivieron en Colón. Manoscritto autografo. Colón, 21/1/2002, ricevuto direttamente dalle mani dalla relatrice in data 13/6/2005. Attualmente depositato presso l’Archivio vescovile di Viterbo.

[2]Si tratta dell’ultima sede delle rosite nella località di Soriano, frazione di Colón.

[3] Ricordiamo che anche dopo morta il corpo appariva molto più giovane dell’età effettiva.

[4] La questione non è chiarissima. L’allusione sembra essere al primo collegio situato in Querétaro da dove furono estromesse con le leggi di riforma. Queste tuttavia sono posteriori al 1855. Sembrerebbe dunque che vi sia stata una espulsione anteriore a tale data. Mons. Salvador Espinoza Medina, Vicario Generale della Diocesi di Querétaro, intervistato il 10 giugno del 2005, ha narrato di tre cacciate successive. Nei primi due casi le rosite riuscirono a tornare e soltanto l’ultima volta l’esilio divenne definitivo. E’ ragionevole pensare ad un errore nell’indicazione dell’anno.

[5] Si tratta del padre della cronista.

[6] Si tratta di una statuetta che Madre Guadalupe Becerra si era fatta costruire insieme a quella del Bambino Gesù. Entrambe le immagini erano rimaste in possesso di Madre Paz.

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