Il Teatro dell'Unione
Viterbo CRONACA
“La cultura è l’unica cosa che rende l’uomo felice”. E’ necessario un tributo ad Arnaldo Foà. E’ necessaria una riflessione fuori dalle righe; quindi ecco a porci domande, nella libera volontà di doverlo fare.
Che la cultura segua il trend negativo che purtroppo ammorba questo paese? Abbiamo ancora la cultura della cultura nel bel paese? Riusciamo ancora a comprendere l’importanza di un settore che ci rende competitivi ed unici nel mondo?
Il senso di contraddizione e ristrettezza aumenta vertiginosamente. Senza entrare in merito all’importanza umana e sociale, all’etimologia, all’anima del termine cultura, di per sé ed in quanto generatore di conseguenze.
Domande. Spunti. Poi qualche numero. Mentre La cultura Frutta al Paese il 5,4% della ricchezza prodotta, equivalente a quasi 75,5 miliardi di euro, e dà lavoro a un quasi milione e quattrocentomila persone, ovvero al 5,7% del totale degli occupati del Paese, dati dello scorso anno secondo il rapporto Symbola-UnionCamere, il micro tessuto imprenditoriale locale crolla sotto i montanti agghiaccianti di una stramaledetta crisi lacerante.
Numeri che fanno ben sperare ed amministrazioni confuse. Tagli continui ad un settore che ormai muta, in significato allegorico, forma ed aspetto, da giovane ed affascinante donna ad agnello sacrificale troppo spesso sgozzato sull’altare “della riduzione del debito pubblico”.
Confusione, moria. Se da un lato resistono iniziative, festival ed avanguardie, promozione ed organizzazioni, dal Mibac a scendere alle realtà tusciane, dall’altro si sfalda un intero sistema che compone le fondamenta.
Se da un versante si tengono aperti musei di notte a furor di popolo, si diventa la privilegiata location dell’Expo 2015, si promuove la mostra di “questo e quell’altro”, senza sminuire alcuno, e si gode dei finanziamenti erogati per la creatività, le PMI e gli artisti dall’Unione Europea, si veda il miliardo e spicci di euro a questo destinato nel programma di sviluppo culturale della Commissione Europea, “Creative Europe”, dall’altro regna incontrastata la mancanza di programmazione, linee guida. Si staccano pezzi di intonaco.
L’Italia, da Aosta a Reggio Calabria, questo, non se lo può proprio permettere.
Programmazione, lungimiranza, investimento (mirato), progettualità nel tempo, lavoro “per step” partendo da certezze, situazioni assodate, sostegno.
Solo a Viterbo nel giro di troppo poco, chiude il Museo civico, il Teatro dell’Unione e relativo bar, chiusi e mai riaperti i locali dell’ex Cinema Corso, chiusi e mai riaperti i locali dell’ex Cinema Metropolitan, chiude il Gran Caffè Schenardi ed ora chiude anche la libreria del Teatro Unione.
Tutto ciò, proprio nel momento in cui l’amore di una città per la sua tradizione diventa Patrimonio Immateriale dell’Umanità firmato Unesco, proprio quando l’Amministrazione comunale decide di recuperare palazzi storici di sua “proprietà”. Proprio mentre Stern dona luce. Proprio mentre del Piombo. Proprio mentre Sgarbi e Cazzullo. Senza alcuna forma di sterile e bigotta polemica, dribblando accuratamente i luoghi comuni e le faziosità.
Eh si. Crollano pezzi d’intonaco per davvero. Proprio mentre la scuola fa la sua rivoluzione, si, ma per risparmiare chiudendo gli istituti sotto i mille studenti e proprio mentre si viene a scoprire che un edificio scolastico su tre, nel nostro paese, non è affatto al sicuro in quanto “Più di una scuola su 3 ha necessità di interventi urgenti, il 40% degli istituti sono privi del certificato di agibilità, il 60% non ha il certificato antincendio”.
Populismo? Banalizzazione? Affatto. Giusto qualche riga per proporre uno spunto di riflessione sopra le righe, senza annoiare il lettore, già provato da questioni ben più importanti ed impellenti.
Ma, come dico sempre, che le cose vadano male, lo si sa bene purtroppo; perciò, pronto, pronti, qualora servisse a partecipare al gioco di squadra.
Emanuele Ricucci
Cultuscia.com