Viterbo IL RACCONTO
Agostino G. Pasquali

IL RACCONTO: Osvaldo, uno come tanti. Primo racconto - Secondo racconto -Terzo racconto - Quarto racconto - Quinto racconto

Osvaldo, uno come tanti

6. Basta che funzioni!
     Erano passati otto giorni dalla sera in cui Gina se ne era andata via arrabbiata.

Dopo quella sera Osvaldo l'aveva chiamata ripetutamente con il telefonino, tutti i giorni e più volte al giorno,  ma lei, appena vedeva il nome del chiamante, rifiutava sistematicamente la comunicazione; né aveva mai risposto agli innumerevoli sms e mail che lui aveva inviato, prima in tono conciliante, poi con rimproveri e larvate, vaghe minacce; e neppure aveva dato un accenno di disponibilità quando, cambiando tattica, lui si era adattato, direi rassegnato, a scriverle con un tono di umile preghiera, prendendosi tutti i torti e chiedendo perdono.
     Osvaldo non era mai stato un casanova, aveva avuto soltanto qualche flirt giovanile, ma solo l'incontro con Gina aveva fatto nascere un rapporto serio e durevole di coppia, quasi matrimoniale. Quindi s'intendeva poco di donne e aveva sbagliato completamente la tattica da usare. Però ora, dopo la scenata e la fuga di lei, si era reso conto della sua inadeguatezza e aveva pensato di chiedere consiglio a qualcuno più esperto di lui. Ma a chi?
     Agli amici del calcetto? No, quelli erano dei burloni che avrebbero approfittato dell'occasione per prenderlo in giro.
     A Sandrone? Nemmeno, lui non gli pareva il tipo adatto, era rustico e un po' sempliciotto. Forse sbagliava a giudicarlo così, ma nel dubbio preferiva rivolgersi a qualcuno più saggio ed esperto.
     A Gavino? Sì, Gavino era la persona giusta. Gli telefonò con la scusa di dovergli chiedere chiarimenti di natura agricola e ottenne un appuntamento per il pomeriggio.
     Osvaldo andò al Poggione, i due si salutarono come vecchi amici (c'è immediata spontaneità nell'ambiente rurale!) e conversarono a lungo, prima di agronomia, poi di problematica sentimentale. Non riferisco la prima parte della conversazione, che sarebbe troppo tecnica e quindi noiosa; traggo invece il resoconto della seconda parte dal diario di Osvaldo, lasciando a lui, e soprattutto al suo mentore Gavino, la responsabilità di certe affermazioni sull'amore e sulle donne, affermazioni drastiche e apparentemente apodittiche.

Diario di Osvaldo
11 marzo 2016,  san Costantino re e martire, ore 21
     Oggi è l'undicesimo giorno della mia vita da ciddì e devo dire che, dopo un avvio un po' incerto, ora mi trovo abbastanza bene. Ho un preciso programma dei lavori, l'ho fatto secondo i criteri di Sandrone, e con il suo aiuto procedo tranquillo. Certo non so come avrei potuto fare senza di lui, dei suoi consigli, del suo aiuto materiale e delle macchine: motosega, motocoltivatore, rasaerba, biotrituratore… che porta qui col suo pick-up quando ce n'è bisogno. Questa mattina mi sono dedicato a… [omissis]

     … nel pomeriggio ho fatto visita al dottor Gavino Nieddu. Lui non vuole essere chiamato 'dottore', ma è così saggio e autorevole che il titolo se lo merita. Dunque lo chiamo per nome di battesimo, secondo il suo desiderio, ma devo fare un certo sforzo per dimostrargli una familiarità che mi è ancora difficile. Abbiamo parlato a lungo di coltivazione e preso accordi su quando gli operai della sua azienda verranno da me per i 'lavori'grossi' … [omissis]

     … per quanto riguarda Gina, e questa era la questione che mi importava di più, è stato un consigliere eccellente. Ha detto che con le donne è sbagliato pregare, ancora peggio pregare con messaggini. Le donne vogliono il rapporto diretto, devono sentire che l'uomo è 'un uomo vero', sicuro di sé, di poche parole, anche un po' brutale, altrimenti lo considerano un bambinone troppo cresciuto nel fisico, ma poco maturo nella personalità. Le chiacchiere, la poesia, il romanticismo… appunto il romanticismo! è tutta roba che funziona nei romanzi e nei film sentimentali, non nella realtà. Ovviamente ci sono eccezioni, ma Gavino ha ritenuto che Gina, da come gliela ho descritta,  non sia un'eccezione, anzi mi ha detto che, secondo lui, Gina è una 'paracula'. Che voleva dire? Non ho avuto la prontezza di chiedere una precisazione. Ha concluso facendomi ridere (roba rara per me in questi tempi):
     “Caro Osvaldo, te lo immagini uno che oggi dice all'amata: “Il bacio è un apostrofo rosa tra le parole 't'amo'?”  Minimo, minimo, se lei gli vuole bene, gli risponde: “Ma piantala di dire stronzate, e baciami, cretino!”  E poi ricordati che non serve ragionare troppo su quello che senti o fai, perché, come dice Woody Allen che di donne e di amore si intende, quello che conta è: “Basta che funzioni!”
     Seguirò il consiglio di Gavino e di Woody Allen, anche se non ho ben capito che cos'è che deve funzionare, e come. Mah!
                                                                  *     *     *
     Il giorno dopo, sabato 12 marzo, Osvaldo si alzò presto, fece alcune operazioni urgenti e poi si dedicò alla cura della sua persona: rasò accuratamente la barba, fece la doccia con l'acqua fredda (purtroppo fredda, ma per il momento non poteva fare diversamente), si profumò, mise indumenti puliti e stirati, e completò la camicia con la cravatta, accessorio d'eleganza che per lui era una rarità da riservare solo alle cerimonie e alle occasioni importanti. E quella occasione, l'incontro con Gina, era importantissima.
     Mentre guidava verso la città gli ritornò in mente un dubbio che lo portò a interrogarsi: “Gavino ha detto che Gina è una 'paracula'. Che voleva dire? Che non faccio bene a correrle dietro?  Che lei non merita il mio bene? Che quella usa e abusa di me perché le fa comodo?”
     Poi considerò che in fondo tra lui e lei c'era stata soltanto una convivenza provvisoria, mai si era programmato qualcosa a proposito di matrimonio, di famiglia, di figli. Anzi, mentre a lui un figlio (forse) non sarebbe dispiaciuto, lei era decisamente contraria, e non solo per le condizioni economiche che sconsigliavano di mettere su famiglia, ma proprio perché lei rifiutava assolutamente i sacrifici personali, inevitabili, che ne sarebbero derivati; diceva: “I figli se li faccia che li vuole. Io? No!”
     Esaminò anche se stesso perché era un introspettivo. Si chiese: “Non sarà piuttosto che, invece di desiderare di tornare insieme, adesso mi sento offeso per essere stato lasciato? Che soffro per l'umiliazione subita? E quindi che vado in cerca di una riappacificazione che sa di rivincita, per magari essere io, poi, a lasciare lei? Del resto ho ben capito che lei non è affatto disponibile a condividere la mia nuova vita. E allora perché la cerco? Alla fine, che cosa voglio?”

     Con la mente ingarbugliata in questi dubbi e incertezze arrivò al supermercato IPER.ONE, dove Gina lavorava da cassiera. Parcheggiò, entrò e tanto per fare qualcosa di utile e avere una scusa per presentarsi a Gina, scelse nel reparto elettrodomestici un radiatore elettrico da istallare subito in camera da letto. Si recò alla cassa numero 6, proprio quella di Gina, e si mise in fila facendo l'indifferente.
     Lei l'aveva già adocchiato, ma fece finta di non essersi accorta della sua presenza, evitò accuratamente di guardare verso la fila e concentrò sempre la sua attenzione sul cliente che le stava davanti. Quando lo scatolone, trasportato dal piano scorrevole, arrivò alla cassa, fu costretta a guardare Osvaldo, il quale le sorrise cercando di essere affascinante e sicuro di sé; disse:
     “Questo è per chi mi farà il piacere di venirmi a trovare.”
     “Beh, non è un mazzo di rose, ma almeno non puzza di stalla! La sua ragazza sarà contenta.” rispose lei con aria sfottente.
     E lui reagì divenendo improvvisamente duro e inquisitorio:
     “Perché non mi rispondi quanto ti chiamo al telefono?”
     “Sono 211 euro e 99 centesimi. Contanti o bancomat?”
     “Non mi hai risposto! Caz …”
     Aveva voluto essere maschio, anche brutale nel linguaggio, come gli aveva consigliato Gavino, aveva alzato il tono di voce, ma la parolaccia gli era uscita solo a metà.
     “Signore, paghi e si accomodi all'uscita. Non mi faccia perdere tempo e non lo faccia perdere ai clienti che seguono.”
     Le ultime parole, detta a voce alta e stizzita, provocarono i commenti dei clienti che stavano in fila. Chi non aveva fretta sorrideva sornione avendo capito la situazione e sperava di assistere a qualcosa di divertente (la gente trova sempre divertenti i guai degli altri); ma chi aveva fretta protestò.
     Gina fece un segno al vigilante di servizio che si trovava poco discosto e che, fino a quel momento, non aveva dimostrato alcun interesse per ciò che avveniva alla cassa 6, ma in realtà aveva seguito tutto con attenzione.
     Osvaldo intanto era ammutolito. Si era reso conto di aver sbagliato tutto ancora una volta. Accidenti a Woody Allen e al suo consiglio: 'Basta che funzioni!' Eh, no! Non aveva funzionato affatto. Ma ci si può fidare di un imbranato cronico come quello? Certo, una reazione come quella di Gina non se la era aspettata ed era rimasto interdetto.
      Il vigilante si avvicinò con un atteggiamento nient'affatto amichevole. Afferrò Osvaldo per un braccio e gli ordinò:
     “Mi segua in direzione. Non faccia storie.”
     Osvaldo non si lasciò intimidire, reagì istintivamente, si liberò dalla stretta e protestò:
     “Lei non ha alcun diritto di mettermi le mani addosso. Mi lasci stare, se no la denuncio per violenza.”
     “Mi denuncia? Che faccia tosta!” esclamò il vigilante rivolgendosi ai clienti in fila:  “Avete visto e sentito? Sarete testimoni se questo qui mi denuncia.”
     E di nuovo rivolto a Osvaldo:
     “Mi denunci pure, se le conviene. Lei ha messo in difficoltà la cassiera. Guardi che è stata proprio lei a chiedermi aiuto con il segnale convenzionale per i tentativi di furto e rapina. I signori qui in fila sono testimoni.…”
     I signori in fila distolsero subito lo sguardo. La gente si interessa ai diverbi e ci si diverte pure, ma non ci tiene a testimoniare in tribunale.
      “…  penso che lei sia solo un 'pappagallo', non un rapinatore, ma non si sa mai e io devo chiamare il 113. Per sicurezza della cassiera e dei clienti… Oppure mi segue in ufficio?”
     Il vigilante estrasse di tasca il telefonino e guardò interrogativamente Osvaldo, che in risposta alzò appena un po' le mani per significare: “ Aspetti. Vengo. Non chiami.”
     Non avrebbe voluto cedere, ma aveva visto un paio di persone che stavano inquadrandolo con lo smartphone per filmare la scena, e pensò con raccapriccio: “Ci manca solo che finisco su Youtube come stalker o rapinatore… e magari sul TG3”.

     Nell'ufficio della direzione, soli l'uno di fronte all'altro, i due si guardarono diffidenti come due schermidori in guardia all'inizio del duello. Il vigilante fece un respiro profondo per scaricare la tensione, poi accennò una smorfia che voleva essere un sorriso, e parlò:
     “Allora, Osvaldo, che ti sei messo in testa?”
     “Io? Sono affari miei. Lei, di che s'impiccia? È una questione tra me e la signorina Gina. Ma perché ora lei mi dà del 'tu' e mi chiama per nome? Ci conosciamo?”
     “No, non ci conosciamo. Ma io c'entro tra voi due. Sì, che c'entro, perché sono l'attuale compagno di Gina. E ti do del 'tu' perché in un certo senso siamo colleghi… colleghi di corna.”
     Fece un'altra smorfia, questa era di compatimento, e proseguì:
     “ Io ero il compagno di Gina prima che tu la conoscessi, e m'ha lasciato per te. Adesso ha lasciato te e s'è rimessa con me.”
     Osvaldo non cascò dalle nuvole, come si dice comunemente in un caso come questo, ma, per la sorpresa, quasi cascò davvero, all'indietro, come se fosse stato colpito da un 'fendente'. Visto che non replicava, il vigilante continuò:
     “La devi smettere di telefonare, di mandare messaggini e altre cazzate del genere. Lei non ti vuole più-ù! Ca-pi-to-o?”
     “Ma perché? No, non capisco…”
     “Gina, tu non la conosci bene. Lei cerca sempre il meglio, che sarebbe quello che in un certo momento le piace di più. Certo non può pretendere un principe. Ma lo vorrebbe, e come! A te, t'ha preso perché eri un intellettuale, poi però ti sei trasformato in uno zappaterra e non le stai più bene. Hai capito, adesso?”
     Osvaldo, un po' rinfrancato perché non c'era più la minaccia di chiamare il 113, ma un po' offeso nell'orgoglio, e pure desideroso di recuperare uno straccio di dignità, provò a colpire moralmente l'avversario tentando un 'affondo' a sorpresa:
     “Ma tu? Ora ti do anch'io del tu. Ma tu, scusa la franchezza, tu non sei mica un grande affare come uomo. Tu le vai bene?”
     “No, hai ragione, non le vado bene, ma le servo momentaneamente perché a lei piace avere il maschio a disposizione. E a proposito, scusa se sono franco anch'io, ma ti dico che, come maschio, non eri mica un granché! Sei fiacco e senza fantasia...”  
      Povero Osvaldo! Altro che tentativo di 'affondo', questa era una 'botta' terribile.
      “… me l'ha detto lei. Comunque, appena quella trova uno meglio, lo so che mi lascia. Ma intanto me la scopo, con licenza parlando. Per essere bona, è boona, e buttala!”
      “Allora eravate d'accordo? Tu stavi lì, vicino alla cassa, apposta per me?”
      “In un certo senso, sì. Lei se l'aspettava una tua ricerca e aveva pure paura. Sai? Se ne sentono tante di donne ammazzate dall'uomo che avevano lasciato... e tu, col telefono, gli sms e le mail… l'hai pure insultata e minacciata, anche se non si capiva di che. Dato che anch'io lavoro qui al supermercato, lei m'aveva preavvisato. Quando t'ha visto entrare mi ha telefonato e… il resto lo sai. E così finisce. Ha da fi-ni-re-e! Trovatene un'altra. Gina non è per te. Mo', hai ca-pi-to? Adesso aspetta qui un momento. Non ti preoccupare. Ora è tutto a posto, voglio dire, per quanto mi riguarda.”
     Fine del duello. Il vigilante si assentò un paio di minuti e ritornò con il pacco del radiatore e lo scontrino della cassa.
     “Ho anticipato io il denaro. Sono 170 euro. Ho ottenuto lo sconto del 20% come dipendente. Però adesso mi ringrazi e mi rimborsi, eh?”
                                                                        *     *     *
     Mentre tornava al casale, Osvaldo si sentiva depresso, ma anche liberato da qualcosa che aveva già percepito come ambiguo.
     Quel rifiuto di Gina di avere figli, il non chiedere il matrimonio (le donne lo vogliono quasi sempre, innamorate o no), la repulsione per la vita in campagna… questi erano stati indizi di una precarietà del rapporto. Osvaldo, ancora un po' ingenuo, non escludeva che Gina gli avesse voluto bene, ma ora capiva che era stato un bene interessato. Concluse pessimisticamente:
     “In fondo è sempre così. L'amore, quello bello - puro - eterno, sta solo nelle favole. Il matrimonio serve proprio per questo, per dare stabilità all'unione in funzione della famiglia, cioè dei figli; è un collante che col tempo magari diventa più forte e garantisce una buona convivenza per la tranquillità della vecchiaia. Oppure anche questa è una favola? I vecchi si amano o almeno si vogliono bene? oppure fingono di amarsi, ma in realtà semplicemente si sopportano?”

     Allora capì che quella spiacevole esperienza lo aveva maturato: liberato da Gina, ora la sua vita aveva veramente preso una svolta.
     Si chiese: “Come sarà il futuro?”
     Si rispose: “Basta che funzioni!”
      E infatti ora aveva capito che quella regola di Woody Allen significava: “Accontentati di quello che hai, non rimpiangere quello che finisce, goditi quel poco di buono che ti capita… se ti capita. Basta che funzioni al momento. Ché tanto poi la fregatura ti aspetta dietro l'angolo.

                                                            FINE DELLA PRIMA PARTE

Agostino G. Pasquali