Viterbo IL RACCONTO
Agostino G. Pasquali

Chi ha ucciso la bella Nadia?

IL RACCONTO: Chi ha ucciso la bella Nadia? Primo giorno

IL RACCONTO: Chi ha ucciso la bella Nadia? Secondo giorno

TERZO GIORNO

     La mattina seguente il carabiniere Olivone aspetta ansioso l’arrivo del maresciallo per dargli una notizia che ritiene molto interessante. Appena il suo capo arriva gli corre incontro e lo apostrofa:

     “Marescià, sapete chi è il medico che ha certificato la morte di Nadia?”

     “Cuntàcc! (*) Che domanda mi fai? Ma se ti ho chiesto proprio a te di informarti perché non lo so.”

     Un attimo di pausa per creare la suspense. Olivone, da buon napoletano, sa recitare e creare l’effetto voluto, ma il maresciallo è ansioso di sapere.

     “Cuntàcc e boja fauss! Allora chi è?”

     “È… il dottor Alfredo Pinsoni, fratello del defunto ingegner Pinsoni, quello già marito della vedova Pinsoni … E tenetevi forte, marescià! Il dottore è pure padre dei due giovani Pinsoni: Aurelio e Stefano.”

     “ Il dottor Pinsoni? Ah! lo conosco superficialmente, il dottore; e ho sentito dire qualche cosa dei suoi figli, in particolare di Aurelio, uno spaccone, perdigiorno, sempre elegante; e gira in Ferrari. Beato lui… è l’unico qui che si può permettere una Ferrari! Calma però… Con tutti ‘sti Pinsoni non ci capisco più niente.”

     “Sì, pare complicato. Per questo mi sono permesso di prepararvi ‘nu poco’ di albero genealogico. Eccolo…”

 

   “ … adesso vi è chiaro, marescià?”

     “Chiarissimo, grazie!”

                                                                           *     *     *

     Il problema che si presenta ora al maresciallo è decidere se i pochi elementi in suo possesso costituiscano già un notizia di reato che gli imponga il dovere di informare subito l’autorità giudiziaria, secondo gli articoli 331 e 347 del codice di procedura penale.

     Il maresciallo è sempre molto preciso nel rispettare le norme giuridiche. Però non gli sembra che ci siano motivi di particolare urgenza perché non c’è un reato in corso né l’ipotesi di un reato in preparazione, ma solo l’eventualità, una vaga eventualità, di un reato già commesso da tempo; e questo solo sulla base di una lettera anonima che non specifica né il tipo di reato né il responsabile. Dopo un attimo di titubanza decide di rinviare la comunicazione e di fare qualche ulteriore accertamento. Dove? Ma a Sovrana ovviamente, dove c’è la casa Pinzoni o Pinsoni indicata dall’anonimo.

     Senza ufficializzare il suo proposito, quindi senza neppure avvisare i suoi collaboratori, si mette in borghese e si avvia con la sua auto personale in direzione del borgo di Sovrana. Per prima cosa interrogherà la bella Neri Emma, la vicina di casa e amica della povera Nadia. Il suo è un compito professionale, ma non manca una punta di curiosità di vedere questa signorina così bella (parola di Olivone!) da sembrare una miss Italia. Poi cercherà casa Pinsoni (non Pinzoni) e parlerà con la vedova che vi abita.

                                                                           *     *     *

     Emma Neri gestisce una piccola lavanderia nel centro di Sovrana e lì la trova intenta a stirare.

     È infagottata in una tuta da lavoro sformata e abbondante e non rivela affatto le sue doti fisiche, ma il viso, leggermente arrossato dal calore del ferro da stiro e dai vapori della lavanderia, è luminoso incorniciato da capelli bruni raccolti a chignon e presenta lineamenti regolari di tipica bellezza mediterranea. Apre subito un bel sorriso per accogliere il visitatore .

     Il maresciallo entra e, dato che è venuto in borghese, si presenta formalmente. Ha preferito non mettere la divisa perché ritiene che così la ragazza si confiderà più facilmente. Lui non è un simpaticone come Olivone, che con qualche battuta farebbe parlare pure un mafioso siciliano, però ha l’atteggiamento del buon padre e i giovani gli si aprono facilmente. Ma la divisa è meglio non metterla: ai giovani crea quasi sempre disagio e diffidenza.

 

     “Signorina, buongiorno. Sono il maresciallo dei carabinieri Grandasso, della stazione di Civita Romana.”

     “Buongiorno a voi, marescià. Non vi dovete presentà. Vi conosco anche se siete vestito da cristiano. E chi, qui a Sovrana, non conosce l’ottimo maresciallo Grandasso?”

     “Troppo gentile! Mi scusi se la disturbo mentre sta lavorando, le devo rivolgere alcune domande per chiarire quello che lei ha già detto ieri al carabiniere.”

     “Nessun disturbo. In questo periodo, de lavoro ce n’è poco e non è urgente. Se era estate allora sì che c’avevo da fa co’ li turisti. Chiedeteme pure. Io sò sempre disponibile per i carabigneri. C’ho un debbole… per la divisa.”

     La ragazza sorride e parla senza imbarazzo, il che si capisce chiaramente dal suo modo di esprimersi, spontaneo e informale, anche un po’ familiare per l’uso del ‘voi’ e di qualche espressione dialettale.

     “Grazie per la disponibilità. Le chiedo subito: voi due, lei e Nadia, eravate molto amiche?”

     “Sì, passavamo insieme tutto ‘l tempo libero.”

     “Eravate amiche … intime? Intime come… come posso dire…?”

     Il maresciallo arrossisce leggermente, è imbarazzato nel dover chiedere apertamente se tra le due ci sia stato un rapporto omosessuale. La Neri capisce al volo e ride.

     “Volete dire se c’avevamo rapporti da lesbiche? No! Io ho un fidanzato che veniva spesso con noi quando andavamo in gita o in disco. È lui che c’ha fatto la foto al lago, quella che piaceva tanto al carabignere che m’ha già interrogato ieri. Nadia non aveva un fidanzato, ma piaceva molto a Stefano, il nipote della vedova Pinsoni. Lui non si dichiarava, perché è timido, ma Nadia lo capiva da come si comportava quando veniva a far visita alla zia. E lei, Nadia, lo teneva sulle spine: un momento gli sorrideva provocante, un momento dopo, se lui provava a fare avances, diveniva fredda. Se lo cucinava piano piano. È così che se fa per acchiappà l’omo. Semo donne, no? ”

     “Già, già, capisco. Altroché, se capisco!”

     Il maresciallo pensa: “Capisco, sì! Ecco come agiscono certe donne. Poi gli uomini si offendono e magari diventano violenti e arrivano pure a uccidere…”. Così pensa, ma non lo dice per non contraddire la ragazza e non rischiare di bloccarne le confidenze. Aggiunge invece domanda a domanda:

     “Ma questo Stefano, veniva a far visita spesso?”

     “Prima no, solo ogni due o tre settimane. Ora, da quando la signora è sola, viene de più, quasi tutti i giorni; lui insieme con quell’antipatico del fratello Aurelio.”

   “Ah, già, Aurelio! Come sono questi due … Aurelio e Stefano?”

     “Stefano è serio, bono, un po’ timido, gentile, studia medicina. Era gentile specie co’ Nadia, e a lei lui ci piaceva e c’aveva fatto un pensierino. Sarebbe stato un bel colpo di fortuna sposàsselo, per una profuga senza niente se non il lavoro di colf dalla signora... ca…volo! mejo d’un superenalotto. Aurelio invece è diverso, è un presuntuoso; se crede un superomo solo perché è di famiglia bene e ricca: i Pinsoni. Ricca poi? C’avrei qualche dubbio...”

     “Dubbio? Perché?”

     “Mbè, la signora Pinsoni di qui sta bene, il marito l’ha lasciata vedova con denaro, pensione e la bella villa dove abita. Anche il cognato della cognata, cioè della signora, che è il padre dei due ragazzi, starebbe bene: c’ha un buon lavoro, fa il medico, e i medici se sa che guadagnano molto…”

     “Perché lei dice: “starebbe” bene? Non “sta” bene? Dica, dica… non abbia paura. Il carabiniere è come il confessore. Tiene il segreto. Cioè se uno gli dà un’informazione, la utilizza, ma non dice mai la fonte.”

     “Mbè, c’è che Aurelio fa… come si dice qui da noi… ‘la vita del beato porco’. Intanto non lavora, non studia; ma veste di lusso, dà feste per signori con la sciampagna e la musica dal vivo. Ma mica fa venì uno solo con la tastiera che magari è mejo d’un’orchestra. Noo! Lui fa venì l’orchestra gèzze al completo co’ due cantanti, maschio e femmina; una volta ha fatto venì… coso… come se chiama, quello co’ la tromba che se vede sempre in TV… mbè non me lo ricordo… e poi gira in Ferrari. Oh! e se dice pure… ma io non ci metterei la mano sul foco… che ha il vizio del gioco, quello forte del pòkere, mica le macchinette. E perde, perde parecchio e se dice… ma pure qui niente mano sul foco, eh!... Si dice che se non gli arriva l’eredità della zia… so’ guai.”

     “E chi gli dà i soldi a quello… ad Aurelio? E il padre non gli mette un freno?”

     “Booh! Come se fa a sapello? Però, ‘qui lo dico e qui lo annego’ [Emma Neri ride per la battuta], a me me pare che ‘sto Aurelio è quello che comanda in casa. Intanto sul fratello, che me pare ‘l servetto, e pure sul padre, che è un ometto bono... Come si dice? Tanto bono da esse cojone.”

     “ Ma, lei, come fa a sapere tutte queste cose? In fondo i Pinsoni, a parte la vedova, stanno a Civita, mica qui a Sovrana.”

     “Le so sì, perché me le diceva Nadia, che gliele diceva la signora, che se doveva sfogà con qualcuno perché non c’ha mica simpatia pé ‘sto nipote. Ma perché lei, marescià, non va a parlà proprio con la signora?”

     “Seguirò questo suo prezioso suggerimento. Grazie, signorina. Mi è stata molto utile.”

 

     Il ringraziamento è esagerato perché il suggerimento della Neri è superfluo. Infatti il maresciallo aveva già deciso di fare visita alla vedova Pinsoni, ma l’esperienza gli ha insegnato che gratificare un informatore è utile per renderlo disponibile in caso di future necessità.

                                                                         *     *     *

     La signora Maria Pia Wlader, vedova Pinsoni, abita da sola in una bella villetta della zona Bosco Scuro a margine della frazione di Sovrana. È una bella signora distinta, curata nel fisico e nel vestire, ha sessantasei anni che sarebbero anche ben portati. Infatti ne dimostra meno, ma ha un problema: soffre di disturbi dell’equilibrio. In casa si muove abbastanza agevolmente curando però di stare sempre vicino a una parete o a una sedia o un mobile, cui appoggiarsi in caso di sbandamenti o vertigini. Non ha sempre questi disturbi, ma le vengono diverse volte al giorno e senza preavviso, e per questo non esce più di casa se non c’è qualcuno che la tenga sotto braccio. Prima c’era Nadia e con lei usciva tutti i giorni per fare spese e passeggiate. Ora esce raramente accompagnata dalla signorina Emma Neri, che abita in una casetta modesta di fronte alla sua villa. Ma la Neri la può accompagnare di rado, solo se ha tempo libero dal lavoro della lavanderia, e se non è impegnata con il fidanzato, e se non ci sono in zona i due giovani Pinsoni che non vedono di buon occhio questa frequentazione.

     Il dottor Pinsoni, cognato e medico di famiglia, le ha diagnosticato problemi di artrosi cervicale, le ha consigliato una ginnastica che lei dice di fare ma non fa, e le ha prescritto delle cure fisioterapiche che lei aveva iniziato quando c’era la colf Nadia che l’accompagnava in città, a Viterbo, in un centro medico di fisioterapia. Ma ora che è sola le ha sospese. Potrebbe andare in taxi? Sì, perché se lo può permettere, ma ha il difetto tipico dei ricchi seri: è piuttosto avara.

                                                                         *     *     *

     Il maresciallo è ora davanti al cancello pedonale della proprietà Pinsoni. Un alto muro nasconde il giardino e la casa. Nemmeno dal cancello si vede bene l’interno perché la vista è impedita da una pesante lamiera di ferro che rende il cancello quasi una porta di segregazione. Suona il campanello sperando che la signora stia in casa. Ma lei dove dovrebbe stare se non in casa?

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(*) “Cuntàcc!” è un’eclamazione piemontese senza un significato preciso.

Può equivalere a “Caspita”? No, perché “Caspita” in italiano è la variazione di una parolaccia molto diffusa e molto volgare. Diciamo allora che vale un “Perbacco!”

(Continua domani)

Agostino G. Pasquali

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