Viterbo CRONACA
Lutor (Luigi Torquati)

Il giornalista Luigi Torquati... ma come affermare che nel bicchiere
c'è vino? Infatti, il liquido all'interno, non si vede!

Prima cosa, considerato quanto mi sta a cuore, vorrei implorare chi di dovere affinché venga data una sistemata alla Cassia, a questa strada che, da nazionale, sta diventando interpoderale per le troppe buche che esistono, insieme ad altre che non si possono definire semplicemente buche, ma piccoli crateri.

A tutto ciò va aggiunto il fatto che non esistono strisce bianche sull’asfalto, i guard-rail scarseggiano e quelli che ci sono non hanno, per il 90%, catarifrangenti validi. Esistono tratti, come ad esempio quello che va dal Km. 76 al Km. 78, che con un altro po’ di pioggia, diventerà impraticabile del tutto. Ci sono utenti che percorrono la strada tutti i giorni, compresa la notte, quando all’incrocio con altre macchine non si vede più niente; solo sobbalzi. Per favore intervenite!

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Carissimo ex sindaco Marini, ce l’ho con te e la tua Giunta. Molto spesso passo da Faul, davanti agli ascensori che portano al Duomo e di gente che va e viene ne vedo raramente e poca. Un giorno ho lasciato la macchina al parcheggio e mi sono divertito (modo dire) a usufruire dell’ascensore. L’esperienza mi ha confermato ciò che pensavo: ascensori utili solamente per un percorso turistico, organizzato naturalmente. Qualche centinaio di metri a piedi tra tunnel e percorso dall’uscita dell’ascensore al Duomo, poi il ponte, quindi piazza della Morte e poi, secondo dove un cittadino deve andare, tantissimi altri metri. Dopo di che c’è il ritorno, se non è stata chiamata prima un’ambulanza per il necessario soccorso. Pesante per tutti il percorso; ti puoi immaginare per un vecchietto come me o qualche persona claudicante o altro. Non era meglio impegnare quei soldi per verificare se, con qualche scala mobile, si poteva arrivare meglio in centro?

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C’è stata la delusione per la mancata designazione di Viterbo come “Città della Cultura”. Delusione perché? Una città malmessa come la nostra poteva sperare di meglio? Ci sono carenze dappertutto: dalle strade piene di buche, ai selci mancanti; dalla stazione di Porta Romana (i cui ex uffici fanno schifo già dall’esterno), alle isole ecologiche, con sporcizia a cielo aperto tipo quella del Merlano, a due passi dall’Ospedale Belcolle; dalle luci (dove ci sono) ridicole, alle fontane melmose; dalle facciate malmesse degli edifici, alla giungla di cavi e tubi, operativi e non, che le decorano tristemente. Non credo proprio che ci sia da meravigliarsi e c’è il pericolo che la proposta dei commercianti per “Viterbo Capitale Medievale” faccia la stessa fine. E’ vero che Sgarbi, bontà sua, ha dichiarato in televisione che Viterbo merita il “Vincolo Unesco”, ma Sgarbi dovrebbe visitare l’intera città e dintorni, non solo palazzo dei Priori, palazzo Papale, San Pellegrino.

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Vi capita mai di leggere qualcosa di Francesco Chiucchiurlotto, ex Sindaco di Castiglione in Teverina? Scrive abbastanza spesso su vari giornali on-line ed io qualche volta lo leggo, nonostante la differenza di idee. La cosa un po’ buffa è quella riportata da “Il Messaggero” del 9 giugno. Chiucchiurlotto si è presentato con una sua lista, nelle scorse elezioni del 5 giugno, a Rocca di Cave in provincia di Roma, con 377 abitanti, non riuscendo però ad essere eletto sindaco. Nella stessa tornata elettorale, il cognato Giuseppe Fraticello, ex Sindaco di Bagnoregio, è anch’esso emigrato, presentandosi con una sua lista a Lubriano (VT). Anche lui bocciato dall’elettorato. Titola “Il Messaggero”: “Cognati e candidati a sindaco in due comuni diversi: il loro programma è un copia e incolla”. A seguire precisa: “cambia il nome del paese. Per il resto, impegni su carta carbone”, riportando anche un pezzo del programma. Al di là di questo retroscena elettorale, quello che volevo dire di Chiucchiurlotto è che su Facebook e su qualsiasi giornale, la sua foto è sempre la stessa, di una decina (o più?) di anni fa. Ma è senz’altro giusto, considerato che le redazioni non hanno l’archivio fotografico di chi scrive.

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Naturalmente, quello che ho scritto sopra è voluto per meglio entrare in un discorso più leggero, fatto di cose meno importanti e più superficiali. Inizio dalla foto che il nostro Direttore ha pubblicato con il mio articolo. La foto con la camicia nera ed il bicchiere in mano (Mauro, ti prego di rimetterla anche in questo articolo) che ha suscitato qualche commento. La prima precisazione è che non bevo vino da decenni e, quindi, non solo c’è una interpretazione errata, ma anche gli alcolici ed i suoi effetti negativi (scusatemi, ho commesso un errore da matita rossa, vero prof. Saracino? Ma a furia di leggere cose sbagliate, qualche frase ti rimane in testa e si tende a commettere lo stesso errore; ricomincio da capo) ma anche gli alcolici ed i loro effetti negativi – così è esatto - erano inesistenti. La seconda puntualizzazione riguarda la camicia nera: vorrei spiegare che non è più l’epoca in cui una camicia definiva la persona; oggi la camicia nera c’è a chi piace e a chi no e a volte è pure elegante indossarla. Anziché indossarla all’esterno del corpo, è molto più pericoloso averla incorporata, in quanto causa idee strampalate e toni poco eleganti.

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Adesso vi racconto come nasce quella foto. Ero stato invitato come corrispondente del giornale “Le fregnacce” all’incontro di Raul Castro con il Papa Francesco, il 10 maggio 2015. Dopo l’incontro ufficiale c’è stato un piccolo rinfresco nei giardini vaticani ed io ho gradito il mio aperitivo preferito “Cocktail San Pellegrino” (Ripeto, per Baccaione, non bevo vino). Mentre si passeggiava chiacchierando con un collega, mi sono avvicinato al gruppo di altri giornalisti con Raul Castro ed ho sentito la famosa frase “Se il Papa continua così torno alla Chiesa cattolica". L’ho sentita distintamente, anche perché capisco l’inglese come una mucca spagnola e quindi ho potuto interpretare bene l’idioma cubano.

Non si tratta, dunque, di una frase detta in udienza privata a Cuba (lì non mi avrebbero invitato non essendo comunista), ma di dichiarazioni fatte alla stampa nell’incontro in Vaticano (cosa che avevo precisato nell’articolo). Credo, con questo, di aver soddisfatto la domanda: “Ma se la visita era privata, come ha fatto l'uomo in camicia nera ed il bicchiere di vino in mano a citare la frase del Raul con tanta sicumera?”

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Certamente avrete capito che stavo scherzando un pochino, ogni tanto ci vuole un momento, diciamo, goliardico. La foto risale al 3 giugno 2007, giorno del mio matrimonio con Patrizia e mi ritrae nel giardino davanti al Ristorante “Da Oliviera”, a Ponte di Cetti, con il bicchiere dell’aperitivo, confermo analcolico, in mano (mamma mia quanto ero più giovane).

Per quanto riguarda la frase di Castro, per conoscenza di chi la ignora, riporto ciò che si legge su Internet (io ci vado):

(Sì 24.it) - “Sono uscito da questo colloquio colpito dalla sua modestia, dalla sua saggezza e da tutte le sue qualità. Leggo tutti i suoi discorsi”. “Se il Papa continua su questa strada – ha affermato Castro – tornerò a pregare. Sono comunista, iscritto al partito comunista, ma adesso stiamo facendo dei passi in avanti, anche per ammettere i credenti”.

(rainews.it) - Udienza di un'ora con Papa Francesco, "Ho ringraziato il Pontefice per il suo contributo al disgelo tra Cuba e Stati Uniti". "Colpito dal Papa, se continua così torno alla Chiesa Cattolica".

(Corriere della sera) - Raul Castro: "Se il Papa continua così torno alla Chiesa cattolica".

(storify.com) - Il leader cubano ha avuto modo di affermare: "Se il Santo Padre continua così torno cattolico".

Mi fermo qui, altrimenti rischiamo di riempire il giornale con le dichiarazioni di Castro; l’unica cosa che voglio precisare è quella che se non si va qualche volta su Internet, forse per presunzione, si può rimanere ignoranti su alcuni avvenimenti e magari, una volta che si è costretti ad andarci, non essendo abituati, ci si potrebbe sbagliare e copiare solo in parte qualche cosa. Personalmente continuerò ad avvalermi di questa possibilità tecnologica perché vorrei ridurre la mia ignoranza e mantenermi informato su quanto accade intorno a me.

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Due parole le voglio scambiare con l’amico Baccaione, suddividendo gli argomenti. Del presunto bicchiere di vino, già detto. Quando mi dici di stare attento alle persone che voteranno “No” anche per le stesse mie motivazioni, ti dico subito che se lo fanno per non essere complici di Renzi, Boschi e compagnia, non me ne frega un tubo. L’ho detto tante volte e lo ripeto anche se, data la nostra conoscenza personale, dovresti saperlo: non sono un Renziano; voto Sì con la convinzione di poter rinnovare qualcosa di questa nostra marcia nazione che con il No rimarrebbe sempre marcia. Chi ancora non ha capito che il mio non è un discorso partitico, è bene che si liberi di un po’ di segatura, al fine di comprendere meglio ciò che dicono gli altri. Per l’eventuale scelta dei personaggi locali di non andare a braccetto con me, pazienza! Ho già spiegato che la cosa è reciproca; anche con te, in questa occasione, nonostante i caffè presi insieme, non ci tengo a stare a braccetto. Nel futuro e in altre circostanze può darsi che ci potrebbe scappare anche l’abbraccio e non solo con te.

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Secondo argomento. Nel tuo ultimo articolo, anzi dotto articolo, caro Baccaione, non ti pare di aver esagerato con il latino? Lo so benissimo che lo conosci molto bene e non solo quello, ma qualche volta il troppo storpia. Lo dicevamo questa mattina con un comune amico: bisogna avere rispetto per gli altri e dunque evitare di essere troppo dotti. In più hai il difetto, che forse deriva da qualche amicizia sbagliata, di non mettere la traduzione italiana e anche questo è mancanza di rispetto. Non tutti sappiamo il latino come te, non tutti vanno su internet per tradurlo, non tutti sappiamo rapportare nel giusto verso quanto dice Lucano a Catone, con ciò che definisci “dotta disputa” in atto. Disputa poi, è un po’ fuori posto; una disputa avviene quando ad una cosa esatta si risponde con altra cosa esatta; non c’è disputa quando ad una cosa sbagliata si risponde con una cosa esatta ed una eventuale replica piccata alla correzione, non si definisce disputa, ma ignoranza, cafoneria, superbia, presunzione.

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Una breve precisazione per l’avvocato Andrea Stefano Marini Balestra. Io continuerò a darle del Lei per le motivazioni che le ho già precisato. Il fatto di essere iscritti entrambi all’albo dei giornalisti non comporta necessariamente il tu, ognuno può comportarsi come ritiene opportuno ed io do e concedo il tu solo a chi conosco di persona e dopo almeno un caffè.

I vecchi di Viterbo, una volta, nel momento in cui qualcuno dava loro del tu, dicevano: “Avemo mai magnato ‘nsieme?”, personalmente mi limito ad un caffè.

Il fatto di essere giornalista, poi, è da vedere. Da quello che mi dicono gli amici, so benissimo che come ho fatto io nel lontano 79, la sua tessera se l’è senz’altro guadagnata. Ma mi deve credere quando le dico che, purtroppo, ci sono giornalisti che hanno preso la tessera senza guadagnarla, magari solo perché un Direttore Responsabile è stato compiacente o, addirittura, parente. Non vorrà mica che questi presunti colleghi le diano del tu?

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Due righe per il prof. Gennaro Saracino. Ripeto il grazie indirizzatole nell’articolo precedente. Le confermo la mia stima e mi permetto di segnalarle una frase di Tacito e alcuni versi di Brunetto Latini, anche se certamente lei già ne è a conoscenza. Dice Tacito: “Irritarsi per una critica vuol dire riconoscere di averla meritata”. Brunetto Latini ne “Il Tesoretto” (versi 1773-78[2])

“ché molti sconoscenti

troverai tra le genti

che metton maggio cura

d'udire una laidura

ch'una cosa che vaglia

trapassa e non ti caglia”

Allora, professore, quando le va di scrivere qualcosa, lo faccia; le assicuro che sarà letto con piacere e non solo da me.

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Chiudo con un altro pizzico di goliardia. Mi hanno mandato, poco fa, la seguente barzelletta e la voglio condividere con quei cinque/sei lettori che mi leggono. Si intitola: Differenza fondamentale tra cittadini e politici.

Una mattina un fiorista andò dal barbiere per un taglio di capelli.  Alla fine chiese il conto, ma il barbiere rispose: non posso accettare denaro perché questa settimana sto facendo un servizio alla comunità.

Il fiorista ringraziò della gentilezza e uscì. Il mattino successivo il barbiere trovò un biglietto di ringraziamento e una dozzina di rose alla porta del suo negozio.

Più tardi un poliziotto entrò a farsi tagliare i capelli e quando chiese di pagare il barbiere disse anche a lui: non posso accettare denaro perché questa settimana sto facendo un servizio alla comunità.

Il poliziotto ne fu felice e il mattino successivo il barbiere trovò un biglietto di ringraziamento e una dozzina di ciambelle alla porta del suo negozio.

Venne quindi un membro del Parlamento, anche lui per un taglio di capelli. Quando passò alla cassa anche a lui il barbiere ripeté: non posso accettare denaro perché questa settimana sto facendo un servizio alla comunità.

Molto contento il membro del Parlamento se ne andò e la mattina successiva, quando il barbiere andò ad aprire il negozio, trovò una dozzina di parlamentari accompagnati dai rispettivi famigliari e amici, in fila per un taglio di capelli.

                                                                                                                                                                               Lutor