Viterbo STORIA Il palcoscenico rimarrà, purtroppo, arretrato all'arco armonico, per far posto all'orchestra, un danno per i cantanti assai importante
Mauro Galeotti


La buca per l'orchestra davanti al palcoscenico, sulla sinistra si vede bene
la barcaccia fuori del palcoscenico, sopra è l'arco armonico

In attesa che... il Teatro dell'Unione sia riaperto (aspetta e spera!) mi piace ricordare come il limite verso il pubblico del palcoscenico del Teatro dell'Unione era sotto l'arco armonico e dal 1924 è stato arretrato, come si vede oggi.


La barcaccia e arco armonico

Nel linguaggio teatrale, riferito in particolare all'opera lirica, con il termine “barcaccia” ci si attiene alla serie di palchetti posti immediatamente a lato del palcoscenico, ossia a fronte del proscenio o ribalta, in quell’area lasciata scoperta dal sipario verso l’orchestra.

Spesso i palchetti direttamente prospicienti sul palco, di dimensioni maggiori rispetto a quelli degli altri ordini, erano occupati dai regnanti di turno che, invece di assistere alle rappresentazioni dal palco reale, preferivano ammirare gli artisti a pochi metri di distanza.

Sopra alla ribalta è l’arco armonico, ossia relativo all’armonia, la parte che, sfruttando il fenomeno della risonanza, amplifica e migliora il suono delle voci verso il pubblico.

L'arco armonico del nostro teatro non ha più questa funzione, infatti, la barcaccia non è più a fianco del palcoscenico, ma posta più avanti, insomma è a fianco all'orchestra. Viene così a mancare la risonanza e non aiuta i cantanti a diffondere la loro voce verso gli spettatori.

Il Teatro Comunale di Agrigento, dopo il Massimo di Palermo ed il Bellini di Catania, si piazza per caratteristiche architettoniche e di grandezza, terzo fra i teatri dell'Isola.
Il suo arco armonico, per purezza e rotondità di riproduzioni non comuni, lo colloca tra i migliori d'Italia, ciò a dimostrazione dell’importanza basilare che ha l’acustica grazie, appunto, alle caratteristiche con cui viene costruito l’arco armonico.


Una curiosità, sull’importanza dell’arco armonico del Teatro Pirandello di Agrigento.

“Un partito avverso al progettista Sciascia affermava veracemente che l'arco armonico fosse riuscito sordo.

A risolvere la questione fu chiamato l'ingegnere architetto Filippo Basile (costruttore del teatro Massimo di Palermo), il quale, dopo aver battuto le mani sul limbo dell'arco armonico ed ascoltato la portentosa eco, si congratulò caldamente col suo allievo collaudando l'opera.

Ma l'autorità morale e tecnica del Basile non valse tuttavia a sedare le aspre polemiche nate da un nefasto gioco di partiti.

Si contestò allo Sciascia finanche la paternità del progetto (che si voleva far risalire al Basile); infine, l'ingegnere agrigentino fece distruggere l'arco armonico e, abbandonando i lavori, partì alla volta di Palermo, si racconta, sollecitato dallo stesso Basile per eseguire la costruzione dell'arco armonico del teatro Massimo.
Tornò in seguito su invito del Prefetto del tempo e costruì l'arco armonico in legno, che aumentò notevolmente la purezza della risonanza acustica”.


Qualche nota relativa all’arco armonico del Teatro dell’Unione

Nel 1858 il viterbese Gaetano Spadini, ornò di nuovo, dopo soli tre anni dall’inaugurazione, l’arco armonico che si era screpolato, doratore fu Pietro Garbini. L’orologio, posto al di sopra dell’arco armonico, venne realizzato dalla Ditta Luigi Toninelli e fratello di Cecina.

L’anconitano Daniele Ferretti fu chiamato per eseguire il meccanismo inferiore e superiore del palcoscenico e il Vespignani realizzò il disegno del grande lampadario di cristallo, eseguito con materiale fatto venire espressamente da Parigi alla Ditta Boni e Fiorini di Ancona; costò seicento scudi. Fu in seguito collocato nella Sala regia, poi riportato all’Unione.

Il teatro fu spesso meta di attori e autori, i quali venivano a collaudare le loro opere per sottoporle alla qualificata e indiscutibile critica dei Viterbesi, i quali una volta giudicata un’opera per buona, era garanzia di un sicuro successo in tutti gli altri teatri.

Nel 1924 per l’apertura della stagione estiva, leggo il periodico locale "La Rocca" del 21 Luglio 1924:
«il Teatro dell’Unione subirà notevoli modificazioni che renderanno maggiore la sua risonanza e permetteranno aggiungere qualche altra fila di poltrone alla platea. Il palcoscenico sarà tagliato all’altezza delle barcacce e il piano riservato all’orchestra sarà così avanzato ed ingrandito.
L’avanzamento dell’orchestra si rendeva necessario per porre, come del resto in tutti i maggiori e migliori teatri, l’orchestra sotto l’arco armonico, in modo che acquistasse, come è stato dimostrato nell’ultimo concerto maggior risonanza ed ampiezza di voce. […].
I lavori di ampliamento del palcoscenico, che sono cominciati già da qualche giorno, vengono eseguiti sotto la direzione dell’Ufficio Tecnico Comunale».

Alcuni restauri furono eseguiti nel 1929 ad opera dell’ingegnere Filippo Ascenzi, sotto la direzione dell’ingegnere Enrico Rispoli, i quali portarono il teatro ad una notevole funzionalità. Fu tra l’altro attrezzato con «delicati meccanismi del quadro scenico, ed è stato dotato di un meraviglioso impianto foto-elettrico dalla mondiale Casa A.E.G. di Berlino».

In quell’occasione con il Teatro "rinnovellato" fu stampato un opuscolo, con il programma delle opere che si sarebbero tenute, in un Numero unico con raffigurati: Giuseppe Bottai, sottosegretario al Ministero delle Corporazioni; Filippo Ascenzi, deputato della Provincia e Giuseppe Zampi, segretario del Partito nazionale fascista. 
Vi sono inoltre: Mario Limongelli, prefetto di Viterbo (Luglio 1928 - Marzo 1930); Antonio Maturi, podestà, nato a Viterbo il 2 Aprile 1883 e morto il 17 Maggio 1956, ed Emilio Mangani, vice podestà, inoltre, foto di direttori, maestri e artisti. In quel tempo nelle sale superiori del teatro aveva trovato sede il Circolo viterbese 1870.

I medaglioni sulle pareti dell’atrio sono opera del pittore Romolo Badaloni. Restauri sono stati eseguiti anche nella sala, sia negli stucchi che nelle dorature.

Il soffitto di quattrocento metri quadrati, andato in parte distrutto dai bombardamenti aerei del 1944, fu affrescato dal pittore viterbese Angelo Canevari (1900 - 1955), il quale pitturò anche la scala e l’arco armonico. Altri collaboratori furono i pittori Righetti, Pizzari ed il viterbese Giorni. I lumi in ottone furono opera dall’artigiano viterbese Tamburini.


Ugo Tognazzi al Teatro dell'Unione, anni '60, era stata realizzata una passerella
che si concludeva all'altezza della barcaccia per consentire agli attori
di arrivare vicino agli spettatori (Archivio Mauro Galeotti)

La nuova inaugurazione del teatro avvenne il 4 Settembre del 1952 con l’opera Manon, il costo complessivo dei restauri fu di ottanta milioni, suddivisi per due terzi a carico dello Stato, il resto del Comune che dovette sostenere anche le spese per l’arredamento.

Con l'apertura, forse nel 2017, del Teatro dell'Unione, il palcoscenico, che è uno dei più grandi d'Italia, resterà arretrato all'arco armonico e pur avendolo rilevato ai tecnici, al tempo del sindaco Marini, all'assessore di allora, Vito Guerriero, era il 2010, nulla è stato fatto e si farà per riportare il proscenio all'altezza dell'arco armonico. Peccato.


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