Roma
CRONACA


Riceviamo dalla LAV e pubblichiamo

c.a. Vicedirettori l'Unità: Pietro Spataro, Rinaldo Gianola Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
c.a. Vicecaporedattore  l'Unità: Maddalena Loy Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Gentilissimi,

in merito all’articolo "Quel che c'è da sapere sulla sperimentazione sugli animali" (l'Unità, 2 gennaio 2014) a firma di Roberto Caminiti, la LAV (www.lav.it) desidera esprimere alcune puntualizzazioni.

 

L’articolo fornice il messaggio errato della necessità dei test su animali, senza alcun dibattito o confronto oggettivo. Sono citati presunti grandi passi in avanti fatti grazie alla vivisezione, ma verificando storicamente è esattamente il contrario: la sperimentazione animale ha comportato errori e ritardi nella scienza, ne sono una testimonianza le 225.000 morti all’anno negli Stati Uniti per cause avverse ai farmaci, o il dato allarmante che il 90% dei farmaci non supera le prove cliniche. Tutto questo con spreco di fondi e menti che lavorano per produrre dati inutilizzabili.

Altro esempio: il vaccino contro la poliomelite. Flexner aveva insufflato il virus nei nasi delle scimmie concludendo la polio è essenzialmente una malattia del cervello e del midollo spinale. Ma se si insuffla un virus nel naso è ovvio che si dirigerà prima al cervello. Così facendo egli stava forzando le risposte nel senso da lui desiderato. Infatti, da studi su bambini poliomielitici, si scoprì che la polio è essenzialmente una malattia intestinale e che generalmente non tocca il midollo spinale causando paralisi.

Compreso che la polio si sviluppava nell’intestino umano, gli scienziati conclusero che poteva svilupparsi anche in un tessuto intestinale in provetta. Questa scoperta permise la coltura di un numero di virus sufficiente per la produzione di un vaccino di massa. John Enders e la sua équipe ad Harvard sono stati i primi a sviluppare la polio in tessuto di coltura. Questa svolta rese gli studi per la polio fatti sulle scimmie del tutto obsoleti. Ma questi studi intanto avevano rinviato di 30 anni il vaccino antipolio!

Il fronte scientifico contrario alla sperimentazione animale è sempre più ampio e numerose pubblicazioni dimostrano l’inutilità del modello in vivo. Altri esempi: femmine di cavie private del cibo, se messe davanti alla scelta del compagno o del cibo, preferivano quest’ultimo: che sorpresa! Oppure, recisione di nervi collegati alle papille gustative tramite incisioni nella gola e perforamento del timpano per dimostrare come gli animali privati del nervo preposto al sapore amaro avevano problemi nell’imparare a riconoscerlo: una scoperta illuminante! Xenotriapianti dove gli animali sono usati come bacino di organi per il trasferimento tra scimmie e maiali nonostante da decenni queste investigazioni sono state riconosciute come totalmente infruttuose...

In Italia dalle autorizzazioni in deroga rilasciate dal Ministero della Salute possiamo riscontrare procedure che comportano livelli di dolore inimmaginabili: lo studio di malattie psichiatriche in scimmie non anestetizzate, stimolazioni cerebrali profonde di maiali totalmente vigili, investigazioni cerebrali nelle cortecce di primati senza anestesia oltre a inutili e fuorvianti studi su droghe, alcol e fumo.

La ricerca compie lenti progressi anche perché fortemente vincolata dall’obbligo del ricorso al modello animale che non solo risulta obsoleto e fuorviante sul piano scientifico, ma anche immorale.

Ogni anno milioni di animali sono utilizzati negli esperimenti e muoiono per testare molecole che non saranno mai immesse sul mercato o per lanciare miracolose cure che cadranno nel nulla: un meccanismo che riflette un quadro giuridico arretrato dove il ricorso all’animale era visto come passaggio necessario per la sicurezza umana, ma che si è rivelato fallace alla luce dei metodi alternativi e dell’approccio scientifico odierno.

La lobby vivisettoria ha volutamente confuso il concetto di salute e malattia, armandosi di potenti campagne pubblicitarie che hanno instillato il dubbio della necessità di curarsi e di ricorrere a medicinali, a scapito di campagne di prevenzione (alimentazione corretta, stile di vita, sport).

Deplorevole l'aumento dei test clinici in Paesi economicamente depressi, dove i controlli sono minori o inesistenti e i reclutamenti di volontari per testare i nuovi composti farmaceutici sono facilitati, economici, e la tutela giuridica è pressoché nulla.

Le Istituzioni nazionali ed europee, invece, dovrebbero impegnarsi a implementare i metodi sostitutivi, come voluto oltretutto dalla legge (e non solo dagli animalisti) e dall’articolo 13 della Legge di delegazione europea 2013 erroneamente riportato nel testo di Caminiti. Infatti, egli cita che le sperimentazioni senza anestesia riguardano anche i semplici prelievi e non potranno essere autorizzati studi sul dolore che, invece, sono chiaramente esclusi da tale divieto.

Incredibili le accuse rivolte alla senatrice Amati “rea” di attentare alla dittatura della sperimentazione sugli animali solo perché chiede il rispetto dell’articolo 13 - calpestato dal Ministro Lorenzin - di una Legge dello Stato, la 96 del 2013 approvata dal Parlamento e dallo stesso Governo.

Solo perché chiede libertà, davvero, di ricerca, nel voler promuovere i metodi sperimentali sostitutivi che tanta paura fanno al prof. Caminiti ma non all’Unione Europea che ha deciso di privilegiarli nell’assegnazione dei fondi del nuovo Programma Quadro di Ricerca Horizon 2020, spinta per l’innovazione che in tanti Paesi è già la normalità e in Italia viene combattuta da baronie legate all’anacronistico “modello animale” che poi sperimenta per forza, comunque, sulle persone.

E’ scoraggiante la facilità con cui si abitua la gente ad accettare la vivisezione come efficace, eliminando ogni considerazione etica verso l’animale e l’uomo, senza un adeguato approfondimento che può includere anche la critica almeno per dovere d'informazione, ma anzi cercando di convincere il lettore che tutto questo dolore serva a qualcosa strumentalizzando, addirittura, la malattia di ragazze ignare di diventare anch’esse cavie della lobby vivisettoria.

Cordiali saluti

Michela Kuan, biologa,
responsabile LAV Vivisezione

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