Viterbo PROVOCAZIONE Oibò!... Mi viene da trasecolare! Che c'entra la bellezza o la bruttezza?
Agostino G. Pasquali

Bellezza e bruttezza della Costituzione

     Fino a poco tempo fa c'era un coro unanime da destra a sinistra che affermava:  la nostra Costituzione è la Costituzione più bella del mondo. E guai a contraddire: si veniva subito qualificati  fascisti (da sinistra) o comunisti (da destra) o disfattisti (dal centro).

     Poi qualcuno, pur considerandola sempre 'la più bella del mondo', ha cominciato ad ipotizzare che, come una donna bella ma non più giovane può aver necessità di qualche ritocchino chirurgico, così la nostra Costituzione poteva, anzi doveva, essere ringiovanita e adeguata ai tempi nuovi. E in questi quasi settanta anni dalla sua nascita qualche piccola modifica c'è stata. Però due esigenze son venute emergendo sempre più pressanti:

a) garantire la governabilità, che è impossibile con governi deboli ed effimeri, generati da leggi elettorali che non danno mai un vincitore, e ricattati da un parlamento rissoso e inconcludente,
b) accelerare il procedimento legislativo, reso lentissimo e soggetto a pastrocchi compromissori dal bicameralismo perfetto.
     Dopo tanti anni di 'si dovrebbe rivedere', oggi un politico poco politicante, molto decisionista e anche un po' pasticcione, la revisione l'ha fatta. E subito molti hanno cominciato a lamentarsi, a rimpiangere la bellezza stravolta, e cercano di annullare la riforma con un referendum.

     Intanto, però, qualcuno, a prescindere dal cambiamento sostanziale, sta modificando la valutazione estetica e afferma che la nostra è la Costituzione più brutta del mondo. (Per esempio: Federico Cartelli - v. lacitta.eu del 2 giugno scorso). Oibò!... (Mi si permetta quest'esclamazione antiquata invece della più forte e attuale ma volgare: 'E che cazzo!', che sarebbe però adattissima a quella strampalata affermazione).

     Oibò!... Mi viene da trasecolare!
     Che c'entra la bellezza o la bruttezza? Non trattiamo mica di un poema, di una poesia, di un romanzo. Un testo giuridico deve essere scritto in un italiano formalmente corretto, possibilmente comprensibile anche da chi non è laureato in filosofia e diritto, e quindi la valutazione estetica non ha senso.
     Mi si può obiettare che quel 'bella' significa 'buona'. Allora domando:  perché non usare subito l'aggettivo giusto? Perché essere sempre vaghi e approssimativi anche in una materia, come il diritto, che richiede esattezza e congruità? Comunque ammetto che cambiando bellezza in bontà il senso diviene accettabile, ma resta pur sempre vago. È buona una mela, una cioccolata, una amatriciana, una cagnetta docile, una prova ben riuscita, una battuta spiritosa… una donna avvenente. Beh, no! Questa è 'bona', che è un significato diverso.

     Una carta costituzionale va dunque scritta correttamente dal punto di vista logico e giuridico, senza ornamenti lirici e senza dare spazio a ideali romantici irrealizzabili, perché deve  fondare la struttura dello Stato, deve indicare i diritti e i doveri fondamentali dei cittadini e deve esporre i principi ispiratori e i limiti della legislazione ordinaria secondo le regole di un'etica laica valida per tutti.
     Sentendo parlare di bellezza della Carta Costituzionale ho sempre sorriso ritenendo che quell'affermazione fosse più che altro un atteggiamento 'partigiano' come il tifo sportivo o un'espressione 'sentimentale' come l'amore.
     Che poi in quell'affermazione non ci fosse nulla di consistente, meditato, razionale, me lo dimostrava il fatto che nessuno di quelli che vantavano la bellezza della Costituzione l'aveva mai letta. Chi per necessità professionali ha dovuto leggere il testo costituzionale (avvocati, magistrati, studenti) ha sempre fatto una notevole fatica, un lavoro interpretativo che può pure essere interessante, ma di bello non ha proprio niente.
    

E comunque la 'bontà' di una Costituzione non si valuta dalla sua estetica, ma dai risultati che produce. Esaminiamo la realtà italiana: la struttura amministrativa è scandalosamente inefficiente,  la legislazione è caotica, le organizzazioni politiche sono rissose e corrotte, l'economia è agonizzante, la giustizia sociale è solo apparente. Non dico che questi mali siano un effetto della Costituzione, ma certo qualche collegamento c'è. Quanto meno la Costituzione, come base fondante del sistema legislativo, deve prevenire quei mali e quei difetti. E allora, se è così, vista la sua attuale scarsa efficacia, la Costituzione va modificata e aggiornata.
     Ma chi invoca le modifiche (cioè noi cittadini), chi le propone e le decide (i nostri rappresentanti politici), chi le conferma o le respinge con referendum (siamo di nuovo noi cittadini), dovrebbe evitare accuratamente di dare giudizi affrettati e impulsivi, spesso senza conoscere la materia di cui si tratta.

     È vero che noi italiani siamo famosi nel mondo per l'arte e per la moda, per il senso estetico e la creatività, ed è giusto essere orgogliosi di queste doti, ma non dimentichiamoci che esistono anche scienza, conoscenza e tecnologia e quindi, anzi soprattutto, non applichiamo vaghi canoni di bellezza ad una disciplina come il diritto costituzionale, che - ripeto - di bello o brutto non ha nulla.

     Infine una conclusione che contiene un dubbio, due domande e una risposta sottintesa (ma non troppo).
    Se invece la nostra Costituzione va bene così com'è (come sostengono molti), allora perché i risultati sono scadenti, per non dire disastrosi? Forse perché la applichiamo male o la disapplichiamo?
     Un esempio di cattiva applicazione: le regioni (Titolo V). I padri costituenti intendevano dare rilievo alle autonomie e alle particolarità, esaltare le varianti buone dell'italianità locale, non intendevano certo creare centri di spesa improduttiva, clientelare e corruttiva.

    Un esempio di disapplicazione: la mancata regolamentazione in senso democratico dei partiti politici (art. 49).
    Dunque la Costituzione non è altro che uno strumento che va usato con competenza e correttezza, se no…
…come mi spiega Mario, il mio fabbro di fiducia, mostrandomi il suo strumento di lavoro preferito:
     “Co sto martello te ce posso aprì una porta bloccata: la spacco; si me fai ncazzà te ce posso rompe la capoccia; ma se lo uso da maestro artigiano te ce so fa certi fiori de ferro che manco madre natura!”.


Agostino G. Pasquali

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