Viterbo IL RACCONTO “Lascia, tanto de posto ce n’è, conservamolo. Ce potrebbe servì pe’ un trasloco. Mai sia!”
Un racconto di Agostino G. Pasquali

Leggi l'articolo: Onesto o disonesto? Questo è il dilemma! – Parte prima

     Fabrizio ha spesso di queste incertezze e Fausta, quando sono in viaggio e fanno una sosta per un picnic sull’erba o un pranzetto al selfservice, si diverte spesso a farlo tornare indietro a controllare, e lui ci va brontolando, e trova l’auto sempre regolarmente chiusa, ma sta al gioco fingendo di arrabbiarsi.

Però questa volta il controllo è importante anche perché non ha pensato di coprire il borsone che potrebbe attirare l’attenzione dei ladruncoli i quali, come ha sentito dire, si aggirano nelle aree di servizio. Certo che farsi rubare una refurtiva sarebbe il colmo!

 

     Arriva al parcheggio e, anche questa volta come sempre, ha la conferma di aver chiuso bene, ma comunque approfitta del controllo per mascherare il borsone con una coperta. E subito gli viene in mente che un oggetto, se è coperto, attira l’attenzione più di prima.

     Basta! Non ne può più. Li vicino c’è un grosso cespuglio di oleandri, quasi un boschetto. Si può entrare facilmente all’interno perché c’è una specie di sentiero tracciato evidentemente dal passaggio ripetuto di gente che ha avuto la sua stessa idea. Fabrizio ci si nasconde e fa quello che, passata l’infanzia, non ha più fatto, che anzi ha sempre considerato un atto di grave maleducazione…

     Soddisfatta quella necessità corporale, avverte ora fame e sete. Entra nel Market, prende rapidamente una busta di cornetti e un bottiglia di minerale, trova la fila alla cassa (anche qui, quando uno ha fretta, c’è sempre la fila stile ‘Fantozzi’), ma scavalca tutti dicendo sfacciatamente: “Scusate, scusate, è un’emergenza!”

     Si rimette in viaggio e finalmente, senza altri intoppi né problemi, arriva a casa, mette l’auto in garage e cerca un nascondiglio provvisorio per il borsone. Si ricorda che in fondo al locale, dietro vecchi mobili, ci deve essere un grosso scatolone messo lì da parecchio tempo da Fausta che come molte donne è conservatrice e non butta mai niente. In casa, come avviene normalmente in tutte le famiglie, comanda lei e ha sempre ragione. Infatti a Fabrizio, che voleva fare a pezzi lo scatolone per metterlo nel contenitore della ‘differenziata-carta-cartone’, aveva comandato con fare deciso e parlata familiare un po’ dialettale:

     “Lascia, tanto de posto ce n’è, conservamolo. Ce potrebbe servì pe’ un trasloco. Mai sia!”

     Ecco lo scatolone. Perfetto come nascondiglio provvisorio perché è talmente impolverato che fa schifo solo a guardarlo e bisogna avere una necessità impellente per toccarlo e aprirlo, appunto la necessità che Fabrizio ha in questa circostanza.

     Sistemato lo scatolone sale con precauzione per la scala centrale curando di non essere visto da nessuno dei condomini. Non sa bene perché, ma sente istintivamente che è meglio non essere visto, forse per il vestito insolito che indossa, che è ancora quello di Giovanni. Entra in casa. Non c’è nessuno. Bene! Così non deve dare spiegazioni che d’altronde non s’è neppure preparato. Per prima cosa cambia il vestito, nasconde quello che si è tolto, poi si sistema in salotto e si versa un bicchiere di passito.

     Sa bene che l’alcol fa male anche a piccole dosi perché è tossico (lo dice l’O.M.S.), però ha un effetto rilassante perché è una droga. Sì, proprio una droga e neppure tanto leggera. E sarà pure legalizzata, così come lo è il tabacco, però non è altrettanto demonizzata dallo Stato ( italiano e non solo). Lo Stato, in materia di droghe, ha un comportamento un po’ schizofrenico, perché mentre proibisce la marijuana (roba da codice penale), tollera il tabacco (sconsigliandolo), ed esalta invece il vino, e dunque l’alcol, favorendone l’uso come un’eccellenza della nostra economia e della nostra cultura (niente meno!). Tutto questo Fabrizio lo sa bene, ma da buon romano, scettico e tollerante, si autoassolve pensando in dialetto: “Però quanno ce vò, ce vò! Emmò ce vò proprio!”

     Quindi si siede in poltrona e accende il televisore. Poltrona, vino e TV sono per lui un rituale da seguire quando è nervoso o ha necessità di evadere da una realtà opprimente.

     È in onda un telegiornale. Lo segue senza interesse e intanto cerca di preparare nei dettagli le spiegazioni che dovrà dare a Fausta che non lo aspettava se non tardissimo o addirittura il giorno dopo, e perciò gli farà un interrogatorio di terzo grado. Toglie l’audio che lo disturba, però segue distrattamente i titoli che scorrono nella parte bassa dello schermo. Lo colpisce una scritta che sta passando, ma riesce a leggerne solo la parte finale: “…il terzo rapinatore”. Ha un tuffo al cuore, si irrigidisce, ha un brutto presentimento. Aspetta con ansia che la serie di titoli finisca e riprenda da capo. Ed ecco che ritorna la notizia: “Rapina al portavalori. Arrestato ad Arezzo anche il terzo rapinatore.”

     Un altro colpo al cuore, poi un tremore diffuso invade il corpo di Fabrizio che impallidisce e si sente svenire. Ha ancora in mano il bicchiere del vino appena assaggiato, lo vuota in un colpo e il calore dell’alcol lo rinfranca. “Calma – dice a se stesso – non significa niente che Giovanni sia stato arrestato. Non ha interesse a coinvolgerlo… oppure sì, se pensa di essere stato tradito. Ma perché? Forse per vendetta? Certo Giovanni lo aveva minacciato. Come aveva detto? Aveva detto più o meno: E aricordate che, si me denunci, io te rovino perché a la polizia je faccio sapè che sei stato complice.

     Ora vanno in onda delle immagini un po’ convulse nelle quali Fabrizio riconosce Giovanni mentre viene portato in questura. Si stupisce nel vedere che quelle immagini sono molto simili a quelle che si era immaginato, ma è un pensiero momentaneo. Apre l’audio e sente il telegiornalista che commenta: “… è stato arrestato alla stazione di Arezzo mentre cercava di salire sul treno per Firenze. I controlli accurati della polizia hanno facilitato l’individuazione e il conseguente arresto. L’uomo non aveva con sé l’ultima tranche del denaro rapinato. Sembra che abbia detto di averlo gettato via a Roma, subito dopo la rapina, quando ha saputo dell’arresto dei compagni. Sono in corso accertamenti. Si è comunque conclusa positivamente, con l’arresto di tutti i ricercati, l’azione di repressione della rapina al portavalori.”

*     *     *

     Fabrizio deve con urgenza cambiare i suoi programmi. Ora il denaro scotta e se ne deve liberare come ha già fatto Giovanni. Ma sarà vero? Probabilmente no, l’avrà nascosto, ma se è così è meglio: Giovanni non lo denuncerà perché Fabrizio direbbe che il denaro sta ad Arezzo e sarebbe più facile trovarlo. Ma può fidarsi di questo sillogismo molto azzardato nelle premesse?

     Gli si presentano altri dubbi:

- E se qualche telecamera di controllo ha ripreso loro due? Per esempio: nell’area di servizio quando Giovanni gli ha chiesto il passaggio?

In questo caso dirà la verità: che ha caricato un gentile autostoppista che poi l’ha costretto a portarlo ad Arezzo minacciandolo con una pistola.

- E se Giovanni lo coinvolge?

Allora negherà e sarà la parola di un uomo onesto che è stato sequestrato contro quella di un delinquente.    

     Conclude il ragionamento decidendo definitivamente di distruggere il denaro in modo che non ne resti traccia. Senza questo corpo del reato non ci sono prove a suo carico.

     Sente il rumore della chiave che apre la porta di casa. Sta entrando qualcuno della famiglia: la moglie o un figlio. No, i figli non possono essere perché sono a Viterbo in visita ai nonni. Deve essere Fausta che ha approfittato dell’assenza di figli e marito per fare spese in boutique o andare dal parrucchiere. Benedetta donna, i soldi che ci vorrebbero… Infatti è lei. Appena vede Fabrizio resta perplessa perché non lo aspettava così presto, quindi chiede:

     “Oh, Fabbrì! Com’è che stai già a casa?”

     “Mi sono sentito un po’ male e sono rientrato.”

     Fabrizio improvvisa questa scusa che è il meglio che poteva trovare perché è una mezza verità, ed è proprio la mezza giusta da far conoscere.

     “Se vede che stai male. Sei pallido come un cencio…”

*     *     *

     La sera, nonostante le preoccupazioni, Fabrizio si addormenta abbastanza facilmente perché, come ha giustamente affermato Alessandro Manzoni (Promessi Sposi, cap. II) a proposito del Principe di Condé, ‘in primo luogo era molto affaticato; secondariamente aveva… stabilito cosa dovesse fare la mattina’.

     Però Fabrizio si sveglia verso le due di notte e decide di fare subito ciò che ha stabilito di fare il giorno dopo.

     Fausta dorme tranquilla, ha il sonno pesante. In passato è avvenuto diverse volte che lui si sia svegliato in piena notte con un po’ di insonnia, abbia passato anche due ore al computer e lei non si sia accorta di nulla. Inoltre a quell’ora può scendere in garage senza incontrare nessuno, tornare su con il borsone senza essere visto e procedere alla distruzione del denaro.

     Pensato e presto fatto. Cioè ha eseguito la prima parte del programma: alzarsi, scendere e ritornare; resta la seconda parte, distruggere il denaro, che sarà quella più penosa.

     Nel soggiorno c’è una stufa di ceramica che viene usata per integrare il riscaldamento centralizzato quando è insufficiente a causa dell’avarizia di molti condomini. La accende e butta dentro alcuni pacchetti di banconote. Aveva pensato, in previsione di questa azione, che ne avrebbe sentito dispiacere; invece è tranquillo e sollevato. Però si presenta un problema: i blocchetti bruciano male, le banconote devono essere smosse oppure inserite sciolte. Con pazienza si accinge all’inserimento frazionato, uno o due biglietti per volta.

     Dopo qualche minuto cominciano problemi di tiraggio perché la ceneriera è piena e deve essere vuotata.

     “Ma perché quando c’è da fare una cosa urgente e delicata, ci si mettono sempre di mezzo mille difficoltà?” si chiede Fabrizio che comincia a innervosirsi. Toglie il vassoio della cenere e lo porta in cucina dove c’è l’apposito contenitore, un secchio di alluminio con coperchio. Il nervosismo e la fretta gli fanno cadere a terra il coperchio provocando un rumore che a lui sembra un fracasso. In realtà non lo è, ma nel silenzio della notte può essere sufficiente a svegliare Fausta. Che infatti sente, si alza e trova Fabrizio che sta davanti alla stufa con la ceneriera ancora in mano. Lei, a prima vista, un po’ assonnata, non capisce quello che sta succedendo, crede che il marito stia pulendo la stufa; è un’assurdità, e lo aggredisce verbalmente:

     “Se pò sapè che t’è venuto in mente. Che cavolo ce fai in piedi a quest’ora e sei pure mala…”

   La parola ‘malato’ resta incompleta perché vede il borsone aperto e il denaro che c’è dentro; si blocca in silenzio, sbalordita.

 Fabrizio si rende conto che deve confessare tutto e subito perché intuisce che non potrà evitare, negando e cercando scuse (che scuse?), l’interrogatorio che sicuramente Fausta gli farà. La conosce bene e sa che per curiosità e insistenza è peggio della proverbiale santa inquisizione. Previene dunque le inevitabili domande:

   “Siediti che ti spiego, ma mettiti seduta perché è una storia lunga e complicata.”

   Ci vuole il suo tempo, tra spiegazioni domande risposte obiezioni chiarimenti, perché Fausta capisca bene tutti gli avvenimenti. Alla fine interviene a suo modo, cioè con il piglio dell’inquisitore che ha ottenuto la confessione e pronuncia la condanna al rogo:

     “Tu sei matto! Tu, dovresti bruciatte a te, no tutta ‘sta ricchezza!”

     Riflette un attimo e continua:

   “Ce penso io a sistemare il denaro. Te ricordi Marta, mia cugina? quella che da piccole, io e lei, eravamo come sorelle? che poi ha sposato uno svizzero e mo’ vive a Lugano, ma c’ha una villa all’Argentario? Beh! In questi giorni sta proprio lì, ne la villa e m’ha invitato. Le telefono e ci vado. Ce li sistema lei li soldi, sò sicura. È na traffichina…

Oh! mica je dico come li avemo avuti, le dico che sò risparmi. Certo è che vorrà la su parte. È ricca, ma l’affari so affari. Loggico no?... Allora la smetti de brucià? Te fermi, oppure te devo da fermà io?”

     Non specifica in che modo intende fermarlo, ma il tono non è affatto rassicurante. Fabrizio ora si sente svuotato di ogni volontà. In fondo non gli dispiace che Fausta si prenda il carico di sistemare tutta la questione.

     I mariti sono spesso così, come Fabrizio: ditegli di muovere una montagna e la muovono o almeno ci provano, ma se c’è da sbrogliare una questione complicata, magari cercando una soluzione, diciamo, ‘disinvolta’, allora devono ricorrere ad uno specialista, all’avvocato, al commercialista, oppure lasciano decidere volentieri alla moglie.

     Fausta conta il denaro rimasto (sono 93.450 euro) e lo impacchetta accuratamente, intanto Fabrizio la guarda con ammirazione. Poi si disinteressa dell’operazione perché gli nasce un nuovo dubbio, amletico:

     “Così, però, io sono onesto o disonesto? È un bel dilemma.”

     Ci pensa un po’ e conclude:

     “Mah! Una volta o l’altra, prima di morire, mi voglio confessare da don Augusto e, se lui mi troverà in peccato mortale, mi pentirò e chiederò perdono… a Dio.”

 Agostino G. Pasquali

FINE

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

chi è on line

Abbiamo 1138 visitatori online

 

 I libri

di Mauro Galeotti

 

Cartonato - pag. 246 - euro 25,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it

Cartonato - pag. 808, a colori
da euro 120,00 a euro 80,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it