Viterbo STORIA Le opere eseguite a Viterbo durante il Ventennio fascista, dal libro di Maurizio Pinna "Viterbo dal fascismo alla guerra con uno sguardo ai giorni nostri, Maurizio Pinna, 2011"
Maurizio Pinna
Parte terza - Ventunesimo incontro con i lettori de La Città (www.lacitta.eu)

 

Il libro di Maurizio Pinna da cui sono state tratte le notizie

Riprendiamo il nostro appuntamento dopo la pausa pasquale, proseguendo con le opere eseguite a Viterbo, in questa terza parte, dal 1937 al 1941.

Con la prima parte, grazie ai lettori de La Città, sono state totalizzate settantasei condivisioni, scese a venticinque nei giorni immediatamente precedenti alla trascorsa festività.

Vediamo, ora, se l’argomento riuscirà a raggiungere il consueto interesse prima di passare ad altro.

 

 Le scuole “Principe di Napoli”

Per quanto riguarda le scuole, la risposta del regime fu adeguata al processo evolutivo in atto. Riservando, ovviamente, le prime attenzioni alle classi elementari e medie, si diede avvio alla costruzione delle scuole “Principe di Napoli”, note ai viterbesi come “Scuole Rosse” per via dell’originario colore esterno.

Il progetto venne redatto dall’Ufficio Tecnico del Comune, mentre la costruzione fu eseguita all’impresa dell’ing. U. Borghetti. L’area individuata nell’attuale triangolo delimitato da via Vetulonia, via del Bottalone e via della Verità, fu scelta per economizzare i costi, demolendo l’ex monastero di Santa Maria della Pace, anziché affrontare le ingenti spese per le espropriazioni

che si sarebbero dovute effettuare nel caso fosse stato scelto uno degli altri siti presi in considerazione.

I lavori, che iniziarono il 15 maggio 1937, terminarono l’anno seguente ed il complesso fu inaugurato il 28 ottobre 1938 alla presenza del Ministro Giuseppe Bottai.

 

Le scuole “Costanzo Ciano”

Stemma Sabaudo con fasci-Istituto Costanzo Ciano

Fu poi la volta dell’attuale Istituto Tecnico Commerciale Statale, oggi intitolato a “Paolo Savi”.

L’Istituto, dalle sue origini datate 1874, in poco più di trenta anni fu costretto a cambiare varie sedi, distaccando spesso qualche sezione e qualche gabinetto a causa dell’insufficienza dei locali.

Con la creazione della Provincia di Viterbo, gli oneri relativi all'Istituto passarono da quella di Roma all'Amministrazione Provinciale di Viterbo che iniziò le pratiche per la costruzione di una sede rispondente alle necessità del territorio.

Il Regio Istituto Tecnico, realizzato avanti le mura adiacenti a Porta Romana, lungo la via Nazionale Cassia, oggi viale Raniero Capocci, fu inaugurato il 28 ottobre 1940 e intitolato a “Costanzo Ciano”, padre di Galeazzo Ciano, quest’ultimo, marito di Edda, figlia di Benito Mussolini.

Aeroporto militare di Viterbo

Massimo Girotti all'Aeroporto di Viterbo, per il film "Un pilota ritorna", di Roberto Rossellini del 1941

“Tommaso Fabbri” Il 7 ottobre 1936 il Capo di Gabinetto del Ministero degli Interni, Biondi, inviava un telegramma a S.E. il Prefetto di Viterbo: «Si comunica E.V. che per conto Ministero Aeronautica sono in corso appalti per aggiudicazione lavori Aeroporto codesto capoluogo per ammontare lire undici milioni ottocento mila. Lavori saranno iniziati prima 28 ottobre corrente.

Capo Gabinetto Interni Biondi.»

Come da programma, la costruzione dell’aeroporto con la ditta Imprese di Costruzione Fratelli Vaselli, iniziò il giorno 18 ottobre 1936, ed alla somma stanziata dal Ministero, si aggiunsero 500 mila lire di contributo erogati dalla Provincia e dal Comune di Viterbo in parti uguali.

La manovalanza impiegata contava, al 19 ottobre 1936, 1100 operai, di cui 475 residenti nella provincia, ed ulteriori 500 assunzioni erano previste per il successivo inverno. Il 18 dicembre,

intanto, 360 operai già risultavano assunti (Viterbo e la Tuscia, B.Barbini – A.Carosi).

L’aeroporto, sorto in Contrada “Bussete” su campo di fortuna realizzato due anni prima dal Ministero della Regia Aeronautica, fu completato nell'ottobre 1937, intitolato alla Medaglia di bronzo al valor militare “Tenente Pilota Tommaso Fabbri”, caduto in un incidente di volo ad Ansebà Concà Binà in Eritrea, dopo aver condotto una brillante carriera nella Regia Aviazione Italiana, partecipando a numerose missioni di combattimento.

Il cronista, che commenterà le riprese video dell’Istituto Luce, realizzato in occasione della cerimonia ufficiale inaugurale il 5 febbraio 1938, sintetizzerà così l’evento: «Il nuovo Aeroporto di Viterbo. Una delle 60 nuove opere demaniali aeronautiche, inaugurate in varie città d’Italia e nelle basi aviatorie dell’Africa Italiana dell’Egeo, nel quindicesimo annuale della fondazione dell’Arma, creata dal genio di Mussolini».

All’inaugurazione partecipò il Comandante della III Zona Aerea Territoriale di Roma, Gen.S.A. Lombard ed il vescovo della Diocesi di Viterbo, Emidio Trenta.

Il 27 maggio 1938 Benito Mussolini, Capo del Governo, giunse a Viterbo con il suo aereo SM. 81 per passare in rassegna i reparti della nuova base e visitare le tre aviorimesse per una superficie coperta di 3600 metri quadrati.

Alla fine dello stesso anno l’aeroporto di Viterbo ed il 9° Stormo BT, furono visitati dal re Vittorio Emanuele III.

Caserma “Dante Chelotti”

La vocazione militare della città di Viterbo, confermata nel tempo e favorita dalla posizione strategica, geografica e morfologica del territorio, suggerirono le scelte ministeriali che portarono ad un nuovo afflusso di personale militare in forza a importanti reparti militari.

Alla necessità di realizzare nuove strutture, nel 1940 si rispose con la costruzione della Caserma intitolata alla Medaglia d’oro al valor militare “Dante Chelotti”, oggi sede dell’Aviazione dell’Esercito (AVES), ultimata due anni dopo.

 

Case popolari

Via Martiri Fascisti, oggi Via Buozzi nel 1941 (Foto F.lli Sorrini)

Ma la popolazione, oltre ad una città all’altezza del ruolo di capoluogo di provincia, più vivibile, più pulita, più funzionale, aveva necessità di nuove abitazioni.

La risposta non si fece attendere. A più riprese, ma sempre nell’arco dei pochi anni a disposizione prima della guerra, tra il 1928 -1934 circa, si realizzarono le case destinate ai ferrovieri costruite nel quartiere Cappuccini, in via 24 Maggio, via Piave e via Col di Lana e le case INCIS in via Monte Asolone e via IV Novembre.

Su alcune di queste abitazioni ancora oggi è possibile riconoscere le formelle, anche se danneggiate, raffiguranti il fascio littorio e l’anno di inaugurazione.

Un capitolo a parte meritano le palazzine costruite dall’Istituto fascista autonomo per le case popolari della Provincia di Viterbo, sorte nel quartiere “Francesco Carnevalini”, oggi del “Pilastro”. Gli edifici furono realizzati in tre lotti. Il primo lotto fu ultimato prima della guerra ed inaugurato il 21 aprile 1941, comprensivo di rifugio antiaereo sito sotto l’edificio al civico 7 dell’attuale via Emilia. Un secondo rifugio fu realizzato sotto la palazzina adiacente, ultimata dopo la guerra.

Per rendere più agevole il collegamento tra il nascente quartiere ed il centro di Viterbo, fu abbattuto un tratto di mura che ha consentito la realizzazione della odierna via Signorelli. L’attuale viale Bruno Buozzi, prima strada del quartiere negli anni ’40, fu intitolato inizialmente via Italo Balbo e successivamente via Martiri Fascisti.

Maurizio Pinna

(Fonte e riferimenti bibliografici: Viterbo dal fascismo alla guerra con uno sguardo ai giorni nostri, Maurizio Pinna, 2011).

 

 

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