Viterbo IL RACCONTO Questi nonni erano due contadini all’antica, indifferenti alle novità del progresso, vivevano di piccola agricoltura primitiva

Un racconto di Agostino G. Pasquali

 

1)    Oscar, un simpatico misantropo

     Oscar Rosati era sempre stato, fin da bambino, un tipo un po’ strano, scontroso, pochissimo socializzato.

Nato nel 1985 da mamma nubile, padre sconosciuto, all’età di tre anni era rimasto orfano ed era stato allevato dai nonni materni che abitavano in una casupola in campagna, poco distante dall’abitato di Paleòico, un paesotto laziale.

      Questi nonni erano due contadini all’antica, indifferenti alle novità del progresso, vivevano di piccola agricoltura primitiva, e, non essendo questa sufficiente a dar loro un minimo di autonomia economica, s’ingegnavano a guadagnare qualcosa in più con la ricerca di cicoria selvatica, frutti di bosco e funghi, secondo la stagione. Rivendevano questi prodotti porta a porta, girando per il paese con un triciclo con cassoncino, che era il massimo della loro attrezzatura.  Insieme a quei prodotti selvatici e a quelli della loro campagna vendevano anche conserve sciroppi e marmellate, tutto prodotto in casa.

      Oscar aveva frequentato la scuola elementare. ‘Frequentato’ è un modo di dire, perché erano state più le assenze che le presenze, in quanto non gli piaceva stare chiuso e non legava con i compagni; inoltre spesso doveva aiutare i nonni nei loro lavori in campagna e questi lavori gli piacevano molto di più che restare in un’aula con un opprimente soffitto sopra la testa. Si sentiva bene soltanto quando stava sotto il cielo con il sole, ma anche con nuvole pioggia e neve.

Però, nonostante la scarsa assiduità, era stato promosso ogni anno, ma non per la bravura, piuttosto per il desiderio degli insegnanti di levarsi di torno il più presto possibile quel piccolo selvaggio. Tuttavia essendo intelligente aveva comunque imparato a leggere e scrivere quel minimo che gli consentiva di capire una semplice istruzione scritta e orale, e sapeva fare i conti tanto da non essere imbrogliato nel pagare e nel riscuotere. Non aveva frequentato la scuola media e le autorità competenti avevano fatto finta di non accorgersene.

     Quando ebbe una ventina di anni gli morirono i nonni e rimase a vivere, solitario e alquanto selvatico, nella casa in campagna continuando gli stessi lavori che aveva imparato e praticato aiutando quei due vecchi…  

     Quello che sto scrivendo sembra l’incipit di una storia romantica e strappalacrime dell’800? Una velleitaria imitazione di Charles Dickens e Victor Hugo?

     Sì, sembra proprio così, lo ammetto. Ma è invece il resoconto dei fatti avvenuti qualche anno fa e sarà la cronaca dei fatti più recenti, successi a Paleòico, protagonista Oscar ormai diventato un giovane uomo.

     Arrivato all’età di trent’anni, Oscar continuava dunque a vivere nella casa dei nonni, però ben restaurata personalmente da lui, che aveva un’ottima manualità, e modernizzata con luce elettrica, TV, telefono e un minimo di elettrodomestici. Continuava a produrre ortaggi, frutta e conserve che portava a domicilio in modo un po’ più moderno, avendo sostituito il triciclo con un ‘apetto’ di seconda mano, alquanto scassato e rumoroso. Lo spetezzare del motorino serviva ad avvisare del suo arrivo la gente che, se desiderava comprare qualcosa, si affacciava sulla strada. Era un bel progresso rispetto al sistema dei nonni, dato che Oscar non doveva suonare i campanelli e così evitava a chi non era interessato all’acquisto, ma soprattutto a se stesso, di dover parlare inutilmente, cosa che detestava.

     Produceva tutto in casa, da sé, e lo confezionava in vasetti sui quali incollava graziose etichette scritte a mano con molti errori di ortografia. Troppi per poterli ritenere genuini. Infatti quegli errori erano voluti da Oscar, che era poco istruito, questo è vero, ma era furbo e pensava che l’imprecisione grammaticale dava ai vasetti un gradevole effetto  naïf.

     Per la preparazione seguiva i procedimenti dei nonni, procedimenti antichi e poco rispettosi delle pignolesche regole sanitarie che vietano ai privati di vendere prodotti naturali, mentre consentono alle industrie di inscatolare cibo addizionandolo con aromi artificiali, coloranti e conservanti. In conseguenza di quella irregolarità la ASL e il sindaco si affannavano a notificare ad Oscar divieti e ingiunzioni, ma Oscar se ne infischiava perché la sua roba era gradita, aveva parecchi affezionati compratori e nessuno di loro si era mai sentito male. Anzi pure alcuni di quelli che firmavano ufficialmente i divieti, erano in privato suoi clienti.

 

      2) Una scia e un fuoco

     Era sabato 20 giugno 2015, quasi mezzanotte, quando alcuni abitanti di Paleòico, che nonostante l’ora tarda e i bar ormai chiusi ancora bighellonavano sfaccendati per le vie del paese, videro una scia fumosa e luminosa che scendeva dal cielo e sembrava finire a terra poco fuori dell’abitato. Là  s’era intravista anche una gran luce, come una fiammata. Incuriositi e un po’ allarmati andarono verso questa località, chi a piedi e chi in auto, e perlustrarono strade e sentieri alla ricerca di crateri e di residui di qualcosa, magari di macchine volanti precipitate, ma non trovarono nulla.

     Quello che cercavano stava in un prato dietro la casa di Oscar, ma era invisibile dalla strada perché proprio la casa faceva schermo e perché, quando arrivarono lì nei pressi, la fiammata si era ormai esaurita e della scia in cielo non c’era più alcuna traccia.

     Oscar, che d’abitudine andava a letto presto, era stato svegliato più dalla luce che dal rumore, che non era stato forte, ma piuttosto sordo, simile a quello di una vampata improvvisa, come avviene quando si accende in ritardo il fornello di cucina ed è già sfuggito del gas. Disorientato e un po’ spaventato, era uscito a controllare e aveva fatto in tempo a vedere una grande fiammata globulare che si era spenta rapidamente lasciando nel prato un cerchio di terra annerita del diametro di cinque o sei metri, nel quale luccicavano qua e là gli ultimi piccoli residui del fuoco. Dato che durante il pomeriggio c’era stato un acquazzone e la terra e l’erba erano ancora umide, le fiamme non avevano trovato materiale combustibile per mantenersi e propagarsi. La palla di fuoco si era spenta con un soffio di vapore, come fa un tizzone ardente gettato nell’acqua.

     Non c’era alcun segno di effrazione nella recinzione e perciò Oscar pensò che fosse stato uno scherzo o  un dispetto fatto da qualcuno che aveva gettato  della benzina dall’esterno e l’aveva incendiata. Ma perché? Nessuno gli voleva del male. Lui non faceva del male a nessuno e, nonostante la sua misantropia e qualche stranezza comportamentale, era bene accettato da tutta la popolazione. È vero che, di tanto in tanto, qualche ragazzo in vena di bizzarrie dispettose gli faceva degli scherzi, ma erano piccoli scherzi da riderci su, mai un dispetto di quelle proporzioni.

     Visto che non c’era niente da fare, se ne tornò a dormire sacramentando sull’anima di chi gli aveva fatto quello scherzaccio.

     Quando nei pressi arrivarono quei curiosi di cui ho detto, Oscar stava già di nuovo a letto e non rispose alla chiamata che qualcuno gli fece per chiedergli se aveva visto qualcosa. Pensò: “Oltre  a lo scherzo, me ce vonno pure sfotte?”

*     *     *

     Il giorno dopo la gente commentava in paese lo strano fenomeno avvenuto a mezzanotte e faceva tutte le possibili ipotesi, quelle probabili e quelle più incredibili:

- un detrito di satellite artificiale rientrato nell’atmosfera?

- un meteorite?

- oppure un missile lanciato dallo Stato Islamico o dalla Corea del Nord?

- o un fulmine senza tuono?

- o un razzo di quelli usati dai fabbricanti di fuochi artificiali, sparato a casaccio?

- o, infine, l’immancabile UFO venuto dallo spazio interstellare?

     Le discussioni, inizialmente roba da perditempo al bar dello sport, diventarono serie quando cominciarono ad interessarsene le autorità:

- Don Oreste, il parroco, parlò del fatto durante la predica in chiesa e ampliò il ventaglio delle ipotesi aggiungendovi quella di un intervento divino, forse un avviso mandato agli uomini come segnale di allarme per i loro peccati. Un preavviso di una nuova punizione come quella biblica di Sodoma e Gomorra? Sì, certamente, se la gente insisteva a svilire il Sacramento del Matrimonio con il divorzio e le unioni civili.

- Il sindaco fece sapere che intendeva convocare il consiglio comunale in seduta straordinaria per discutere le possibili conseguenze politiche dell’avvenimento, e lanciò un avviso all’opposizione dalla quale non avrebbe tollerato alcun tentativo di sfruttare la circostanza per mettere in difficoltà la sua amministrazione.

- Il maresciallo dei carabinieri non dava personalmente alcuna importanza all’accaduto perché non risultava alcun reclamo, tuttavia fece uscire una pattuglia a controllare la zona della presunta caduta di un ipotetico oggetto sconosciuto, con l’incarico di cercare il luogo e, se mai trovato, di isolarlo e piantonarlo senza far avvicinare nessuno.

     Nel primo pomeriggio fu proprio un carabiniere, l’appuntato scelto Aurelio Segugi che, in perfetta coerenza con il suo cognome, fiutò la pista giusta e individuò il prato di Oscar dove c’era la traccia evidentissima di una bruciatura.

     Interrogato formalmente dal graduato, Oscar descrisse ciò che aveva visto e avanzò l’ipotesi che si fosse trattato di uno scherzo o di un dispetto,  cioè un semplice incendio con la benzina, ma senza danno rilevante. E infatti mostrò che nel prato c’era solo traccia della bruciatura, nessun cratere causato da un impatto e neppure un detrito.  Assicurò di non essersi mai allontanato dal giorno prima e di non aver asportato nulla. E la scia? Oscar precisò di non aver visto alcuna scia. E noi sappiamo che era sincero, ma l’appuntato scelto Segugi rimase con il dubbio che Oscar nascondesse qualcosa. Ritornato in caserma fece il suo rapporto con allegata la dichiarazione ‘letta e sottoscritta’ da Rosati Oscar e il maresciallo lo mise  in un cassetto, in sospeso, per l’eventualità che Rosati Oscar, danneggiato, volesse presentare denuncia contro ignoti danneggiatori.

     L’appuntato scelto obiettò:

     “Mah!... E la scia? Marescià, non sarebbe il caso di fare qualche altra indagine, magari chiamando il R.I.S.?”

     “Ma tu vuoi che la gente si inventi un’altra barzelletta sui carabinieri che arrestano gli alieni? Non ti bastano le storielle che già ci sono?”

     Infatti il maresciallo, interrogati quei bighelloni che dicevano di aver visto la scia, si era convinto che quelli, un po’ brilli per le bevute del sabato sera, non l’avevano vista affatto, ma se l’erano immaginata, avendo magari notato il riflesso dell’incendio nella nebbiolina provocata dall’umidità residua del temporale, ovvero avendo osservato il biancheggiare della colonna di fumo e vapore che doveva essersi levata dalla terra umida.

     L’autorevolezza di un maresciallo dei carabinieri è indiscutibile. Il caso era quindi chiuso definitivamente… o meglio, così sembrava.

 Agostino G. Pasquali

(Continua)

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