Viterbo STORIA Pio XII, un Papa con origini viterbesi scomodo per i nazisti
Maurizio Pinna
Leggi l'articolo precedente: Bombardare Viterbo! 1943-1944. Un volantino rarissimo svela i metodi della propaganda, clicca qui

 

In questo secondo appuntamento con i lettori de La Città (www.lacitta.eu), ho scelto dal mio libro “Viterbo dal fascismo alla guerra con uno sguardo ai giorni nostri” dei contenuti storici che è bene ricordare perché la storia cambia abito ma rischia di ripetersi: il complotto a danno di un pontefice dello spessore di Pio XII.

Per i riferimenti virgolettati mi sono avvalso di Andrea Tornielli, Pio XII, ed.Piemme 2001.

Oggi sentiamo parlare di Shoah che nella traduzione letterale ebraica significa catastrofe.

Fino a qualche anno fa, tuttavia, lo sterminio degli ebrei per mano nazista si definiva con la parola “Olocausto”. Per evitare errati riferimenti al sacrificio biblico che nel suo contesto ha un senso, oggi si ricordano quegli orrori, appunto, con il termine “Shoah”.

Ma entriamo nell’argomento con piacere campanilistico, presentando Pio XII, nato Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli, il 2 marzo 1876 a Roma, di origini nobiliari che si legano ai luoghi di Acquapendente ed Onano.

Il padre, inoltre, era decano degli avvocati concistoriali, mentre il fratello Francesco era giureconsulto della Santa Sede e membro della Commissione Vaticana che preparò la redazione dei Patti Lateranensi portati a compimento per volontà di Mussolini.

Il suo pontificato iniziò il 2 marzo 1939 per completarsi nel giorno della sua morte avvenuta il 9 ottobre 1958 a Castel Gandolfo, dopo nove ore di agonia e diciannove lunghi e difficili anni che videro consumarsi una disastrosa guerra mondiale. La sua salma oggi riposa a Roma, nella basilica di San Pietro in Vaticano.

Quella che segue, seppur in breve, è la storia del complotto contro Pio XII.

Il Pontefice svolgeva efficacemente il suo compito e per i nazisti era pericolosamente scomodo; questo fu più che sufficiente per suggerire a Hitler un piano per deportare il Papa, suo dichiarato nemico. Pio XII sentiva probabile questa mossa esasperata del Führer, tanto che si premunì con una lettera di dimissioni da affidare al Sacro Collegio in modo che: «(…) i nazisti avrebbero avuto come prigioniero il cardinale Eugenio Pacelli, non il Papa».

Il 7 ottobre 1943 la radio controllata dai tedeschi annunciò: «Si stanno preparando in Germania gli alloggiamenti per il Papa». L’ordine di occupare il Vaticano, infatti, fu anticipato segretamente da Hitler il 13 settembre ’43 al Generale delle SS Karl Wolff. Ma in un successivo incontro, Wolff riuscì a convincere Hitler che le reazioni che si sarebbero avute tra i cattolici in ogni luogo del mondo avrebbero rappresentato un grave rischio per la Germania, in confronto: «(...) al transitorio vantaggio dell’eliminazione del Vaticano dalla politica e del bottino degli archivi vaticani e dei tesori d’arte...».

L’ordine di deportare il Papa e tutta la sua Curia, fino a ucciderlo se avesse tentato la fuga, fu sospeso, ma il rischio che questo piano fosse attuato durò dal settembre 1943 al giugno 1944.

La bontà delle scelte fatte da Pio XII, che seguì sempre il suo cuore di Santo Padre, evitò di fare il gioco dei nazisti, e un’altra conferma in tal senso si ha leggendo una lettera spedita nel settembre 1944 dal federale fascista di Como, Paolo Porta, al suo collega di Milano, Vincenzo Costa: «In tutta l’Italia non occupata, vennero aumentati i massacri, le deportazioni (…). Ciò oltre che rientrare nel normale programma di distruzione del potere israelita, tendeva a provocare il Papa e la Chiesa cattolica al fine di farli intervenire direttamente in difesa degli Ebrei».

Proprio la stessa strategia della provocazione, indicata da Giampaolo Pansa nel libro “I vinti non dimenticano”: «Il Pci invece ha già stabilito cosa fare (...) decide che bisogna uccidere subito il maggior numero di fascisti, sopratutto quelli di terza e quarta fila, i più indifesi. Senza preoccuparsi delle rappresaglie, vale a dire delle fucilazioni decise dai comandi della Rsi. I capi comunisti, a cominciare da Longo e Secchia, sono rivoluzionari che conoscono sino in fondo l’importanza del cinismo. E pensano: più brutale sarà la reazione dei fascisti di fronte agli omicidi compiuti dai Gap, più la guerra civile si estenderà. E’ una previsione azzeccata che farà scorrere fiumi di sangue» conclude Pansa. 

Tornando al Pontefice, c’è da ricordare il terrificante il piano di Hitler, che prevedeva la vestizione dei militari dell’8ª Divisione di cavalleria “Florian Geyer” delle SS, con le uniformi e le armi dei militari italiani, sottratte dopo l’8 settembre, per inviarli: «(...) lanciati di notte contro la Città del Vaticano come se fossero dei partigiani decisi a liberare il Papa, ma al contempo essi avrebbero cominciato il massacro del clero».

Non soddisfatta la mente malata del Fhürer riuscì a concepire qualche cosa di ancora più orribile, e per non far riconoscere la nazionalità delle SS camuffate da italiani, dopo che queste avessero completato lo sterminio di tutti i religiosi del Vaticano, Papa compreso, le avrebbe fatte uccidere dai reparti della “Panzerdivision Hermann Göring” e dai paracadutisti, già pronti e portati dal fronte.

La Germania nazista si macchiò del sangue di milioni di Ebrei, ma, ricorda Tornielli, inizialmente nella politica del Terzo Reich si contemplava l’espulsione degli israeliti permettendone l’esodo.

È raccapricciante, però, leggere cosa prevedevano le condizioni del piano denominato “Europa Plan”: «(…) cauzioni altissime per ogni deportato, da 5.000 a 10.000 dollari».

Nel 1933 ben altre vergogne erano lì per consumarsi contro quel popolo. Furono, infatti, chiuse le frontiere degli Stati che non volevano ricevere quel flusso di fuggitivi, Gran Bretagna in testa, provvedendo al tempo stesso a internare come stranieri nemici gli Ebrei provenienti dalla Germania. Anche gli americani chiusero le loro frontiere perfino dell’Alaska, in virtù delle leggi sull’immigrazione, nonostante: «(...) i provvedimenti antisemiti in Europa fossero in vigore già da tempo e fossero già iniziate le persecuzioni».

Si domanda Tornielli: «Non è curioso che oggi si rimproveri il Papa di non aver parlato con sufficiente chiarezza, nonostante egli abbia agito fino al limite delle sue possibilità per salvare delle vite umane, mentre non si parla dei capi di governo che a parole denunciavano la persecuzione degli Ebrei, ma poi nei fatti hanno dimostrato di aver fatto ben poco per aiutarli?»

Non solo, Andrea Tornielli, provocatoriamente, mette a confronto diversi atteggiamenti di diversi personaggi: «E’ inoltre abbastanza curioso che tale atteggiamento di critica nei confronti di Pio XII, per la mancanza d’invettive pubbliche e scomuniche contro i nazisti, non sia applicato contro Giovanni XXIII e Paolo VI per i loro presunti “silenzi” nei confronti del comunismo. Osserva lo storico Andrea Riccardi: “Si potrebbe aprire parallelamente una questione sulla politica vaticana verso i Paesi comunisti: dopo la seconda guerra mondiale fu, com’è noto, severa negli anni di Pio XII, mentre, durante i pontificati di Giovanni XXIII e di Paolo VI, si mosse alla ricerca di un accordo diplomatico… Gli anni dell’Ostpolitik vaticana, sono stati proprio il periodo in cui scoppia la critica a Pio XII, “Papa diplomatico”. Ma la Santa Sede non stava mettendo in secondo piano la denuncia dei sistemi sovietici e comunisti per trattare con i governi dell’Est?»

Scrive Tornielli riguardo al primo ministro del Regno Unito inglese: «(…) Churchill non solo aveva bloccato l’immigrazione ebraica in Palestina per non irritare la popolazione araba, ma aveva anche promulgato una direttiva che vietava agli Ebrei di rifugiarsi in Medio Oriente. Per questo agli inizi del 1943 fu impedito l’espatrio ai 70.000 Ebrei della Romania, molti dei quali bambini, i quali furono così condannati a morte».

Per la campagna diffamatoria contro la Chiesa e il Sommo Pontefice, il 18 dicembre 1946, gli uomini di Azione Cattolica di Viterbo, diffondono un volantino che ho riprodotto nell’immagine.

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